A tutti fa piacere ritrovarsi ogni tanto con i propri parenti, anche con quelli più lontani.
Il motivo di questi incontri consiste nel rivivere, o nel ricordare, un passato comune: di cui tutti si è partecipi, ed a volte anche orgogliosi.
Se però una famiglia si è divisa - per motivi di interesse, o per gravi controversie di principio - è logico che non si vogliano più incontrare gli altri suoi componenti.
Nei giorni scorsi, presso la Cappella di Montecitorio – un luogo di culto voluto a suo tempo dal Cardinale Ruini per incoraggiare la frequenza al culto dei Parlamentari (tra cui si contano ben pochi praticanti) – si sono ritrovati i Deputati ed i Senatori di religione cattolica.
Il Cardinale Bagnasco, uomo colto e prestigioso, ha tenuto un discorso nel quale ha invitato i presenti a ritrovarsi intorno ad una iniziativa, o quanto meno intorno ad una identità comune.
Se questa riaggregazione significasse la ricostituzione di un Partito di ispirazione cattolica, essa risulterebbe, da ogni punto di vista, sconsigliabile ed inopportuna.
La Democrazia Cristiana si sciolse con Tangentopoli per la concomitanza di diverse cause storiche.
La più evidente, ma anche la più contingente ed occasionale, fu costituita dalla sua profonda ed irrimediabile corruzione, che le inchieste giudiziarie di “Mani Pulite” avevano impietosamente rivelato.
La ragione più profonda consistette però nell’essere venuto meno il pretesto che ormai da molti anni teneva artificiosamente in vita tale Partito, e cioè la difesa contro il Comunismo.
Perfino un conservatore come Indro Montanelli, pur condividendo questa causa, riconosceva che per dare il voto alla Democrazia Cristiana occorreva “turarsi il naso”.
In realtà, fino al 1991 erano sopravvissute le circostanze esterne che inducevano a tutelarsi da una minaccia militare subita dall’Occidente.
Quanto al Partito Comunista Italiano, benché non avesse ancora intrapreso il necessario processo di revisione, la sua esistenza non comportava più da tempo un pericolo di sovversione.
La mancata revisione gli sarebbe tuttavia costata molto cara quando dovette confrontarsi con Berlusconi.
Il ragionamento in base al quale si riformò intorno al Cavaliere la stessa maggioranza elettorale che aveva dominato in Italia fin dalla fine della guerra era più o meno il seguente: non è giusto che la caduta del sistema comunista comporti un premio per chi lo ha sostenuto fino ad un minuto dopo la sua caduta.
Le cose potevano andare diversamente qualora il distacco da Mosca si fosse consumato un minuto prima del fatidico momento in cui la bandiera rossa venne ammainata sul Cremlino.
Per giunta, il processo di revisione risultò tutt’altro che sollecito e lineare: la nascita del Partito Democratico, che ne rappresentò la logica conclusione, venne ben diciannove anni dopo il fatidico 1989.
La protratta esclusione dal potere degli ex Comunisti si estese però anche a quella parte della Sinistra che non aveva mai aderito al Partito di Togliatti, ma ne aveva sollecitato dall’esterno l’evoluzione in senso riformista.
La principale, benché non unica, vittima di questa emarginazione fu proprio la Sinistra cattolica.
Che era già stata sacrificata nel momento stesso in cui Berlinguer aveva deciso di scavalcarla per tentare un accordo con la Destra democristiana.
Berlusconi completò comunque l’opera, costituendo un duplicato di questo Partito da cui veniva escluso precisamente tutto il suo settore di Sinistra.
Che fin dai tempi di Dossetti era stato minoritario, ma non insignificante.
Ciò fu dovuto a due ragioni: in primo luogo in quanto esso aveva continuato l’elaborazione della cultura politica cattolica liberale, ed in secondo luogo perché – collaborando in molti ambiti con il movimento democratico di ispirazione comunista, socialista e laica - impediva alla Democrazia Cristiana di scivolare verso posizioni reazionarie e confessionaliste.
Il confessionalismo – rifiutato, sia pure soltanto in linea di principio – da questo Partito fu invece adottato in forma dichiarata da “Forza Italia” nel nome dei cosiddetti “valori non negoziabili” promossi da Ruini.
Il Partito di Berlusconi, in cui era molto influente la componente cattolica tradizionalista guidata da Formigoni, ispirata dal corrispondente settore della Chiesa, si propose dunque alla Gerarchia come garante della coincidenza tra la Legge dello Stato ed il precetto religioso.
Non ci si deve scandalizzare, dal momento che il Marchese Berlinguer – su consiglio del Marchese Rodano – aveva proposto alla Santa Sede precisamente l’assunzione di questo compito da parte del suo Partito.
La difesa della laicità dello Stato non aveva mai costituito una discriminante nella contesa politica nazionale: se non da parte di un settore minoritario della Sinistra, che venne inevitabilmente tacciato di anticlericalismo.
Così come – parallelamente – si era accusato Dossetti di essere un confessionalista.
Salvo poi schierare il Partito contro l’introduzione del divorzio, cioè contro un istituto giuridico che – a differenza dell’aborto – non confligge con la morale naturale.
Ora si chiede a chi fu vittima della discriminazione ai danni dei Cattolici liberali di riappacificarsi – e addirittura di allearsi – proprio con chi aveva imposto la loro emarginazione.
Se fossimo stati Parlamentari, avremmo dunque declinato - cortesemente ma fermamente – il pur autorevole invito rivolto dal Cardinale Bagnasco.
Che è stato invece accettato non soltanto dai Renziani – il “Rottamatore” è di origine fanfaniana – ma anche dai Democratici.
Si percepisce da qualche tempo nella Sinistra una tendenza “ecumenica” all’ammucchiata.
La stessa che spinge i suoi “Governatori” a partecipare coi colleghi leghisti o Fratelli della Meloni alla indecente kermesse di Torino.
Dove la Presidente del Consiglio verrà ovazionata: non già malgrado il suo conclamato centralismo, bensì proprio a causa di tale indirizzo.
Se si rinunzia a difendere lo Stato laico, non si difende nemmeno lo Stato delle Autonomie.
Qualora poi l’incontro di Montecitorio fosse motivato non già in base al passato, bensì nella prospettiva del futuro, le ragioni della apparente concordia ipocritamente esibita in tale circostanza risulterebbero ancor minori.
Mentre la Chiesa di Bergoglio riscopre col Sinodo la sua originaria essenza di “Popolo di Dio”, una ispirazione che non è appropriato definire democratica, ma risulta certamente assembleare e comunitaria, e mentre il Papa schiera la Comunità dei Credenti in favore dell’accoglienza e della società multiculturale, vi sono dei Cattolici sedicenti “progressisti” che applaudono all’autoritarismo, al centralismo ed alla esclusione di chi è diverso.
Se Parigi valeva bene una Messa, altrettanto si può dire di Roma.
Tanto più se la funzione viene celebrata da un Cardinale.

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Mario Castellano  07/10/2023
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