In Spagna, la contesa politica si sta radicalizzando...
In Spagna, la contesa politica si sta radicalizzando.
Questa tendenza accomuna – dove più, dove meno – un poco tutta l’Europa Occidentale, ma nel Paese iberico ci si era sempre conformati, dopo l’instaurazione della democrazia, ad una sorta di norma non scritta che prescriveva tassativamente di moderare i toni della contesa.
Che negli Anni Trenta si era a tal punto esacerbata da degenerare in sempre più frequenti episodi di violenza, culminati nella fatidica estate del 1936 con l’assassinio di Calvo Sotelo, leader della Destra più moderata, e nel successivo scoppio della Guerra Civile.
Che non fu conseguenza di tale tragico episodio, bensì della manifesta incapacità di convivere dimostrata dalle parti in causa.
Spaventati da tali precedenti, gli Spagnoli, dopo la fine del Franchismo, avevano sempre espresso le loro rispettive posizioni nei toni più moderati e sommessi.
Aveva meritoriamente contribuito a questo costume il Re Juan Carlos, il quale – nell’adempiere alle sue funzioni di sovrano costituzionale – si era dimostrato capace di caratterizzare tale ruolo con modalità diverse rispetto agli altri Capi di Stato dell’Europa Occidentale.
Ai quali spetta il compito di arbitrare – essendo incorporati nel più alto Organo di Garanzia – i rapporti tra le diverse Istituzioni, procurando che nessun soggetto esorbiti dalle proprie competenze.
Il Re esercitava però una sorta di “moral suasion” accentuata, sollecitando discretamente i Partiti – nelle persone dei loro dirigenti – a moderare non soltanto la manifestazione dei propri diversi orientamenti, ma anche le rispettive rivendicazioni.
Il fondamento di queste raccomandazioni – specialmente durante i primi anni successivi alla  transizione dal Franchismo – era d’altronde reale.
Vi era, nei vertici delle Forze Armate, più di un nostalgico che si riteneva investito della funzione di preservare il Paese – mediante una latente minaccia di intervento – dalla sovversione e dal caos.
Con cui si designava in realtà il pieno sviluppo della normale dialettica democratica.
Il Re – salvo quando si recava all’estero – appariva quasi sempre nelle cerimonie pubbliche indossando l’uniforme, come per ricordare ai Generali il loro dovere di obbedienza, ma anche al fine di ammonire i democratici affinché non rendessero troppo difficile questo ruolo.
Quanto avverse fossero una parte delle gerarchie militari ad una democrazia, che ai loro occhi significava – per il solo fatto di esistere – la distruzione dell’opera svolta sotto la guida del Caudillo, lo aveva rivelato il colpo di Stato tentato dal Colonnello Tejero.
Dopo le Elezioni Politiche di luglio, il nuovo Re Filippo VI aveva correttamente incaricato di formare il Governo “il leader” del Partito che aveva raccolto più voti, cioè il capo dei Popolari.
Se costui fosse riuscito nel suo intento, avrebbe dovuto coinvolgere nella maggioranza - se non addirittura nel suo nuovo Esecutivo - l’Estrema Destra di Abascal: per la quale si era spesa – celebrando due comizi in spagnolo maccheronico - la Signora Meloni.
Il Partito neofranchista include nel suo programma l’abrogazione degli Statuti di Autonomia della Catalogna e del Paese Basco: il che non può avvenire mediante lo stesso procedimento con cui si modifica la Costituzione.
Se infatti per emendare la Legge Suprema basta il voto del Parlamento Nazionale, una modifica degli Statuti di Autonomia – per non parlare della loro abrogazione – esige l’osservanza di una procedura che include il voto delle Assemblee Regionali ed un referendum popolare nella Regione riguardata.
Nessuno però, tanto nel Paese Basco quanto in Catalogna, è disposto a rinunziare anche alla minima quota dell’autonomia di cui questi due soggetti dispongono.
Di fronte alla prospettiva di una crisi istituzionale, ed al conseguente pericolo per la pace civile, l’intera Sinistra e tutti i movimenti regionalisti si sono coalizzati nel respingere la costituzione di un eventuale Governo di Destra.
Sarà possibile comporre una coalizione comprendente i Socialisti, i Comunisti e gli autonomisti, o quanto meno quelli catalani della fazione più moderata?
Noi riteniamo che ciò sia realizzabile, ma Sanchez, cui è stato attribuito l’incarico di formare il Governo, dovrà adempiere a diverse condizioni: che sono certamente difficili, ma non impossibili.
La prima delle quali consiste nel negoziare – sia pure per interposta persona – con Puigdemont, esule in Belgio in quanto colpito da un mandato di cattura per avere proclamato l’Indipendenza.
A questa petizione di principio occorrerà dunque rinunziare, avendo constatato che nell’attuale fase storica nessuno Stato dell’Europa Occidentale può frazionarsi.
I Catalani potranno dunque richiedere una amnistia – sia pure diversamente denominata – per i loro dirigenti in contumacia o in libertà provvisoria, nonché altre concessioni, quali l’uso ufficiale della loro lingua: già adottata nel Parlamento Nazionale, che è competente per emendare il proprio Regolamento, mentre la Spagna chiederà una uguale misura da parte dell’Unione Europea.
Dove non soltanto si dovrà trovare qualcuno in grado di tradurre i documenti dal catalano in gaelico ed in lituano, ma si vedranno avanzare analoghe richieste da parte di tutte le minoranze linguistiche del Continente: Osvaldo Martini Tiragallo si è già proposto come interprete dal Braccese.
Si tratta comunque di rivendicazioni che possono essere soddisfatte senza vulnerare la Costituzione.
La prospettiva di un Governo appoggiato dalla Sinistra e dagli Autonomisti ha però scatenato la Destra.
Per la prima volta dopo la morte di Franco, il Re è stato accusato – sia pure non apertamente – di aver mancato al suo dovere di imparzialità.
Tale contestazione risulta tanto infondata da escludere la buona fede di chi l’ha formulata: se il capo del Partito più votato non riesce a costituire il Governo, deve essere incaricato il “leader” di quello che si è classificato secondo.
La Destra intende però esercitare sul Sovrano una pressione indebita, per impedire quanto considera alla stregua di una violazione della Costituzione, cioè l’avvento al potere di una colazione da cui essa – pur avendo ottenuto la maggioranza relativa – viene esclusa.
In ogni democrazia rappresentativa, si richiede soltanto che l’Esecutivo disponga della maggioranza in Parlamento.
Se però questa fosse – come tutto induce a prevedere – la soluzione della attuale crisi, i Popolari e l’estrema Destra scatenerebbero una campagna volta a negare la legittimità del nuovo Governo.
Per giunta coinvolgendo nelle loro accuse la stessa persona del Sovrano.
Si annunzia una manifestazione di massa a Barcellona, che era e rimane la Città dove l’insieme delle forze antifasciste raccoglie il maggior numero di consensi, e dove la nuova Maggioranza
è chiamata alla sua prima prova: risulta evidente l’intento provocatorio dell’iniziativa.
Noi italiani siamo esenti da questi pericoli per lo stesso motivo in base al quale un morto non può rischiare la vita.
Il Governo Meloni ha già fatto uso del Decreto Rave Party: ne hanno fatto le spese alcuni poveri ragazzi, rei di avere inscenato una manifestazione assolutamente pacifica, e per giunta sparuta.
Il Governo ha dichiarato che si trattava dei Centri Sociali: manca soltanto che si classifichino i dissidenti come aderenti alle Brigate Rosse.
Si ritorna a scavare nella vita delle persone, cominciando da quanti esercitano funzioni pubbliche: una Signora Giudice di Catania viene indagata per le sue opinioni politiche.
Chi sta svolgendo queste investigazioni, e perché comunica il loro esito ai mezzi di informazione?
Tornano a pullulare i provocatori.
Si è tentato di indurci a sostenere pubblicamente la asserita incompatibilità del nostro Sindaco, contro cui è in atto una manovra ordita nell’ambito della sua stessa parte politica, e volta ad anticiparne la successione.
I suoi promotori vogliono però tirare il sasso e nascondere la mano, facendo credere che si tratti di un complotto concepito dalla fazione politica opposta.
La Sinistra non dimostra più la compattezza resa possibile un tempo dalla sua disciplina, ma il venir meno del monolitismo non lascia spazio ad un libero dibattito al suo interno.
Vi sono infatti dei soggetti che affermano di portare gli ordini dei dirigenti destinati alla base.
In realtà, non c’è più la base.
E non ci sono neanche più i dirigenti.
Lo scontro politico, intanto, tende a debordare dal suo naturale ambito legalitario.
Non siamo ancora giunti alla violenza, ma si stanno creando le condizioni che la rendono possibile.

Send Comments mail@yourwebsite.com Saturday, April 25, 2020

Mario Castellano  07/10/2023
Copyright ilblogdimario.com
All Rights Reserved