A proposito di quanto accaduto in Israele, ricorre in tutti i commenti il paragone con il nazismo e con l’Olocausto.
Questa memoria induce tutti gli Israeliti a temere tanto la ripetizione di quell’orrendo passato quanto il timore di essere lasciati soli ancora una volta.
Questo atteggiamento risulta fondato, soprattutto se si considera la storia del passato ed il suo possibile ricorso.
L’antisemitismo proclamato apertamente da Hitler nel “Mein Kampf” aveva tre fondamenti: uno di carattere sociale, un altro di origine religiosa ed un terzo di indole nazionalistica.
Hitler era – come molti gerarchi nazisti – un soggetto di origine piccolo borghese, precipitato in una condizione sociale di emarginazione in seguito ai rivolgimenti economici che avevano sconvolto la Germania dopo la Prima Guerra Mondiale.
Il Fuhrer era finito a far parte di quel ceto che ha assunto il nome – preso non a caso dal tedesco – di “lumpenproletariat”.
Si tratta di una categoria di persone tendenti alla radicalizzazione ed all’avventurismo, disposte a seguire ogni demagogo capace di indicare loro una via di uscita e portate all’avventurismo politico non avendo nulla da perdere.
Hitler, però, dopo avere seguito per un certo tempo altri agitatori, si era messo in proprio, raccogliendo una quantità di adepti sufficiente per prendere il potere.
Anche nelle masse arabe si è assistito ad un fenomeno analogo, tipico però non tanto del presente quanto del periodo successivo alla Indipendenza.
Sorsero allora diversi “leaders” – il più rappresentativo dei quali fu indubbiamente Nasser – che innalzarono la bandiera dell’opposizione al Sionismo nel nome del nazionalismo arabo e di una generica aspirazione al Socialismo.
In comune con Hitler c’era l’invidia sociale – categoria ben distinta dalla legittima aspirazione alla giustizia – che induce molti a vedere nell’ebreo il proprio sfruttatore, il prototipo del borghese consolidato nei suoi privilegi.
A tale atteggiamento si aggiunge il senso di inferiorità e di frustrazione dell’uomo ignorante verso chi è più colto, e quello del provinciale verso il cosmopolita.
Questa radice dell’antisemitismo si approfondì nel periodo tra le due guerre, e spiega il successo riportato dal nazismo.
Non pare però che possa trovare un analogo nel mondo islamico attuale.
Diverso è il discorso se consideriamo la pretesa giustificazione di ordine religioso propria dell’antisemitismo.
Che era a sua volta diffusa nelle masse contadine dell’Europa Orientale, mantenute nell’ignoranza e nella superstizione.
Hamas invoca il Corano per giustificare la propria avversione all’Ebraismo, ma questo non indica tanto una affinità ideologica tra gli estremisti musulmani ed i nazisti, quanto piuttosto una similitudine tra le situazioni storiche che – a distanza di circa un secolo – hanno permesso l’affermazione di entrambi.
Nel 1918, la fine della Prima Guerra Mondiale aveva portato al crollo dei vecchi Imperi, in cui convivevano – nel nome di una sacralizzazione del potere – identità nazionali e religioni diverse.
Qualcosa di simile si è prodotto – mutatis mutandis – con la caduta del Comunismo.
In entrambe queste circostanze, le diverse identità etniche o religiose hanno cominciato a confliggere: ne esisteva più un potere abbastanza forte ed autorevole in grado di porre un freno alle loro discordie.
Hitler – come si è visto - trovava alimento per il suo antisemitismo tanto nella invidia sociale quanto in un insieme di credenze fondate sulla religione.
Il suo principale strumento fu però costituito dal nazionalismo o, meglio, dalla esaltazione della identità etnica germanica.
Gli Ebrei erano da lui additati come un corpo estraneo in quanto non le appartenevano e di conseguenza - a suo dire – avevano sabotato lo sforzo bellico della Germania, portandola alla sconfitta.
Inutile obiettare che gli Israeliti avevano fortemente contribuito a definire dal punto di vista culturale la nazione tedesca, e che durante la guerra si erano dimostrati assolutamente leali.
Le sorti della Germania dipendevano – secondo il suo aspirante dittatore - dalla pulizia etnica.
Che egli avrebbe perseguito mediante l’eliminazione fisica degli Ebrei.
Il suo razzismo aveva però altre estrinsecazioni: nel “Mein Kampf” si affermava che tutti i popoli slavi dovessero venire assoggettati allo “Herrenvolk” germanico.
Anche quelli latini erano disprezzati: agli Italiani, considerati spregiativamente “un popolo di zingari” era riservato paradossalmente un destino peggiore di quello che aspettava gli Inglesi.
Se da un lato si perseguiva la pulizia etica, dall’altro si volevano espandere i confini della nazione tedesca ben oltre quelli del vecchio Impero di Bismark, fino a ripercorrere l’espansione verso Est condotta nei secoli remoti dai Cavalieri Teutonici.
I quali erano giunti fino nel cuore della Russia, dove vennero fermati nel 1241 da Alexander Newsky.
La cosiddetta Operazione Barbarossa, che mirava ad ampliare verso l’Oriente il “lebensraum”, lo spazio vitale riservato alla Germania, era implicitamente prevista nella elaborazione della dottrina politica del nazismo, cui Hitler si era dedicato nel carcere di Rotberg dopo il fallimento del Putsch della Birreria.
Qui si può cogliere una similitudine inquietante con il momento attuale.
Dopo il 1918, così come dopo il 1989, ciascun popolo ha inteso affermare la propria identità espandendo i confini del rispettivo Stato nazionale fino alla massima estensione che esso aveva raggiunto nel corso della storia.
Se erano bastate a suo tempo alcune bombe per mettere fine al delirio di grandezza di un Fuhrer da baraccone come Milosevic, e se anche Putin si è alla fine impantanato nelle paludi del Niepro, ben più inquietanti divengono le prospettive quando all’identità etnica si sostituisce quella religiosa:
se infatti l’una tende ad allargare i confini, l’altra li ignora completamente, in quanto persegue un disegno universale di espansione della Fede.
Ecco che cosa dovrebbe spingerci a solidarizzare con Israele: non solo la ragione giuridica
quale vittima di una aggressione e della negazione in linea di principio del suo diritto all’autodeterminazione, ma soprattutto il sopravvenire di un pericolo che incombe anche su di noi.
Nelle intenzioni di Hamas non vi è posto nel Medio Oriente né per lo Stato ebraico, né per quello cristiano libanese, né per quello nazionale – ancora in embrione – dei Curdi.
Lasciamo da parte i progetti di riconquista della Spagna e della Sicilia, che possono ancora apparire fantapolitici, e guardiamo alle cronache di queste ore.
Venerdì scorso, in tutte le Moschee dell’Europa Occidentale, migliaia di predicatori – in grande maggioranza appartenenti ai Fratelli Musulmani, di cui Hamas costituisce la sezione palestinese – hanno divulgato presso i fedeli una versione degli avvenimenti in corso diametralmente opposta rispetto a quella in cui si riflette la quasi totalità dell’opinione pubblica occidentale.
Se non sempre si incita a portare la guerra nel cuore del nostro Continente, l’atteggiamento dei concittadini di fede islamica è di aperta ostilità nei confronti non solo e non tanto delle scelte dei suoi Governi, bensì verso l’insieme di valori di cui queste scelte sono conseguenza.
Basta fermare per la strada il primo conoscente musulmano e domandargli – come abbiamo fatto noi – che cosa ha detto il suo Imam durante la funzione del venerdì.
L’effetto di emulazione ha causato per ora soltanto un morto in Francia, ma è destinato a prolungarsi nel tempo per tutta la durata della guerra, e a dilatarsi nello spazio fino ad investire tutto l’Occidente.
Ecco perché l’affermazione “Siamo tutti Ebrei” non è uno slogan, ma riflette letteralmente la nostra condizione comune, e perché non abbiamo altra scelta che partecipare alla guerra fino a vincerla.
Ne va della nostra stessa sopravvivenza, non solo di quella degli Israeliani.
Mentre venerdì scorso gli Imam da una parte, e i Rabbini dall’altra, dicevano “Armiamoci e partiamo”, domenica prossima i Preti cattolici ed i Pastori protestanti non diranno nemmeno “Armiamoci e partite”, limitandosi genericamente ad auspicare la pace.
Senza spiegare se debba fondarsi sul rispetto dei diritti di Israele, che valgono anche per noi.

Send Comments mail@yourwebsite.com Saturday, April 25, 2020

Mario Castellano  20/10/2023
Copyright ilblogdimario.com
All Rights Reserved