Nella breve conversazione telefonica intercorsa con un’alta personalità dell’ambiente israelitico francese...
Nella breve conversazione telefonica intercorsa con un’alta personalità dell’ambiente israelitico francese, abbiamo appreso che nel Paese d’Oltralpe non soltanto l’ambiente ebraico, ma l’insieme della società e dello Stato percepisce nettamente di trovarsi in una situazione di guerra: per cui tutti si comportano di conseguenza. Si susseguono dunque freneticamente le riunioni dedicate a discutere le misure da adottare con la massima urgenza: non solo e non tanto per fare fronte a quanto avvenuto in Israele – che riguarda solo indirettamente la Francia - ma soprattutto a causa del pericolo costituito dal terrorismo interno. Lo stesso autorevole e prestigioso amico non si stancava di ripetere – ogni volta che avevamo l’occasione di conferire con lui – come certe Città d’Oltralpe, tra cui egli annoverava Parigi e Marsiglia – fossero ormai troppo pericolose per i residenti israeliti, mente Nizza si trovava ancora in una situazione definita in inglese “borderline”. La causa di questo stato di cose consiste da un lato nella radicalizzazione di una parte della società, e dall’altra nell’assoluta ingovernabilità in cui sono cadute le periferie. Nelle quali si è ormai costituito uno Stato nello Stato, impossibile da sradicare ripristinando la sovranità della Repubblica. Ora si teme evidentemente un effetto di emulazione, che moltiplicherebbe in misura illimitata ed incontrastabile gli attentati già consumati nella stessa Francia e nel Belgio. Mentre a Parigi si tenta di correre ai ripari, a Roma si manifesta al Portico di Ottavia. Dove hanno coinciso tre commemorazioni: quella della razzia perpetrata dai nazisti nel 1943, quella dell’attentato contro la Sinagoga e quella degli orrori consumati nei giorni scorsi in Israele. Non sappiamo se le Autorità delle diverse Comunità Israelitiche, su cui si riversa una pioggia di doverose espressioni di solidarietà, si pongano qualche interrogativo riguardante non già la sincerità di tale atteggiamento, bensì la compatibilità ideologica con chi lo esprime. Per una volta, non ci riferiamo alla Meloni e ai suoi Fratelli: la Presidente del Consiglio ha rinnegato le sciagurate “Leggi Razziali”, ed ha ammesso apertamente la complicità dei Fascisti nell’Olocausto. Questo atteggiamento si manifestò a Roma non solo con l’utilizzo delle liste degli Israeliti, compilate al fine di discriminarli e poi usate dall’occupante tedesco per avviarli allo sterminio, ma anche mediante le delazioni. Ci riferiamo piuttosto al tipo di Stato che certi soggetti, dediti nel momento attuale a deplorare la barbarie di quanto perpetrato da Hamas, intendono edificare. Forse a causa della coscienza di questo problema, il Dottor Samuele Di Segni, parlando lunedì scorso al Portico di Ottavia, è risalito all’indietro nel tempo per ricordare come quanto avvenuto nel 1943 a Roma non costituisse una novità nella storia d’Italia. Dopo l’effimera Emancipazione coincidente con il periodo napoleonico, in alcuni luoghi i Sanfedisti si diedero ad uccidere gli Israeliti. Lo fecero al grido di “Viva Maria!”, ben noto ai nostri antenati liberali, anch’essi perseguitati nel tempo della Restaurazione: questo motto contraddistinse infatti la repressione subita da loro in quella circostanza. Tra gli oratori che hanno parlato all’Arco di Tito c’era anche l’Onorevole Lupi, militante in un movimento politico – religioso che dichiara apertamente il proprio confessionalismo. Se questa fazione esercitasse pienamente il potere, forse non abrogherebbe il principio di eguaglianza contenuto nella Costituzione, ma si adopererebbe per fare coincidere le norme contenute nell’ordinamento giuridico dello Stato con il precetto religioso cattolico. Il che non si concilia con la parità tra i cittadini. Anche i dirigenti degli Stati islamici dicono di non essere antiebraici, ma nelle rispettive Costituzioni è stabilito che chi non è musulmano non può accedere a determinate cariche pubbliche. In quel caso, la persecuzione ai danni degli Israeliti avviene comunque di fatto, ma ci sentiremmo più tranquilli se tutti dichiarassero di accettare il principio dello Stato laico. Del quale qualche radio predicatore prevede ed auspica invece il crollo, ritenendolo per sua natura peccaminoso (?). Di questo Stato la Professoresse Pellicciari propugna comunque lo smembramento, quale conseguenza di una restaurazione del Potere Temporale. Riportandoci al 1870, quando il Ghetto di Roma fu l’ultimo abolito in Europa Occidentale, e gli Israeliti di questa Città furono gli ultimi ammessi alla Emancipazione. Per cui Pio IX protestò, considerandola una offesa recata alla sua persona, non meno grave della perdita dello Stato Pontificio. Mastai Ferretti è stato canonizzato dalla Chiesa: senza che nel relativo processo canonico venisse precisato come ciò sia stato deciso malgrado tali prese di posizione. Il Papa del Sillabo è stato considerato dalla competente Congregazione un perseguitato a causa della Fede. Ora si sta per canonizzare, con la stessa motivazione, anche Don Minzoni. Pare però che nel suo caso non si prendano in considerazione le motivazioni della persecuzione da lui subita: che – a differenza di quanto avvenuto per Pio IX - causò anche la sua uccisione. Ci permettiamo di rilevare la contraddizione: Mastai Ferretti viene considerato una vittima del Liberalismo, mentre viene sussunto il fatto che Don Minzoni fu vittima del Fascismo. Se ne deve dedurre che il Liberalismo era in sé cattivo, mentre il Fascismo era buono per natura, benché si ammetta – peraltro solo implicitamente - che commise un errore? Un processo canonico dovrebbe chiarire i motivi per cui fu perseguitato il nuovo Beato. Se la Signora Meloni intendesse compiere una revisione storica del passato, non dovrebbe limitarsi a dire che il Regime fece male a discriminare gli Israeliti, ma dovrebbe riconoscere che fece male a discriminare i cittadini anche in base ad altri criteri. La Santa Sede, di conseguenza, verrebbe liberata dal timore di contrariare la Presidente del Consiglio.