Quando si assiste alla conferma delle proprie convinzioni da parte di chi gode un grande e meritato prestigio, in ragione tanto della sua fama di studioso quanto della sua probità morale, si prova sempre soddisfazione.
Il Professore Gustavo Zagrebelsky, intervistato da “La Stampa” di Torino del 19 ottobre in merito alle accuse di parzialità mosse alla Dottoressa Iolanda Apostolico di Catania, denunzia come un pericolo per la sopravvivenza dello Stato di Diritto non tanto il fatto – già di per sé comunque molto grave – che qualcuno abbia assunto informazioni sulle vicende personali di questo Magistrato, bensì il fatto che queste notizie siano state raccolte (compensando chi le aveva fornite) nell’ambito di una evidente attività di schedatura.
Che – come sempre – ha lo scopo di esercitare dei ricatti non soltanto sui Giudici, bensì su chiunque sia incaricato di una Funzione Pubblica, con lo scopo di condizionare il suo esercizio.
Chiunque, naturalmente, può criticare ogni atto di Diritto Pubblico, sia esso una sentenza, un atto amministrativo o un atto legislativo.
Esiste però una differenza, di cui purtroppo non si è tenuto alcun conto nel dibattito attualmente in corso sul caso di Catania, tra gli atti emanati dagli organi elettivi e quelli viceversa emanati dagli organi non elettivi: quali sono per l’appunto, in primo luogo, gli organi del Potere Giudiziario.
Un atto legislativo può risultare parziale, in quanto costituisce il risultato dell’esercizio, da parte dell’organo che lo produce, della triplice rappresentanza – politica, giuridica e di interessi – conferita dal mandato popolare.
Questo vale – nei margini di discrezionalità riconosciuti dalla Legge – anche per un atto amministrativo.
Un Deputato, o un Sindaco, non sono infatti tenuti ad essere imparziali, e possono, anzi debbono conformare la propria azione all’orientamento politico ed agli interessi che essi sono incaricati di rappresentare – in forza del suffragio popolare – nell’esercizio delle rispettive funzioni.
Ciò non vale per un Magistrato, che è subordinato – come afferma anche la Costituzione – soltanto alla Legge.
Naturalmente chiunque può dissentire dal contenuto dei suoi atti, ed ha anche il diritto di dichiararlo pubblicamente.
Non è però lecito insinuare che la sentenza sia stata condizionata dalle opinioni politiche che eventualmente il Magistrato dichiari, come è suo diritto in quanto cittadino.
L’unico divieto che gli si può imporre è quello riguardante l’iscrizione a un Partito.
Ciò non significa di per sé avere delle convinzioni più forti e radicate rispetto a quelle degli altri, ma può comportare la subordinazione ad una disciplina politica in conflitto con il dovere di imparzialità.
Che cosa si propongono quanti raccolgono informazioni sulla vita privata di un Giudice, e soprattutto quanti li pagano – in contanti o in benefici nella carriera – per compilare le schedature?
Zagrebelsky non nutre dubbi al riguardo: costoro si propongono di condizionare l’esercizio della funzione giurisdizionale, proprio per imprimerle quel carattere parziale che essi denunziano nelle decisioni di certi Magistrati.
Il cosiddetto dossieraggio – aggiungiamo noi - può essere compiuto soltanto da parte del Potere Esecutivo, che si avvale della cooperazione più o meno interessata degli organi di Polizia.
Un Sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri ha filmato la Dottoressa Apostolico mentre partecipava ad una manifestazione pubblica: fin qui, potrebbe trattarsi dell’opera di un cinefilo.
Il cineasta della domenica ha però conservato a lungo la sua opera, e a distanza di anni l’ha fatta pervenire ad un Ministro: il quale – guarda caso - non condivide il contenuto di una sentenza pronunciata dal Magistrato.
Salvini, a questo punto, ha insinuato che il contenuto dell’atto giudiziario fosse stato determinato dalle opinioni politiche del Giudice, quali risultano documentate dal filmato girato dal Carabiniere cinefilo.
Il quale agiva, naturalmente, al di fuori delle sue funzioni di Agente di Polizia Giudiziaria.
Essendo poco probabile che la polemica in corso abbia risvegliati i lontani ricordi del Maresciallo, risulta più verosimile che il filmato sia stato a suo tempo immagazzinato in una apposita “banca – dati”, in vista di ogni uso futuro.
Al quale ha provveduto non a caso Salvini, uomo incapace – nella sua ignoranza – di formulare una critica della sentenza espressa in base alla conoscenza del Diritto: di cui il “Capitano” è completamente digiuno.
Tale sapere risulta in lui tanto scarso da ritenersi investito – in quanto titolare dell’Interno – delle funzioni di Ufficiale di Polizia Giudiziaria, come dimostrato dall’episodio di Bologna.
Per giunta, l’Ufficio Legale del Viminale, nella sua piaggeria, non gli ha ricordato che neanche il Questore è un Ufficiale di Polizia Giudiziaria.
L’unico rilievo che a nostro avviso si può muovere alla sentenza riguarda il fatto che le norme europee – secondo una scuola di pensiero – non operano immediatamente nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro dell’Unione, ma lo vincolano soltanto ad essere riflesse nelle sue Leggi.
Altri giuristi propendono invece per la tesi cui si è conformata la Dottoressa Apostolico, la quale ritiene la norma europea immediatamente vigente in Italia e superiore a quella nazionale nella gerarchia delle fonti del Diritto.
La propensione per l’una o per l’altra tesi non dipende però dalle opinioni politiche degli studiosi, e tanto meno da quelle dei Magistrati.
Il “pensiero” di Salvini ha purtroppo fatto scuola.
Ad Imperia, un settore dell’Opposizione riteneva che le Signore Giudici incaricate di valutare l’asserita incompatibilità del Sindaco l’avrebbero immancabilmente sancita in quanto si trattava di elementi ritenuti “di Sinistra”.
Se veramente erano tali – noi non lo sappiamo, e non ci interessa – esse hanno dimostrato di non lasciarsi condizionare nell’esercizio delle loro funzioni dalle eventuali convinzioni politiche.
Se invece l’arruolamento nella “Sinistra” era frutto di una invenzione, i dirigenti che ritenevano di avere già in tasca una sentenza conforme ai loro desideri hanno commesso una scorrettezza possibilmente peggiore, ritenendo i Giudici vincolati a sentenziare in base ad interessi di parte.
La Destra sapeva invece benissimo – non era d’altronde necessario essere dei grandi giuristi per rendersene conto – che l’incompatibilità non sussisteva: per cui chi l’avesse affermata si sarebbe squalificato, facendo la figura del ciarlatano.
A tal fine si è incaricato un noto provocatore fascista di insistere per farci firmare l’esposto indirizzato al Segretario Comunale.
Bisogna notare che agendo in tal modo si sommava uno strafalcione procedurale ad un grave errore di merito.
Questo personaggio, nel tentativo di convincerci, ha addirittura fatto riferimento ad una nostra asserita malattia mentale.
Tale diffamazione era stata inventata in anni remoti proprio dalla sua parte politica, per cui decidemmo di sottoporci a perizia psichiatrica.
Siamo dunque tra i pochi sani di mente certificati, ma nella nostra scheda non è stato evidentemente inserito il certificato medico che escludeva la patologia.
Si tratta di documenti ormai polverosi – quelli che ci riguardano si accumulano dal lontano 1964 – risalenti addirittura al periodo precedente gli “anni di piombo”.
Se ora vengono riesumati, lo si deve al clima di caccia alle streghe instaurato dall’estrema Destra.
La quale, essendo giunta al Governo, si avvale di tutto l’armamentario accumulato in decenni di lavoro dai Servizi, naturalmente “deviati”.
Saremmo curiosi di sapere se per caso esistono dei Servizi non “deviati”, come pure se esiste una Massoneria anch’essa non “deviata”.
Crediamo che purtroppo la deviazione faccia parte in entrambi i casi dell’eredità genetica.
Noi abbiamo proclamato la nostra assoluta lealtà nei confronti dello Stato, impegnato nella lotta contro il terrorismo islamista, ma soprattutto abbiamo dato ripetutamente prova di questa lealtà contribuendo alla lotta contro il terrorismo brigatista.
Nelle schede si inseriscono però soltanto le informazioni – per giunta false – che possono danneggiare chi ha opinioni diverse.
Lo Stato di Diritto, ieri con la scusa dell’epidemia, oggi con la scusa della guerra, viene demolito sistematicamente.
Se in un ospedale ha potuto operare un falso medico, ciò è dovuto al fatto che i suoi titoli non sono stati verificati da un Ente Pubblico, ma soltanto dal soggetto di Diritto Privato – la nota cooperativa inserita nella galassia del confessionalismo cattolico – cui è stato illegittimamente conferito l’esercizio di una Funzione Pubblica.
La quale, per sua natura, non può essere svolta da un soggetto che non sia di Diritto Pubblico.
Per giunta, ogni concessione di appalto deve seguire il procedimento della licitazione, e non quello della trattativa privata.
Che ha anche determinato per l’Amministrazione un onere patrimoniale esorbitante.
Ora ci si accinge a concedere ai privati – naturalmente “cattolici” - altri reparti ospedalieri.
Come avrebbe detto Don Giussani: “Errare humanum, perseverare diabolicum”.

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Mario Castellano  20/10/2023
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