L’amico che segue con molta attenzione le vicende politiche del Tirolo Meridionale ...
L’amico che segue con molta attenzione le vicende politiche del Tirolo Meridionale ci ragguaglia sui risultati elettorali e sulle loro conseguenze.
Il Partito che fin dalla fine della guerra ha rappresentato la comunità di lingua tedesca subisce una forte perdita di consensi, che si sono indirizzati verso due liste di orientamento separatista.
Per comporre la maggioranza – dato che lo Statuto della Provincia Autonoma di Bolzano esige una rappresentanza nella Giunta anche per la comunità di lingua italiana - la SVP dovrà necessariamente allearsi con la Destra: nel cui ambito il Partito della Meloni ha naturalmente fatto la parte del leone.
Come avviene d’altronde in tutta Italia, riducendo sempre di più i Leghisti ed i Berlusconiani ad un ruolo di mero supporto, se non addirittura del tutto decorativo.
Se già la Giunta uscente costituiva l’espressione di un accordo tra la Sudtirolo Volkspartei e la Destra, questa formula – come annunziano trionfanti i giornali radio di regime – sarà certamente confermata: dal momento che tanto le norme statutarie quanto l’aritmetica obbligano i dirigenti della SVP a stipulare una alleanza con le forze politiche “italiane”, è logico che essi scelgano di allearsi con chi – detenendo il potere a Roma – è l’unico soggetto abilitato a negoziare con loro.
La Sinistra, peraltro, è dovunque allo sbando.
Il problema consiste nel valutare che cosa i Tedeschi del Tirolo Meridionale potranno ottenere in cambio della cooptazione dei Fratelli d’Italia nel governo della Provincia di Bolzano.
C’è sempre stato un parallelo tra la linea seguita dagli Autonomisti catalani di Convergenza e Unione e quella seguita dalla SVP.
L’una e l’altra vennero tracciate da due grandi “leaders”, che sono stati anche due grandi europeisti.
Si tratta di Sylvius Magnago e di Jordi Pujol.
Il primo dei quali prese le mosse dalla sua famosa constatazione: “L’Europa non cambia i confini per noi”.
Tanto più dopo che gli Accordi Helsinki ebbero consacrato tutte le frontiere tracciate alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
È vero che i successivi avvenimenti li avrebbero sconvolti nella parte orientale del Continente, ma
questo fu l’effetto della sconfitta del Comunismo nella guerra fredda.
Che non comportò dei conflitti tra Stati, ma il cui esito consistette comunque – come nel 1918 e nel 1945 – nella frammentazione territoriale dei perdenti.
L’affermazione di Magnago avrebbe dovuto essere riformulata dopo il 1989 in questi termini: “L’Europa OCCIDENTALE non cambia i confini per noi”.
Se però da un lato l’esistenza, la coesione e la stessa espansione verso Est dell’Unione rafforzavano l’appartenenza ai rispettivi Stati nazionali delle Regioni alloglotte, l’ispirazione democratica delle Istituzioni di Bruxelles imponeva il pieno riconoscimento dei diritti delle minoranze.
Tanto in Italia, con il cosiddetto “Pacchetto”, quanto in Spagna, con l’emanazione della Costituzione postfranchista, iniziò dunque un processo politico e giuridico che condusse il Tirolo Meridionale e la Catalogna a godere di una ampia autonomia.
Le alleanze stipulate tanto nei rispettivi Parlamenti nazionali quanto – nel caso di Bolzano – nelle assemblee elettive locali assecondarono fortemente questo processo.
Il parallelismo vale però soltanto per la storia passata.
Da quando si è votato in Italia e in Spagna per il rinnovo dei rispettivi Parlamenti, le due situazioni hanno preso a divergere.
In Spagna, i Catalani rendono possibile alla alleanza nazionale dei Partiti di Sinistra di mantenere l’estrema Destra fuori dal Governo di Madrid: il che comporterebbe per gli uni un ritorno intollerabile al franchismo, e per gli altri realizzazione della minaccia – espressa da Abascal ed appoggiata dalla Meloni – di una revoca dell’Autonomia.
Naturalmente, Barcellona otterrà in cambio ulteriori importanti concessioni, che abbiamo già illustrato: la più significativa è la parificazione delle lingue regionali con quella maggioritaria anche a livello europeo.
Che cosa può ottenere la SVP dai suoi alleati romani dell’estrema Destra?
La Meloni, nei suoi comizi spagnoli non soltanto ha sostenuto il programma dell’alleato locale, i cui disegni autoritari e centralisti sono stati per fortuna frustrati dall’esito del voto, ma ha prospettato anche una concezione autoritaria dello Stato italiano.
Possono verosimilmente attendersi i dirigenti della SVP un ampliamento della loro autonomia?
Risulta oltremodo improbabile che Roma scelga il decentramento per Bolzano quando in tutto il resto dello Stato italiano si muove nella direzione opposta.
I capi del Partito di lingua tedesca sperano però di mantenere almeno il benessere di cui gode la popolazione locale.
Lo stesso calcolo è stato compiuto dai loro colleghi valdostani, che governano anch’essi la Regione insieme con la Destra.
A nostro avviso – lo diciamo chiaro agli uni e agli altri, essendo la franchezza doverosa verso gli amici – si tratta di un calcolo sbagliato.
I privilegi economici sono certamente un bene per tutti, ed in particolare per quanti ne hanno bisogno per tutelare la propria identità.
Questo è stato fino ad ora ottenuto.
Non è detto però che una formula valida molto a lungo nel passato possa continuare a valere nel futuro.
Per questo, è a volte meglio stipulare le alleanze in base alle affinità ideali piuttosto che in base ad un puro calcolo di convenienza.
Si potrà obiettare che tanto Aosta quanto Bolzano si trincerano dietro le norme giuridiche poste a loro tutela.
Questo valeva in passato, quando queste norme riflettevano una cultura politica democratica, e dunque autonomista: che era accomunava Don Sturzo e De Gasperi, ma anche tutti indistintamente i Partiti antifascisti.
Oggi a Roma si ragiona in base a criteri esattamente contrari.
Le illusioni sono sempre perniciose, e vale per tutta l’Italia quanto scrisse Giulio Cesare: “Quodo volimus, libenter credimus”.
Per giunta, non ci si può neanche aggrappare a qualche rassicurazione formale.
Le espressioni usate dalla Meloni e dai suoi Ministri dicono l’esatto contrario di quanto auspicano i loro ingenui alleati autonomisti.
Anche i Siciliani hanno votato in massa per la Destra, sperando di guadagnare la benevolenza del Governo nazionale.
Vedremo se l’Esecutivo saprà rispettare non solo le loro aspirazioni, ma anche il loro Statuto.
Ognuno spera però che le minacce valgano solo per gli altri.
I nostri imprenditori hanno applaudito freneticamente un economista della Lega che annunziava la restrizione della libertà di intrapresa.
Ciascuno di loro era però certo di essere nel novero di quanti ne verranno esonerati.
Non serve sperare nei privilegi: occorre piuttosto difendere i diritti.
Tanto più in quanto essi non vengono conculcati mediante atti formali, bensì agendo “de facto”.
Contro una azione “de facto” non servono i rimedi giuridici: è necessaria la mobilitazione politica.
Che però ci si preclude alleandosi col nemico nella speranza di rabbonirlo.
L’ottimo commentatore giuridico che scrive su “La Stampa” di Torino con lo pseudonimo di Montesquieu ammonisce giustamente che “oggetto della competizione (è) la protezione di una intatta ma seviziata Costituzione formale da una insofferente e arrogante Costituzione materiale”.
Tutto giusto, ma se così stanno le cose non occorre “il superamento della figura garante” del Capo dello Stato “e la sua sostituzione con una figura di elezione popolare diretta, inevitabilmente divisiva”.
L’Autore ipotizza una riforma presidenzialista della Costituzione formale, ma questo emendamento non risulta più necessario quando il Presidente della Repubblica cessa di svolgere le sue funzioni di arbitro e di garante.
Pur non essendone formalmente privato.
Anche il Tibet è una Regione “Autonoma”.
Tanto autonoma che viene presidiata dall’Esercito cinese.
Il Tirolo Meridionale può fare la stessa fine: lo Statuto della Provincia di Bolzano rimane in vigore, ma il suo territorio è occupato dal Quarto Corpo d’Armata Alpino.
Manca solo che Durnwalder si rechi in pellegrinaggio al Monumento della Vittoria.

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Mario Castellano  26/10/2023
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