Oggi l’Imam Roberto “Hamza” Piccardo prenderà la parola in un comizio convocato dalla Comunità Islamica in piazza Dante...
Oggi l’Imam Roberto “Hamza” Piccardo prenderà la parola in un comizio convocato dalla Comunità Islamica in piazza Dante, ad Imperia Oneglia, per esprimere solidarietà con il popolo palestinese. Non è viceversa confermata la partecipazione di Mohammed Bensa. Non ce ne vorrà il prestigioso Imam della Moschea di via Santa Lucia, cui siamo legati da personale amicizia, se poco correttamente anticipiamo i contenuti del suo discorso. Anche se egli dovrà barcamenarsi tra il dovere di animare e motivare i propri seguaci e la necessità di non offendere la suscettibilità di quanti - tra i nostri concittadini - nutrono opinioni diverse, il dissenso risulta ormai radicale e palese: per cui non si potrà evitare di esprimerlo. Quasi tutti i seguaci dell’Islam considerano infatti l’azione compiuta da Hamas in Israele come un atto di resistenza. Dall’altra parte, quasi tutti i seguaci delle altre due religioni abramitiche, siano essi israeliti o cristiani, ritengono che tale azione costituisca un inaccettabile atto di terrorismo ed una gravissima violazione dei diritti umani, soprattutto essendo le vittime in gran parte civili, tra cui molti minorenni, donne ed anziani. Noi ci riconosciamo in questa posizione, ma non intendiamo in questa sede polemizzare con i Musulmani, quanto piuttosto valutare le conseguenze della divisione che si è creata tra noi e loro. Nel Novecento si sono combattute tre guerre mondiali. Nella prima si contrapposero il Principio di Legittimità, incarnato dagli Imperi, ed il principio della sovranità popolare; nella seconda si scontrarono il fascismo e l’antifascismo; nella cosiddetta “guerra fredda” il conflitto fu tra il comunismo e l’anticomunismo. Questa volta la contrapposizione ha due motivazioni: dal punto di vista economico, le contraddizioni tra il Nord ed il Sud del mondo, ereditate dal colonialismo, rischiano di sfociare in un conflitto armato, che assume però le caratteristiche dello scontro di civiltà previsto da Huntington. Che cosa c’è di diverso rispetto alle guerre precedenti? Mentre una parte, cioè il mondo islamico, si compatta e si fa forte della solidarietà più o meno esplicita di tutti i popoli del cosiddetto Terzo Mondo - che assumono un atteggiamento di neutralità militare, ma non politica, tra le parti in conflitto – l’ambito giudaico – cristiano rimane diviso. Tutti quanti, infatti, riconoscono il diritto di Israele all’esistenza, ed il conseguente diritto ad esercitare l’autodifesa. Regna invece la più assoluta cacofonia – come ha dimostrato l’esito del Consiglio Europeo – su quali azioni sia lecito intraprendere, da parte di Israele, per garantire la propria sopravvivenza. La normativa internazionale afferma che ogni Stato aggredito ha diritto di scegliere i mezzi da usare per respingere l’aggressione, salvo l’osservanza dei limiti posti all’azione militare dai principi umanitari: non è lecito, per esempio, uccidere deliberatamente dei civili, e tanto meno dei minori. Proprio questo, però, è avvenuto da parte di Hamas. Molti musulmani affermano tuttavia che anche questi gesti estremi sono ricompresi nel diritto alla resistenza. La controversia tra le parti risulta dunque totale, riguardando anche la regolamentazione della guerra stabilita dal Diritto Internazionale. Questa però è una conseguenza del fatto che siamo giunti per l’appunto ad uno scontro di civiltà. In cui ciascuna delle parti nega all’altra anche tale qualifica. Vincerà chi dimostrerà di avere una identità più forte. Da questo punto di vista, i Cristiani rischiano di essere il classico vaso di coccio tra vasi di ferro. Mentre i Musulmani e gli Israeliti considerano che è lecito tutto quanto conviene alla rispettiva causa, e rifiutano ai soggetti terzi il diritto di intervenire in questa valutazione, noi ci illudiamo che sia ancora possibile il cosiddetto “cerchiobottismo” e la neutralità disarmata. Condannandoci così ad essere la posta in palio, il bottino di guerra riservato a chi – tra i due contendenti - risulterà vincitore. Soltanto gli Stati Uniti – tra tutte le Potenze occidentali – hanno assunto una posizione diversa, ed infatti la notizia più importante delle ultime ore riguarda l’intervento della loro flotta e della loro aeronautica nella guerra. Se gli Stati europei sono neutrali, non possono rimanere però neutrali le popolazioni: tanto più in quanto il conflitto verrà combattuto – mediante le prevedibili azioni terroristiche – sul nostro territorio. Dal suo punto di vista, fa bene dunque l’Imam Piccardo – e con lui tutti i capi religiosi islamici – a dichiarare da che parte si colloca. Questo significa però né più né meno che dichiarare la guerra. Finita la quale, i più premiati risultano sempre gli interventisti della prima ora. Ricordiamoci di come Mussolini mise nel 1915 le basi del suo successo nel 1922. Noi diciamo chiaramente, a scanso di equivoci, che non ci auguriamo una ripetizione di questa operazione da parte di Piccardo. Nostro nonno si oppose alla fascistizzazione dell’Italia, e noi ci opponiamo alla sua islamizzazione. Il pericolo che ciò accada è però assolutamente reale. Per una ragione che riguarda in particolare la nostra Città. La cui condizione costituisce il risultato del predominio esercitato dal cosiddetto Partito della Selvaggina. Questa consorteria era composta da fanatici comunisti e da fanatici anticomunisti, da sostenitori dell’Unione Sovietica e da oltranzisti atlantici, foraggiati copiosamente dalla CIA. Entrambi, avendo intuito che la guerra fredda non sarebbe mai divenuta calda, e che anzi sarebbe finita come in effetti è finita, si misero in società per praticare il contrabbando, approfittando di un confine reso sempre più poroso dalla distensione. Ora questo comportamento risulta impossibile, proprio perché la guerra è già calda fin dal suo inizio. Anzi è caldissima, e rischia di essere combattuta anche in casa nostra. Noi siamo schierati dalla parte opposta rispetto a Piccardo, ma dobbiamo riconoscergli un merito: quello di avere messo fuori gioco i professionisti del doppio gioco.