Il nesso tra la situazione internazionale e quella interna dell’Italia non potrebbe risultare più evidente.
Il nesso tra la situazione internazionale e quella interna dell’Italia non potrebbe risultare più evidente.
Tre eventi, che si sono rapidamente susseguiti nel tempo – prima l’epidemia, poi la guerra in Ucraina ed ora quella nel Medio Oriente – hanno favorito l’involuzione della Repubblica verso forme di autoritarismo sempre più accentuato, e sempre più irreversibile.
Il momento decisivo di questo processo, quello che si può retrospettivamente indicare come il cosiddetto punto di non ritorno, non è imputabile alla Meloni: all’epoca, la Signora della Garbatella era infatti soltanto una Deputata della esigua e marginale opposizione.
Ci riferiamo al Decreto-legge che – modificando la Costituzione materiale – introduceva una nuova fonte del Diritto, un nuovo atto legislativo, cioè il Decreto del Presidente del Consiglio: non solo completamente sottratto alla valutazione del Parlamento (il quale veniva in tal modo privato di una sua prerogativa, ed anzi della sua stessa ragion d’essere), ma anche al Governo inteso come organo collegiale.
Ora la Presidente del Consiglio si accinge ad introdurre una modifica della Costituzione formale che semplicemente trasferisce in essa le modifiche già apportate alla Costituzione materiale.
L’unica novità – rispetto a quanto si è già consumato – consiste nella elezione diretta del Capo del Governo, contestuale con quella dei Senatori e dei Deputati.
Il che rende irreversibile l’incorporazione di una persona fisica in questo organo dello Stato.
I sostenitori della riforma rispondono che le successive elezioni potranno comunque rovesciare il risultato delle precedenti: le nuove norme si limitano dunque ad escludere la possibilità di un cosiddetto “ribaltone”, con cui si è disattesa in passato l’indicazione della maggioranza espressa dagli elettori.
Questa possibilità diverrà però soltanto teorica: l’esperienza insegna che nessuna “democratura” è stata rovesciata mediante l’esercizio del suffragio popolare.
Anche ammesso che i personaggi come Erdogan non facciano ricorso ai brogli elettorali, quanto rende irreversibile il loro potere è la costituzione di un blocco sociale tanto ampio e consolidato da garantire a costoro la permanenza al potere.
L’ampiezza delle competenze attribuite al Capo ello Stato, ovvero – nel caso dell’Italia – al Capo del Governo, gli permette infatti di modificare a sua discrezione quelli che una volta si chiamavano – nel linguaggio politico di derivazione marxista – i “rapporti tra le classi”.
Il Sultano ha ripristinato il potere ecenomico – e dunque l’influenza – delle autorità religiose islamiche, assicurandosi così l’adesione delle masse contadine dell’Anatolia.
La Meloni ha già messo in cantiere un’operazione analoga, che beneficia un ben preciso settore della Chiesa Cattolica.
I giornali di oggi riferiscono che l’Azienda Sanitaria di Imperia ha escluso dalla gestione del reparto di Ginecologia la cosiddetta “cooperativa” cui esso era stato appaltato: naturalmente senza seguire la procedura della licitazione, e per giunta calpestando il principio in base al quale una funzione pubblica non può essere svolta da un soggetto di Diritto Privato.
Tanto i dirigenti dell’ASL quanto quelli della “cooperativa” devono essersi detti, come coloro che rompono un fidanzamento: “Siamo stati precipitosi”.
In effetti, gli uni e gli altri hanno messo il carro davanti ai buoi: presto avremo però una Legge nazionale che autorizzerà la prassi da loro prematuramente seguita.
Non occorrerà una legge Regionale, dal momento che la competenza in materia sanitaria è stata sottratta all’Ente Pubblico Territoriale, naturalmente nel nome dell’emergenza epidemica.
Se non fosse venuto il COVID, sarebbe stato necessario inventarlo.
Il primo attentato islamista consumato sul territorio italiano – Hamas lo ha già sinistramente preannunziato – permetterà a sua volta di ridurre i diritti politici, ed anche quelli individuali.
C’è già stato d’altronde il cosiddetto “Decreto Rave Party”, che – prendendo a pretesto i misfatti di qualche alcolizzato e/o drogato – rimette il diritto di riunione all’arbitrio dei Questori.
La situazione in cui si trova l’Opposizione è molto difficile: la necessità di difenderci dal terrorismo la costringa da un lato a fare causa comune con la maggioranza e col Governo; questo però la può indurre ad avallare la demolizione – già in atto - dello Stato di Diritto.
Come ci si può sottrarre a questo dilemma?
Garantendo la massima e doverosa lealtà nei confronti dello Stato, ma esigendo – proprio in base a tale atteggiamento – che la Costituzione non venga modificata: né menomando le competenze degli organi elettivi, né limitando i diritti dei cittadini.
Un esempio di come si sarebbe dovuto agire in questo modo ci è viene offerto da quanto avvenuto durante l’epidemia.
Quando il Governo avocò a sé – violando manifestamente la stessa Costituzione formale – la competenza tanto legislativa quanto amministrativa in materia sanitaria, i “Governatori” dovevano offrire l’impegno a legiferare in modo uniforme, senza però accettare una menomazione delle loro competenze.
Ora la guerra sta per fornire il pretesto per operazioni analoghe: senza attendere l’espletamento della procedura volta ad emendare la Costituzione, e tanto meno l’entrata in vigore delle nuove norme.
Se alla Signora Schlein, alla quale - essendo elvetico – germanico – statunitense – non importa un fico secco della sorte degli Italiani, stesse almeno a cuore il destino dell’Occidente, dovrebbe proporre alla Signora Meloni la costituzione di un Governo simile al “War Cabinet” britannico.
Nel quale era Primo Ministro Winston Churchill, e Vice Primo Ministro Clement Attlee.
Questa soluzione garantirebbe l’unità nazionale necessaria per vincere la guerra, ma anche la salvaguardia delle istituzioni democratiche.
Ogni eventuale modifica della Costituzione verrebbe rinviata al futuro tempo di pace: qualsiasi emendamento introdotto in tempo di guerra si risolve in una diminuzione delle garanzie e dei diritti non limitata alla durata del conflitto, bensì destinata a rimanere permanente.
La condizione di tutto ciò consiste però nella condivisione delle ragioni per cui si combatte.
Questa condivisione si è manifestata da parte di molti iscritti e dirigenti del Partito Democratico, ma manca da parte della Segretaria.
Ora ci spieghiamo la fretta di chi voleva mettere il Partito nelle mani di una persona non iscritta, e per giunta quasi sconosciuta ai militanti: la quale professa un generico neutralismo, prendendo a pretesto la conduzione della guerra da parte del Governo israeliano.
Nella cui competenza non abbiamo alcun titolo per intrometterci, mentre ci riguardano le scelte del Governo italiano.
Che deve difendere lo Stato dal terrorismo, ma anche da ogni involuzione autoritaria.
Non essendo d’accordo sul modo in cui perseguire il primo di questi obiettivi, si lascia campo libero alle pretese della Meloni riguardanti il secondo.
Per giunta, si organizzano manifestazioni in cui si fa di ogni erba un fascio.
Le pensioni potrebbero essere disciplinate in modo più equo stando nel Governo, mentre non si capisce che cosa significhi riunirsi in piazza del Popolo nel nome della “Pace”.
La quale costituisce certamente un bene supremo, ma non lo si può raggiungere praticando la neutralità tra il torto e la ragione.
La macchina organizzativa del Partito è allo sbando, e mancano i soldi necessari per affittare gli autobus necessari per trasportare il parco – buoi fino a Roma.
Per non parlare della necessità di fornire ai militanti il classico “cestino”, comprensivo di una coscia di pollo, un panino al salame, una merendina e mezzo litro di minerale.
Ad Imperia, ciò risulta assolutamente impossibile, in quanto l’Azienda dei Trasporti deve usare i torpedoni “Gran Turismo”, affittati un tempo per le gite, sulle linee Andora – Sanremo e Sanremo – Ventimiglia: l’entroterra è ormai abbandonato a sé stesso.
Chi vuole andare ad applaudire la Schlein, dovrà dunque pagare il viaggio di tasca propria.
Saremmo curiosi di vedere chi è disposto a sopportare un simile esborso: tanto più che risulta possibile ovazionare Barbagallo rimanendo “in loco” e senza spendere un centesimo.
In piazza del Popolo, si stringeranno intorno alla Signora elvetico – germanico – statunitense i professionisti del corto residente nell’Urbe, tutti muniti – in quanto “de Sinistra” – della barba di ordinanza.
Qualcuno griderà naturalmente insulti antisemiti: chi non li condivide, stia alla larga.

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Mario Castellano  4/11/2023
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