C’è stato un tempo in cui i dirigenti della minoranza di lingua tedesca inclusa nello Stato italiano fin dal 1918 ...
C’è stato un tempo in cui i dirigenti della minoranza di lingua tedesca inclusa nello Stato italiano fin dal 1918, riuniti nel Partito Popolare del Tirolo Meridionale, si recavano periodicamente a Vienna non certo per prendere ordini, ma altrettanto sicuramente al fine di ascoltare l’orientamento della Nazione riconosciuta da Roma quale “Potenza Protettrice”, ed abilitata come tale a stipulare gli atti di Diritto Internazionale con cui i loro diritti venivano garantiti.
Il primo di questi atti fu il cosiddetto “Accordo De Gasperi – Gruber”, che permise non soltanto la costituzione della Regione a Statuto Speciale Trentino – Alto Adige – Tirolo Meridionale, ma anche il riconoscimento della specifica autonomia di cui godono distintamente le due Province da cui è composta.
La separazione di Bolzano da Trento fu la grande intuizione concepita da Sylvius Magnago, il Presidente per antonomasia dei Tirolesi Meridionali.
Il quale sostituì il vecchio ed irrealizzabile slogan “Los von Rom” con uno nuovo, che diceva invece “Los von Trent”.
Partendo dal presupposto – che avrebbe trovato conferma molti anni più tardi con l’atto finale della Conferenza di Helsinki – riassunto nel motto “L’Europa non cambia i confini per noi” per significare l’impossibilità di ogni disegno separatista, Magnago aveva anche capito come il disegno dei nazionalisti di Roma consistesse nell’annegare – per così dire – la minoranza di lingua tedesca in un ambito che l’avrebbe ridotta ad essere tale due volte: nello Stato italiano e nella stessa Regione.
Il parziale distacco da Trento valse a preservare i Tirolesi Meridionali da questa insidia, e per giunta portò dapprima i Trentini – che nei Paesi di lingua tedesca vengono chiamati Tirolesi di lingua italiana – a godere della stessa autonomia dei loro vicini, ed in seguito – per una eterogenesi dei fini che può sembrare strana soltanto a chi non conosca le vicende di quelle genti – a condividere la loro stessa aspirazione separatista.
Le motivazioni storiche – cioè, l’eredità asburgica – hanno finito col prevalere su quelle etnico - linguistiche.
L’Austria ha colto questo sentimento, includendo i Trentini nella estensione del suo passaporto a semplice richiesta.
Se da un lato questa decisione delle Autorità di Vienna va in direzione del separatismo, quella adottata dal Presidente della Provincia di Bolzano - il quale dopo le recenti elezioni amministrative ha intavolato trattative per la costituzione della nuova Giunta con la Destra di lingua italiana, scartando “a priori” la possibilità di negoziare con l’Opposizione democratica - procede nella direzione esattamente opposta.
È molto verosimile, anche se tale valutazione non è affiorata nelle dichiarazioni rilasciate tanto da parte austriaca quanto da parte sudtirolese dopo il suo recente viaggio a Vienna, che questa scelta non sia condivisa né dallo Hofburg – dove il Presidente è stato ricevuto dal Capo dello Stato - né dalla Cancelleria.
In Austria si ricorda bene la tensione causata nei rapporti con l’Occidente tanto dall’elezione di Waldheim – su cui si proiettavano le ombre di un passato nazista mai chiarito – quanto dalla costituzione di un Governo basato sull’alleanza tra i Popolari e l’estrema Destra di Heider:
in seguito, deceduto in un misterioso incidente stradale senza testimoni, che fece pensare ad un delitto di Stato.
Il Presidente Van Der Bellen è un verde, eletto grazie all’alleanza tra tutte le forze che temevano l’assunzione alla più alta carica dello Stato di un estremista di Destra, ed il Governo si basa su di un accordo tra Democristiani e Verdi, stipulato con lo stesso obiettivo.
Il centralismo della Meloni, così come la sua strisciante contrapposizione a Berlino ed a Parigi, si scontrano dunque logicamente con la diffidenza di Vienna.
Il malumore dell’Austria per quanto accaduto a Roma si è manifestato con vari segnali, dagli effetti pratici molto limitati ma espressivi di uno stato d’animo diffidente e timoroso.
Ricordiamo le restrizioni al passaggio del Brennero inflitte ai camion italiani mediante l’applicazione “stricto jure” delle norme europee contro l’inquinamento, nonché i controlli selettivi attuati sul confine: dove chi guidava una automobile con targa del Nord Est veniva accolto cordialmente, mentre gli altri italiani erano vessati dalla Polizia.
Vienna, in conclusione, non gradisce che i suoi protetti di Bolzano si mettano d’accordo per governare la Provincia con i Fratelli della Meloni.
Alla espressione di tale atteggiamento, il Presidente della Provincia ha risposto con il classico “Non possumus”, affermando che un siffatto accordo permetterebbe di riparare la decurtazione inflitta all’Autonomia di Bolzano da un anteriore Governo italiano.
Renzi si riprometteva addirittura – con la sua riforma costituzionale – di realizzare un taglio lineare delle competenze di tutte le Regioni: anche laddove esse costituivano precisamente il risultato di atti di Diritto Internazionale, come appunto nel Tirolo Meridionale.
Per giunta, cooptando nella Giunta i Fratelli della Meloni, il Presidente ritiene – o si illude – di frenare il centralismo del Governo di Roma.
Fatte le debite proporzioni, è come se un afroamericano aderisse al Ku Klux Clan con la scusa di attenuare il suo atteggiamento razzista.
Formuliamo al Presidente i migliori auguri, ma riteniamo che a Vienna si percepisca la situazione italiana con maggiore chiarezza.
Soprattutto tenuto conto delle tensioni con Parigi e Berlino: con questa ultima Capitale, l’Austria ha sempre coordinato le sue scelte di politica internazionale.
In particolare, quando offrì il proprio territorio per appoggiare gli Sloveni e i Croati contro Belgrado.
Vedremo a chi darà ragione la Storia.
Gli altri autonomisti alloglotti, quelli di Aosta, rimangono invece alleati con i Partiti nazionali della Opposizione.
Ciò che è avvenuto in Spagna testimonia della validità di tale scelta.
Quanto a noi, non avendo nessuno “status” giuridico da difendere, non abbiamo scelta.
Ciò che si è realizzato a partire dal 1945 per cancellare progressivamente la frontiera di Ponte San Luigi – come quella del Colle di Tenda, nel caso dei Cuneesi – minaccia di essere spazzato via qualora Salvini ripristinasse la politica fascista dei “Cannoni a Ventimiglia”.
Quando il “Capitano” esperì un primo tentativo in tal senso, ci ritrovammo tutti a protestare in piazza Massena, ed il Sindaco Estrosi fu molto chiaro nell’affermare che Nizza si mantiene fedele alla sua identità di transizione, così come all’azione politica conseguente.
Se poi dovesse affermarsi la deriva autoritaria evidenziata dal cosiddetto “premierato” – in pratica l’edificazione di una “democratura” personale – non rimarrebbe che varcare, anche fisicamente, il ponte sul Garavano.
Gli autonomisti liguri tendono dunque la mano ai Partiti della Opposizione italiana.
I quali però dimostrano proprio nella nostra zona il peggiore sbandamento, segnato dalle defezioni di tanti dirigenti: cui fa riscontro la rinunzia a contrastare i disegni della Meloni e del suo Proconsole locale.
Sappiamo di contare a Nizza e a Parigi sulla stessa simpatia che Vienna nutre verso quanti non svendono la causa dell’Autonomia per il classico piatto di lenticchie.
Che comunque non verrà ottenuto.

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Mario Castellano  22/11/2023
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