Dove e quando tutto viene politicizzato, si rischia la guerra civile.
Dove e quando tutto viene politicizzato, si rischia la guerra civile. In ogni società è inevitabile, ed è anche salutare, che convivano diverse opinioni, diverse appartenenze, diverse fedi e diverse culture. Il confronto deve però avvenire rispettando delle regole condivise, e soprattutto ricercando e valorizzando tutti gli elementi comuni. Il pluralismo non riguarda comunque soltanto la politica, e può succedere che in altri campi ci si aggreghi con persone che appartengono ad un Partito diverso dal proprio. Nel nostro Paese di adozione, si riteneva invece che le divergenze ideologiche dovessero necessariamente riflettersi perfino sul piano scientifico. Il precedente più illustre era costituito da Lysenko, un ciarlatano incoraggiato da Stalin che pretendeva di applicare alla Biologia la dottrina marxista: con il risultato che la Russia non ha ancora recuperato il suo ritardo in questo campo della ricerca. Pur di sostenere la propria parte politica, e di dimostrare la loro lealtà al Partito dominante, alcuni sedicenti studiosi – tanto per prendere un esempio tratto dalla nostra disciplina – stravolgevano i principi del Diritto. Con il risultato di escogitare teorie strampalate, cui non erano in grado di fornire alcun fondamento. Quando il Presidente della Repubblica uscente, avendo perduto le elezioni, rifiutò di trasmettere il mandato al suo successore, il Presidente della Corte Suprema affermò – per giunta molto polemicamente – che in Diritto Pubblico l’atto dovuto può essere condizionato. Si dà però il caso che i principi giuridici siano connessi tra di loro come le pietre da cui è composta una volta: se ne cade una, crolla tutta la costruzione. L’osservanza del principio del diritto acquisito, in base al quale nessun soggetto può essere privato – neanche per effetto di una norma successiva - di un diritto soggettivo una volta compiuti i requisiti richiesti dalla Legge affinché esso venga costituito, comporta in molti casi precisamente l’emanazione di un atto dovuto. Molti anni dopo questa “querelle” – che si concluse con il riconoscimento della pretesa di condizionare uno di tali atti – successe che alcuni cittadini, pur avendo maturato i requisiti richiesti dalla Legge per ottenere la pensione di anzianità, se la videro negare. Costoro insorsero violentemente, riattizzando una guerra civile sopita, ma mai effettivamente terminata. Le cui ragioni erano in realtà ben più profonde, per cui questa protesta costituì soltanto la causa occasionale della ripresa delle ostilità. Il fatto però che essa venisse determinata proprio da tale pretesto dimostrò “a posteriori” quanto gravi fossero le conseguenze dell’incauta presa di posizione espressa da un giurista che – per rispetto del suo ruolo istituzionale – avrebbe dovuto difendere i principi fondamentali del Diritto, e non già stravolgerli. In un altro caso, un membro della Corte Suprema mise a verbale il proprio dissenso da una sentenza che annullava l’atto amministrativo con cui era stato espropriato un immobile. Fin qui nulla di strano, ma questo Giudice motivò il suo diverso avviso asserendo che tale annullamento risultava in contrasto con la linea del suo Partito. Con il che dimostrò ad un tempo la sua ignoranza del Diritto e la sua sfacciata parzialità. Ora in Italia si asserisce – da parte della Signora Schlein e Compagni – che un omicidio motivato dalla gelosia è stato causato dalle norme poste a tutela della famiglia, in quanto esse affermano il modello della famiglia patriarcale. Se la Signora Schlein, facilitata dalla sua ottima conoscenza delle lingue straniere, comparasse le Leggi italiane in questa materia con quelle straniere, constaterebbe che sostanzialmente non divergono da quelle vigenti negli altri Stati di cui possiede la cittadinanza. Questo vale fin da quando è stato giustamente cancellato l’istituto dell’Autorità Maritale, dato il suo manifesto contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza: anche, naturalmente, a prescindere dal sesso dei cittadini. Tale abrogazione ha comportato la modifica di tutto il nostro Diritto Familiare, per cui tra l’altro la Patria Potestà è stata sostituita dalla Potestà Genitoriale sulla prole, compartita tra i coniugi. Vorremmo dunque domandare alla Segretaria in quali norme vigenti ella ravvisi l’asserita tutela del carattere patriarcale della famiglia. Se la Signora elvetico – germanico – statunitense è in grado di indicarle, può fin d’ora contare sulla nostra adesione ad una campagna volta ad ottenerne l’abrogazione. Se poi vi sono degli uomini i quali – volendo affermare il proprio potere sulle donne – si ritengono autorizzati a commettere violenza su di loro, ciò costituisce una gravissima aberrazione, che però non trova nessun appiglio nelle Leggi vigenti. La gravità dei delitti commessi da costoro non giustifica comunque in nessun caso il razzismo anti-maschile, come naturalmente non è giustificato quello antifemminile. Queste tendenze si basano sempre sulla generalizzazione: poiché Al Capone era un delinquente, tutti gli onesti cittadini italo – americani vennero a lungo assimilati a lui, e ritenuti addirittura corresponsabili delle sue malefatte. La Signora Schlein risulta inoltre tanto ignorante in materia di Diritto che non conosce il principio fondamentale in base al quale la responsabilità penale è personale. Se questa responsabilità non si estende neanche ai più stretti familiari, tanto meno può coinvolgere i componenti dello stesso gruppo etnico, i fedeli della stessa religione o addirittura gli appartenenti allo stesso sesso. Nel caso del superamento del patriarcato – reso desueto dall’evoluzione della società – possiamo dire che il legislatore italiano ha in molti casi giustamente preceduto, anziché seguirla, l’evoluzione della concezione comune della famiglia. Paradossalmente, il fatto stesso – pur gravissimo ed ingiustificabile - che si commettano ancora tanti cosiddetti “femminicidi” lo conferma. Anche in questo caso, lo “jus conditum” adempie ad una necessaria funzione andragogica, anche se purtroppo vi è chi non ha ancora appreso la lezione. Quando si indicano indistintamente tutti gli uomini come complici – quanto meno morali – di un omicida, ciò significa che la contrapposizione tra le diverse istanze politiche, cercando ogni pretesto per polemizzare, minaccia di sfociare in una guerra civile. In cui chi è diverso – per convinzioni politiche, per origine o per religione – viene considerato per ciò stesso un nemico, a prescindere dai suoi comportamenti e dalle sue responsabilità personali. Secondo la Schlein, noi siamo degli assassini soltanto perché apparteniamo al sesso maschile. Che cosa direbbe la Signora se la considerassimo responsabile dell’eccidio di Marzabotto in quanto cittadina tedesca? La Segretaria risponderebbe sdegnata che è sempre stata antinazista. Noi, più modestamente, siamo sempre stati antimaschilisti. Se la Signora Schlein non ci crede, indaghi pure sulla nostra vita privata: alcuni suoi Compagni, d’altronde, lo hanno già fatto, e continuano a farlo sistematicamente: malgrado le norme di Legge poste a tutela della “privacy”. Ogni riferimento a certi nostri concittadini, di professione impresari teatrali, non è puramente casuale. È curioso che certi esponenti della cosiddetta “Sinistra”, i quali giustamente si indignano perché un balordo di Venezia ha ammazzato la fidanzata, non abbiano trovato assolutamente nulla da ridire quando i terroristi di Hamas hanno violentato e ucciso molte donne. Le quali, però, erano ebree. Alcuni hanno anzi esaltato tale gesto, considerandolo un eroico atto della Resistenza (?!). Non sono queste delle manifestazioni di razzismo? La Destra, naturalmente, ha anch’essa le sue colpe: la Lega considera da sempre tutti gli immigrati responsabili dei reati commessi da alcuni di loro. Si tratta, non a caso, di un Partito dichiaratamente razzista. Proprio per questo, converrebbe isolarlo, e non certo imitarlo. Si è invece cementata, intorno alla reazione al “femminicidio” di Venezia, quella “Union Sacrée” tra le forze politiche che non c’era stata dopo la strage avvenuta in Israele. Si invoca a furor di popolo un inasprimento delle pene, e l’introduzione dell’aggravante costituita dalla diversità di sesso tra l’autore e la vittima del reato. In linea di principio, si può accettare questo suggerimento, ma il Beccaria – e con lui tutto il pensiero criminologico – ammonisce che non è la gravità della pena, bensì la sua inesorabilità, a dissuadere dal commettere dei reati. Questo, però, la Meloni lo ignora, non avendo mai letto “Dei Delitti e delle Pene”. A quanto pare, non lo ha letto neanche la Schlein: i Tedeschi hanno elaborato una grande Filosofia, e proprio per questo tendono a disprezzare i pensatori stranieri. Sull’inasprimento delle pene si delinea però un pateracchio con la Meloni: nel nome della solidarietà tra donne, a prescindere dalle loro preferenze in materia sessuale. Perché questa rinnovata Unità Nazionale non si è stipulata quando la strage degli Israeliti ci ammoniva sul pericolo che corre l’intera civiltà giudaico – cristiana? Un omicidio commesso in Italia risulta per ciò stesso più grave di un massacro compiuto sull’altra sponda del Mediterraneo? Il movente razziale è forse meno grave di quello sessista? La Schlein si ritiene più tutelata in uno Stato Islamico? Ci voleva comunque un fattaccio che emozionasse l’opinione pubblica per giustificare l’accordo tra le due Signore. Dopo la finta Opposizione, viene la fine dell’Opposizione. I giornali hanno dedicato a tale scopo al delitto di Venezia più pagine che alla morte del Papa. Nei giorni precedenti, gli Italiani erano stati trasformati tutti in tennisti, essendo necessario distrarli: ora bisogna invece mobilitarli, e così divengono tutti Agenti di Polizia Giudiziaria. Speriamo che qualche paranoico non denunzi per “femminicidio” il vicino di casa solo perché da qualche giorno non si vede in giro sua moglie. La Destra afferma da parte sua che questi delitti avvengono perché la Sinistra ha disgregato la famiglia: fino al punto di legalizzare le Unioni Civili omosessuali. La rissa produce però, anziché la guerra civile, l’effetto di saldare in un unico fronte i due opposti schieramenti. Non già perché Annibale sia alle porte, o gli Austriaci siano arrivati sul Piave. Bensì perché si è trovato un altro nemico comune, nella persona del mostro “femminicida”. Come pretesto per introdurre nuove norme penali, questo risulta certamente più adeguato del “Rave Party”. Carlo Goldoni, concittadino dell’uccisore, scriveva delle Commedie. Oggi si ispirerebbe a quanto è accaduto per compilare una tragedia. La vera tragedia è però l’avvento della “democratura”. Guidata tuttavia da due donne: il cui sesso ottiene così il meritato riscatto.