I Democratici hanno stigmatizzato l’invito alla festa annuale dei Fratelli d’Italia di Abascal, ...
I Democratici hanno stigmatizzato l’invito alla festa annuale dei Fratelli d’Italia di Abascal, capo dell’estrema Destra neofranchista spagnola: in favore del quale la Meloni si era spesa generosamente a suo tempo, senza tuttavia poter impedire la sua esclusione dal Governo di Madrid.
Dove si è invece stipulata una alleanza tra tutti gli autonomisti regionali ed Partiti nazionali di Sinistra, fedeli al patto costituzionale su cui si è basata la transizione democratica.
A sua volta fondato sul riconoscimento di un principio che permette – sia pure in prospettiva storica – l’esercizio dell’Autodeterminazione: nello Stato spagnolo convivono diverse Nazionalità.
Ciascuna delle quali ha il diritto – se non di se cedere – quanto meno di sviluppare pienamente la propria identità.
Non a caso, l’accordo su cui si è composta la nuova maggioranza, che sostiene il Governo guidato da Sanchez, prevede che le lingue minoritarie possano essere usate anche nelle Istituzioni nazionali – a cominciare dal Parlamento – oltre che nelle istanze internazionali cui partecipa la Spagna.
I documenti dell’Unione Europea verranno dunque d’ora in poi tradotti anche in Catalano ed in Basco.
Né mancheranno i funzionari in grado di provvedere a questa necessità: il Governo della Generalità ha finanziato l’istituzione di Cattedre di Lingua e Letteratura Catalana nelle diverse Università straniere.
Le cui Autorità hanno gradito l’omaggio – tutte le spese sono infatti a carico di Barcellona – ed hanno accolto i Professori nei rispettivi Corpi Accademici.
Si conferma così il detto secondo cui una lingua è un dialetto che dispone di una Marina e di un Esercito: la Catalogna non dispone né dell’una, né dell’altro, ma non le mancano i mezzi economici.
Che vengono ora accresciuti grazie all’azzeramento del suo Debito Pubblico.
Tutto ciò dimostra che la Signora Meloni è perfettamente in grado di assecondare l’identitarismo italiano, ma non può impedire che altrove tale tendenza – anziché rafforzare il centralismo – produca l’effetto esattamente contrario.
Questo dipende dall’esistenza e dalla effettiva rappresentatività delle forze che la esprimono nelle diverse situazioni.
La conclusione del Consiglio Europeo ne fornisce una ulteriore conferma: l’Ucraina – essendo stato pagato il pedaggio preteso dall’Ungheria – si vede aprire la strada dell’adesione all’Unione.
Una volta ottenuto lo “status” di componente di tale Organizzazione Internazionale, scatterà in suo favore il Trattato vigente con l’Alleanza Atlantica in base al quale la partecipazione all’una equivale – per una sorta di proprietà transitiva – alla presenza nell’altra.
La Finlandia e la Svezia, grazie a questa norma, si trovavano già sotto l’ombrello della NATO, per cui la loro adesione ha avuto soltanto un significato politico: le conseguenze pratiche erano già in atto dal momento del loro ingresso nell’Unione.
A questo punto, Orban può benissimo opporsi ad un finanziamento diretto dell’Ucraina da parte di Bruxelles: il Rubicone viene passato nel momento in cui l’aggressione di questo Paese fa scattare le clausole di carattere difensivo derivanti tanto dai Trattati Europei quanto dal Patto Atlantico.
Il che conferma che l’Unione risulta ancora efficiente in materia di sicurezza, e ciò è quanto interessa agli Americani.
Ai quali viceversa non importa un bel nulla se gli Europei litigano sulle questioni finanziarie.
Questo anzi favorisce i disegni di egemonia degli Stati Uniti, basati sul “Divide et impera”.
La Meloni esce dunque rafforzata dal Vertice, avendo reso allo “Zio Sam” un duplice servigio: mentre le sue alleanze militari si estendono ad Est, il Patto di Stabilità non entra in vigore, ed il MES – come abbiamo già notato – slitta al 2024.
La Presidente del Consiglio privilegia dunque i rapporti transatlantici rispetto a quelli europei, mentre la debolezza di Bruxelles avvantaggia Washington.
Che ricambia i favori ricevuti dalla Meloni sostenendo il suo centralismo, a dispetto dei disegni di Parigi e di Belino.
Bisognerà ora vedere se Scholz e Macron sapranno far valere il rispettivo “droit de regard” sul Nord – Est e sul Nord – Ovest.
Mentre la deriva autocratica dell’Italia non preoccupa gli Americani, che anzi ne traggono vantaggio, essa può viceversa danneggiare gli interessi della Francia e della Germania.
Se i Democratici fossero ancora in grado di fare politica, cercherebbero una sponda a Parigi e a Berlino.
Bisogna però vedere se la Schlein risponde di più ai suoi referenti americani o a quelli tedeschi.
L’unica possibilità che rimane ai Democratici consiste comunque favorire i movimenti autonomistici regionali: tanto in Italia quanto all’estero.
“La Repubblica”, che ha sostituito “L’Unità” nel ruolo di loro organo ufficiale, si distinse invece a suo tempo per una campagna contraria alla causa della Catalogna.
Il giornale fondato da Scalfari è gemellato con “El Paìs”, a sua volta organo ufficioso della corrente centralista del Partito Socialista che fa riferimento a Felipe Gonzales
Il quale però è stato estromesso dalla dirigenza di questa forza politica, assunta da coloro che puntano viceversa ad allearsi con le forze regionaliste.
I Dirigenti del Nazareno non si rendono conto che stanno portando acqua al mulino della Meloni.
La causa del decentramento e quella della democrazia nell’ambito dello Stato sono invece legate l’una con l’altra: per cui “simul stabunt, simul cadunt”.
La Schlein, che dovrebbe raccogliere l’eredità tanto di Gramsci quanto di Sturzo, ignora evidentemente – il che non ci meraviglia, trattandosi di una persona la cui cultura politica non ha nessuna radice italiana – come a partire dall’Unità la battaglia per la democrazia e quella per il decentramento abbiano sempre coinciso.
Difendere la democrazia senza tenere conto delle istanze autonomistiche risulta illusorio, particolarmente nel caso del nostro Paese.
Non basta, di conseguenza, denunziare il proposito dichiarato da Abascal di impiccare Sanchez senza neanche processarlo.
Occorre viceversa capire l’origine di questa presa di posizione, basata sulla esaltazione dell’identitarismo spagnolo.
Che non si impone precisamente in quanto vi è chi si dimostra in grado di difendere le identità regionali.
I Democratici dovrebbero dunque stipulare una alleanza con i movimenti autonomisti attivi in tutta l’Italia ed in tutta l’Europa Occidentale.
Vediamo invece i loro dirigenti locali gettarsi sulla torta del cosiddetto “Arredo Urbano” e su quella delle opere annesse alla “Pista Ciclabile”.
Nella “Corte dei Miracoli” del nostro Municipio c’è posto per ogni sorta di mercanti: dai guidatori di veicoli senza pilota (esempio da manuale di contraddizione in termini) agli addetti al rimboschimento, per non parlare – “ça va sans dire” - dei redivivi venditori di selvaggina per il ripopolamento.
Tutti costoro costituiscono l’equivalente locale delle “cordate” di “imprenditori” arruolati nel seguito della Meloni.
Per caricarli a bordo, il treno dei Fratelli d’Italia – anziché arrivare in orario, come al tempo del “Duce” – effettua perfino delle fermate straordinarie.

Se il Partito Democratico non offre loro un sostegno adeguato, i vari Gentiloni e Draghi finiranno per essere non già dei soggetti in grado di guidare l’Italia da Bruxelles, quanto piuttosto degli esiliati di lusso.
Negli Anni Venti, il Conte Sforza, che all’epoca era Ambasciatore a Berlino, si dimise dal nostro Servizio Diplomatico denunziando che la deriva autoritaria impressa all’Italia da Mussolini avrebbe portato inevitabilmente l’Italia a confliggere con l’Europa.
Il che avvenne puntualmente nel decennio successivo.
Gentiloni e Draghi dovrebbero lanciare oggi lo stesso grido di allarme.

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Mario Castellano  15/12/2023
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