Nelle “democrature”, l’Opposizione fa finta di esistere, ...
Nelle “democrature”, l’Opposizione fa finta di esistere, e di conseguenza si limita a simulare l’espletamento del suo ruolo.
Se vi è un aspetto della politica del Governo Meloni che una forza autenticamente democratica dovrebbe assolutamente respingere, e contrastare con la massima energia, non è tanto il suo autoritarismo, quanto piuttosto il centralismo.
Tutte le culture politiche confluite nel Partito Democratico avevano una radice autonomista: erano infatti tali sia Don Sturzo, sia Gramsci, sia Turati.
I primi due, originari l’uno della Sicilia e l’altro della Sardegna - cioè, delle due Regioni più marginali e più assoggettate alla condizione di colonie interne dello Stato unitario – intendevano correggere, promuovendo per l’appunto le Autonomie Locali, la degenerazione centralistica propria della Monarchia sabauda.
I Socialisti, dal canto loro, esprimevano le Amministrazioni Comunali della gran parte delle Città dell’Italia Settentrionale e Centrale: la cui occupazione mediante la forza, seguita dalla sostituzione con Commissari Prefettizi nominati da un Governo già asservito al Fascismo, costituì l’antefatto della Marcia su Roma.
Se dunque una critica si doveva formulare da parte della Sinistra nei confronti della Legge sulla cosiddetta “Autonomia Differenziata”, avrebbe dovuto consistere nella sua demistificazione.
La Lega aveva rinunziato ben presto al suo iniziale separatismo, non già fondato sulla rivendicazione degli “Antichi Stati” preunitari, bensì sulla tentazione di riesumare – come notò argutamente Giulio Andreotti - i nefasti della “Repubblica Sociale”, staccata dall’Italia nel nome del contubernio con i nazisti.
Il nuovo pretesto della secessione consisteva nel dividersi da un asserito Governo “comunista”, instaurato a Roma.
La vita della “Padania” sarebbe dunque risultata altrettanto effimera quanto quella della Germania dell’Est o del Vietnam del Sud: entrambe entità sostenute da un occupante straniero ed affidate ai suoi collaborazionisti.
Nel caso di Bossi, il tentativo di farsi sostenere dalla Germania era però fallito sul nascere, essendo i Tedeschi impegnati a sostenere l’Indipendenza delle Repubbliche ex Jugoslave: le quali fondavano la loro rivendicazione su basi ben più solide.
Le pagliacciate inscenate a Venezia, dove – nell’inerzia della Polizia – era stata per ben due volte oltraggiata la Bandiera dell’Italia, prima sostituendola con quella della “Padania” e poi esortando a metterla “nel cesso”, hanno avuto un seguito con la patacca approvata nei giorni scorsi dal Parlamento nazionale.
Se si fosse trattato di una cosa seria, si sarebbe provveduto mediante un Decreto del Presidente del Consiglio.
Mentre però a Palazzo Chigi si legifera, occorre che i Deputati e i Senatori abbiano qualche pretesto per passare il tempo (e per giustificare i loro lauti emolumenti).
Che cosa prevede la Legge sulla cosiddetta “Autonomia Differenziata”?
Che il Governo è autorizzato a negoziare con le Regioni a Statuto Ordinario un ampliamento delle loro competenze.
In realtà, questa trattativa si era già svolta - arenandosi immediatamente - dopo il voto nei Referendum indetti dal Veneto e dalla Lombardia.
La Liguria si era limitata ad adottare una mozione unanime del Consiglio Regionale.
I suoi abitanti sono infatti noti per essere molto tirchi.
Che però venne meno allorché una delegazione “bipartisan” accorse a Roma, riempiendo gli alberghi ed i ristoranti (naturalmente di lusso) dell’Urbe precisamente al fine di rivendicare nuove competenze per via Fieschi: o meglio, per piazza De Ferraris, essendo stata acquistata (crepi l’avarizia!) la sede già dell’Italia Navigazione.
I delegati genovesi, di cui i maligni insinuano che fossero accompagnati da alcune avvenenti Signore (prive però della qualifica di Assessore, di Consigliere o di Funzionario), ripeterono la figuraccia rimediata dai loro antenati in occasione del Congresso di Vienna, da dove ritornarono con l’assicurazione della sopravvivenza della Repubblica.
In loro assenza, veniva intanto decisa la sua annessione al Piemonte.
La Presidenza del Consiglio, in tempi più recenti. non aveva opposto ai Liguri un diniego in linea di principio alla discussione delle loro istanze, rinviandola però al Governo successivo.
Segno, questo, che la trattativa non aveva comunque bisogno di essere autorizzata da una Legge apposita.
Ammesso però - e naturalmente non concesso - che una Regione ottenga l’assenso del Governo all’ampliamento delle materie di sua competenza, ciò richiede comunque un emendamento della Costituzione.
Che non dipende dall’Esecutivo, bensì dal Legislativo.
Come sanno tutti gli studenti del Primo Anno di Giurisprudenza, ma non gli Uffici Legali dislocati da Bolzano a Reggio Calabria.
Per giunta, è stata posta dalla nuova Legge una condizione formalmente non impossibile (per cui non “vitiatur”), consistente nell’accertamento della disponibilità finanziaria: che naturalmente viene rimesso al Governo.
In pratica, Roma dirà alle Regioni: “Vorrei riconoscervi una maggiore autonomia, ma poiché il suo esercizio richiede un ulteriore trasferimento di fondi - ed io non ho il becco di un quattrino - purtroppo non vi posso accontentare”.
L’Opposizione, invece di denunziare questa mistificazione, ha contribuito a farla passare per vera, mettendosi a cantare in aula (a beneficio di telecamere) l’Inno di Mameli per dimostrarsi contraria ad una secessione che non esiste neanche nelle fantasia di Bossi.
Se ai Democratici importa la difesa ad ogni costo della Costituzione, perché non hanno reagito quando essa veniva violata – per giunta mediante un Decreto del Presidente del Consiglio – sottraendo alle Regioni la competenza in materia sanitaria?
Intanto, ad Imperia, Bracco entra coi suoi seguaci nel Partito Democratico.
Non però nel senso fisico dell’espressione, dal momento che l’Ispettore dovrebbe forzare la serratura.
Tale comportamento non si addice ad un Tutore dell’Ordine Pubblico, trattandosi di Violazione di Domicilio.
Se anche lo commettesse, Bracco si troverebbe comunque come il protagonista de “L’anno scorso a Mariembad”, perduto “in questi saloni, immensi, barocchi” e naturalmente vuoti.
Si potrà obiettare che il suo ingresso segna comunque la presa del Potere, come l’irruzione di Bolscevichi nel Palazzo d’Inverno, anch’esso deserto.
Quale Potere, povero Ispettore?
Neanche uno degli iscritti della “Vecchia Guardia” è disposto a seguirlo.
Il settore più estremo, che marcia dietro le bandiere di Hamas invocando la distruzione dello Stato di Israele, fa riferimento alla Moschea di via Santa Lucia.
La fazione più “moderata” si rivolge invece al Municipio, avendo formalizzato una scelta già “in nuce” fin dalla fondazione del “Partito della Selvaggina”, cioè l’adesione formale alla parte politica opposta.
La quale dedica il “”Giorno della Memoria” non già agli Israeliti vittime dell’Olocausto (qualche Imam potrebbe aversene a male), bensì ai caduti cui si ispira il settore “resistenziale” dell’ex Partito Comunista.
Giunge intanto notizia che lo spettacolo di Capodanno a Diano Marina, costato quarantaduemila Euro - questa volta gli abitanti del Capoluogo hanno fatto la classica figura dei parenti poveri, dovendosi accontentare di qualche botto, definito pittorescamente “piromusicale” – è stato organizzato dallo stesso personaggio insignito mesi or sono di un prestigioso Premio da parte della “Sinistra”.
Si vive un clima di generale riconciliazione.
Perfino Toti e Scajola si abbracciano, celebrando – “ça va sans dire” – una cena.
Che però non si è svolta da “Braccioforte”, essendo questo ristorante in ferie.
Il titolare ha così commentato nella sua lingua: “C’è proprio di bisogno che si facci la cena d’in tanto che io sii chiuso?”.

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Mario Castellano  1/2/2024
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