Da parte degli Evangelici si è nuovamente invocata l’abrogazione – o meglio la denunzia – del Concordato.
La motivazione consiste nel fatto che questo atto di Diritto Internazionale, una volta ratificato dall’Italia, trasforma la Repubblica in uno Stato confessionale, determinando una dispartità tra la condizione giuridica dei Cattolici e quella dei seguaci di altre religioni, come pure – ci permettiamo di aggiungere – di quanti non appartengono a nessuna religione.
Il motivo per cui auspichiamo in prospettiva storica, in qualità di cattolici liberali, una regolamentazione unilaterale della materia religiosa da parte dello Stato – che garantisca, naturalmente, la più ampia libertà di culto e di coscienza per tutti – consiste nella necessità di liberare la Repubblica da ogni influenza esterna: la quale potrebbe, si pure ipoteticamente, indurla a vulnerare il principio di eguaglianza.
Ciò detto, ripetiamo che si tratta di una prospettiva di lunghissimo periodo.
Nell’immediato, lo Stato – se intende salvaguardare la pacifica convivenza tra i consociati – deve necessariamente prendere atto della posizione espressa dalla Santa Sede, che riflette anche l’orientamento proprio della gran parte dei Cattolici: in base al quale la Chiesa in tanto ritiene pienamente tutelati i propri diritti in quanto essi vengano per l’appunto sanciti e regolati da un atto di Diritto Internazionale.
Questo atteggiamento si spiega con una preoccupazione speculare alla nostra, vale a dire il pericolo che una normativa disposta unilateralmente risulti limitativa della libertà di culto e di coscienza.
Lo “status” giuridico della Chiesa Cattolica, in tutto il periodo compreso tra l’Unità e la stipula dei Patti Lateranensi, non fu in verità caratterizzato da alcuna sostanziale persecuzione.
Quanto la Santa Sede lamentava – a parte la violazione del Diritto Internazionale causata dall’annessione al Regno dello Stato Pontificio - era piuttosto il cosiddetto “animus” anticlericale ereditato dal Risorgimento.
Che non impedì tuttavia l’emanazione della Legge detta “delle Guarentigie”, la quale garantì l’indipendenza della Santa Sede da ogni ingerenza del Potere Temporale.
E che – nelle disposizioni inerenti ai luoghi fisici in cui risiedevano il Papa e la Curia - venne a ben vedere sostanzialmente riflessa nel Trattato del 1929: con il quale ci si limitò a trasformare in sovranità simbolica la condizione di extraterritorialità ad essi conferita nel 1871.
L’esempio offerto dagli Stati Uniti dimostra come in uno Stato di Diritto la libertà religiosa non corre alcun pericolo: il suo principale presidio non è costituito infatti tanto dall’attaccamento dei cittadini alla propria rispettiva Fede quanto dalla coerenza delle Istituzioni con i loro stessi principi ispiratori.
Ciò che è avvenuto altrove, specialmente nei Paesi del cosiddetto “Socialismo Reale”, prova tuttavia che in certe situazioni questa libertà può essere viceversa conculcata da parte dello Stato.
E’ facile rispondere che tale vulnerazione era causata precisamente dal suo carattere ideologico, quale non si riscontra viceversa in nessuno dei Paesi Occidentali.
Dove non si lamenta nessuna offesa ai diritti, tanto individuali quanto collettivi, riconosciuti ai credenti.
Non resta comunque che prendere atto della posizione di principio espressa dalla Chiesa Cattolica: tale fu d’altronde la scelta compiuta dai Costituenti quando inserirono nella nostra Legge Suprema il famoso articolo 7.
Salvaguardando con tale decisone la pace civile.
Da parte evangelica si è invece recentemente affermato, come già detto, che la stessa vigenza del Concordato conferisce allo Stato un carattere confessionale.
Se così fosse, non avremmo né la Legge sul divorzio, né quella sualla interruzione volontaria della gravidenza, né quella sulle cosiddette “unioni civili”; e neanche la sentenza della Corte Costituzionale con cui - usando surrettiziamente ed irritualmente la sua Giurispudenza quale Fonte del Diritto – si è introdotta nel nostro Ordinamento Giuridico l’eutanasia passiva.
Tutto ciò ha preceduto, nel caso del Divorzio, oppure ha fatto seguito alla revisione del Concordato stipulta nel 1984.
Il testo del 1929 connotava indubbiamente il Regno d’italia come uno Stato confessionale: sia dichiarando “Ufficiale” la Religione Cattolica, sia obbligando il Regno ad accettare il precetto inerente l’indissolubilità del matrimonio, sia soprattutto riservandone lo scioglimento ai Tribunali Ecclesiastici.
L’Ialia non è dunque più da tempo uno Stato confessionale, ed anche noi Cattolici liberali possiamo aggiudicarci una parte del merito di questa trasformazione.
C’è però una ragione per cui riteniamo errato porre il problema del superamento del regime concordatario nell’attuale fase storica.
I Patti Lateranensi, se ebbero il pregio di segnare la rinunzia definitiva della Chiesa alla restaurazione dello Stato Pontificio, risultarono tuttavia nefasti avendo rafforzato il Regime Fascista: che potè ridurre la Chiesa al rango di una delle sue numerose organizzazioni di massa.
Le quali avevano il compito di disciplinare ogni aspetto ed ogni momento della partecipazione
degli Italiani alla vita civile.
Ciascuno veniva irregimentato dal Partito fin dall’età prescolare, quando veniva arruolato nei “Figli della Lupa”, per poi passare agli “Avanguardisti”, al “Premilitare” ed al Militare: fino a culminare la propria vicenda personale nell’adesione forzata al Partito.
Per effetto del Concordato, ci si trovò costretti ad esprimere un consenso obbligatorio al Regime anche nel compiere gli atti di culto.
Dove il prete completava l’opera di indottrinamento politico già svolta nelle altre sedi.
Del tutto diversa è la situazione attuale, in quanto la “democratura” non dispone degli strumenti giuridici propri della dittatura.
Quest’ultima controlla infatti, inquadrandoli nelle proprie organizzazioni, i vari soggetti sociali: al tempo del “Duce”, i lavoratori dipendenti dovevano essere iscritti ai Sindacati Fascisti, ma anche gli imprenditori avevano l’obbligo di aderire alle Corporazioni.
Oggi, invece – essendo ridotto ad una “fictio juris” l’esercizio dell’Opposizione nelle sedi istituzionali - la trincea in cui si esercita la resilienza contro il nuovo Regime è costituita dalla rappresentanza dei diversi soggetti sociali.
Non a caso, la Meloni cerca di piazzare persone di sua fiducia alla guida delle organizzazioni di categoria.
Quanto avvenuto tra i Coltivatori rivela che qualcuno capisce questo gioco, e lo rifiuta.
I “Trattoristi”, anche se la loro protesta è risultata effimera, hanno quanto meno proclamato ad alta voce che i dirigenti della “Coltivatori Diretti” sono dei “venduti”: così li espressamente hanno definiti.
Se il Governo può giocare con simili forme di dissenso come il gatto col topo, alternando la carota delle concessioni parziali ed il bastone della repressione, questi metodi non funzionano altrettanto bene con i soggetti religiosi.
E’ vero – come abbiamo denunziato – che vengono privilegiati, nella assegnazione delle prebende, quelli più favorevoli al nuovo Regime, ma non si può impedire i Sacerdoti di rivolgersi alle coscienze individuali.
Il Concordato mette al riparo dalle rappresaglie quanti - precisamente nell’ambito del Clero - esprimono, incoraggiano e tutelano nei fedeli l’obiezione di coscienza.
Nel “Socialismo Reale”, il Paese da cui prese le mosse il cambiamento politico fu la Polonia.
Malgrado non vi fosse nessun Concordato, la Chiesa poteva supplire a questa mancanza grazie al suo radicamento ed al suo prestigio.
Sopravviveva dunque nella società un barlume di pluralismo, favorito dal fatto che la religione costituisce ancora, in quella particolare situazione, un fenomeno sociale.
Anche durante la transizione della Spagna dal Regime di Franco alla democrazia si produsse un fenomeno analogo: gli oppositori si facevano scudo del Concordato per riunirsi nelle sedi ecclesiastiche, e scrivevano sui giornali parrocchiali.
Se la censura li multava, si raccoglievano in Chiesa i soldi per pagare l’ammenda.
In Italia non è proibito riunirsi, almeno fino a quando il Decreto detto “Rave Party” non viene applicato “stricto jure”.
Si da però il caso che in luoghi come Imperia le sedi dei Partiti di Opposizione, invece di essere chiuse dalla Questura, vengono sprangate dai loro stessi dirigenti.
Per fortuna, si può può ancora andare in Chiesa: il che viene garantito precisamente dal Concordato.