Una esponente della Sinistra di indiscusso prestigio quale è Loretta Scaraffia, distintasi per avere svolto con sagacia e competenza il compito di “trait d’union” ...
Una esponente della Sinistra di indiscusso prestigio quale è Loretta Scaraffia, distintasi per avere svolto con sagacia e competenza il compito di “trait d’union” tra questo settore politico ed il Vaticano di Bergoglio, ha proclamato - dal palco della manifestazione organizzata per esprimere solidarietà con le donne israeliane stuprate e massacrate dai terroristi - che “il femminismo è finito”:
La nota giornalista de “L’Osservatore Romano” si riferiva ai contenuti dell’altra manifestazione, indetta da “Non una di meno”, nella quale si è viceversa esaltato l’operato dei terroristi di Hamas.
In seguito, i soliti studenti “de Sinistra” dell’Urbe si sono distinti per avere impedito al giornalista Parenzo – cui esprimiamo tutta la nostra solidarietà – di parlare alla Sapienza.
Questo collega doveva scontare – secondo loro - la colpa ontologica consistente nell’essere un israelita.
Sappiamo che cosa significa l’impedimento ad esprimere pubblicamente le proprie opinioni, sofferto nel nostro caso per essere cattolici: ci ricordiamo bene di quando l’ineffabile Segretario della Camera del Lavoro impedì che portassimo il nostro contributo alla manifestazione per la costituzione del Sindacato di Polizia, svolta ad Imperia nel 1975.
Dati questi comportamenti, era comprensibile che gli ultimi operai rimasti nella nostra Città rifiutassero di scioperare
Il collega Parenzo è stato apostrofato come “sporco sionista”, perifrasi del più tradizionale “sporco ebreo”.
Ciò conferma che non è finito il femminismo: è finita la Sinistra, nel momento stesso in cui smette di ripudiare il razzismo.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, ci eravamo illusi che il Movimento dei Lavoratori ritrovasse l’unità perduta per effetto della Guerra Fredda, ma soprattutto per la responsabilità assunta da chi scelse di schierarsi – come appunto il locale Segretario della CGIL – dalla parte di Stalin.
Per quale motivo questa illusione si è infranta?
Perché qualcuno – nella totale inerzia della Signora Schlein, che non ha espresso neanche la più blanda dissociazione - intende sostituire l’Unione Sovietica con Hamas.
Senza poter invocare come attenuante il prestigio goduto da chi aveva fatto la Rivoluzione di Ottobre ed aveva combattuto a Stalingrado.
Ora la rottura è possibilmente ancora più grave, perché non viene determinata da nessuna pressione esterna.
Sulla poltrona del successore di Gramsci non siede più “il Migliore”, proveniente dal Comintern, bensì una persona che dovrebbe identificarsi nella cultura liberaldemocratica europea.
La quale, venendo dal mondo germanico, dovrebbe ispirarsi pensiero di uomini come Bernstein, Bauer e Adler.
Le origini ideologiche della Segretaria devono essere invece ricercate nei cascami di una cultura terzomondista, che porta le persone come lei e come Alejandra Ocasio Cortez (la quale può almeno giustificarsi con le proprie origini latinoamericane) a considerare negativo tutto quanto costituisce l’eredità del pensiero occidentale.
Di qui deriva in particolare l’assimilazione – fondata su di una grossolana mistificazione della Storia – tra il Sionismo ed il Colonialismo.
Questa tendenza si chiama negli Stati Uniti “Cancel Culture”: anche se la traduzione a orecchio dall’inglese risulta inesatta, il suo risultato consiste precisamente nel cancellare il radicamento del Movimento dei Lavoratori nelle vicende più remote dell’Italia, fin dal processo di formazione dei Liberi Comuni.
La Sinistra, lungi dal riferirsi alle identità regionali, ripudia però anche quella italiana, lasciandone il monopolio alla Meloni.
La quale non cita mai lo Stato, né tanto meno la Repubblica, bensì soltanto la Nazione.
Quale che sia il punto di riferimento prescelto dai vari soggetti politici, la fine del femminismo coincide comunque con la fine del progressismo.
Per una donna musulmana che risiede in Occidente, il fatto di portar il velo – sempre che non costituisca il risultato di una coercizione – può costituire una affermazione della propria identità.
Possiamo però assimilarci ad un modello completamente estraneo alla nostra cultura, o non ci conviene viceversa – se vogliamo davvero partecipare al processo di emancipazione dei popoli – affermare l’identità cui apparteniamo?
Questo non significa naturalmente ricercare un conflitto etnico o religioso, ma ci metterebbe in grado di resistere all’autoritarismo ed al centralismo dello Stato nazionale.
La Todde ha già detto che regolerà per legge l’eutanasia passiva.
Noi ripetiamo quanto già scritto a proposito dell’illegittimità costituzionale per incompetenza di una simile norma: i diritti individuali non rientrano tra le materie che la Costituzione attribuisce alle Regioni.
Nell’inevitabile contenzioso con lo Stato, la Schlein – proprio in quanto concepisce la sua forza politica come il nuovo Partito Radicale di massa – dovrà tuttavia prendere le parti della ”Governatrice”.
Iniziando un processo di cariocinesi dello Stato, e soprattutto scontrandosi con la Meloni sul terreno del conflitto tra lo Stato e gli Enti Locali.
I nodi vengono comunque al pettine, ed un problema che si era creduto di fare uscire dalla porta rientra dalla finestra.
Quanto manca, da una parte come dall’altra - tanto a Roma quanto a Cagliari – è però il collegamento con i problemi sociali.
Su cui si gioca la conquista della egemonia, in quanto solamente questa scelta permette di unire nella lotta – come si diceva un tempo – soggetti diversi per cultura e per tradizione.
Molto prima che cadesse il Muro di Berlino, grazie al processo di distensione internazionale, eravamo riusciti a fare scioperare insieme gli operai comunisti e socialisti con i loro colleghi cattolici: nel nome precisamente della Giustizia Sociale.
Come si può viceversa credere di realizzare l’unità intorno alla causa di Hamas, che si propone esplicitamente non soltanto di distruggere lo Stato di Israele, ma anche di sterminare tutti gli Ebrei e di sottomettere all’Islam l’intero Occidente?
Una radicalizzazione della contesa politica su dei temi divisivi porta inevitabilmente alla sconfitta, ed una Sinistra eteroguidata da soggetti stranieri contraddistinti dal peggiore fanatismo si preclude la possibilità di governare il Paese.
Se la Schlein lo avesse capito, direbbe almeno una parola per dissociarsi da quanto si è gridato al corteo dell’Otto Marzo.
La Segretaria si guarda però bene dal farlo, illudendosi di avere ritrovato nelle piazze un seguito che ha perduto nella società, e dunque nelle urne.
Se la Sinistra ha vinto in Sardegna non è per merito della Signora elvetico – germanico – statunitense, bensì proprio perché ha saputo ritrovare nell’Isola un ancoraggio identitario che altrove la Schlein sta viceversa distruggendo.
Ad Imperia, in sintonia con gli indirizzi nazionali, il suo Partito si preoccupa di estendere l’habitat della grande selvaggina, propiziando ancora una volta gli affari di chi la spedisce da Belgrado.
Il vecchio Partito Comunista nominava negli Assessorati (guarda caso economici) gli importatori di questa mercanzia – che si è rivelata in seguito nociva per l’ambiente - ma si guardava bene dal pubblicizzare tale sostegno con iniziative pubbliche.
I suoi successori dimostrano di non avere lo stesso senso del pudore.

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Mario Castellano  10/3/2024
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