Abbiamo ascoltato in diretta, su Radio Radicale, la riunione – celebrata a Bruxelles - degli “Stati Generali” degli Italiani residenti in Belgio...
Abbiamo ascoltato in diretta, su Radio Radicale, la riunione – celebrata a Bruxelles - degli “Stati Generali” degli Italiani residenti in Belgio: da cui erano tuttavia esclusi i poveri minatori del “Pays Noir”.
Si trattava piuttosto dei nostri funzionari tanto dell’Unione Europea - secondi per numero solo a quelli del Paese ospitante - quanto dell’Alleanza Atlantica: cui va aggiunto il personale delle tre Ambasciate, inclusa quella in Belgio.
Più la pletora dei corrispondenti di tutti i nostri giornali.
Questa gente, come ci informano gli amici di Bruxelles, era – fino a ieri - quasi tutta “de Sinistra”.
Il romanesco è di prammatica, provenendo costoro in gran parte dall’Urbe: i Quiriti sono maestri nell’arte di occupare tanto le Amministrazioni Pubbliche quanto le redazioni.
A giudicare dagli applausi osannanti tributati alla Meloni ed a Tajani, si è verificata una conversione in massa, una “Via di Damasco” collettiva: se permane qualche dissidente, cerca di passare inosservato.
I motivi del repentino cambio di gabbana sono stati esposti dal Ministro degli Esteri, in un linguaggio tanto suadente e curiale nella forma quanto brutale nella sostanza: i vostri Capi – ha detto rivolgendosi alla corte dei funzionari – possono essere anche tedeschi o francesi, ma la carriera dipende dalle raccomandazioni del nostro Governo.
Tale ammonimento, dato il pubblico cui era rivolto, non risultava assolutamente necessario, ma il titolare della Farnesina ha voluto evidentemente vendicarsi su chi – quando era Commissario in quota berlusconiana – lo trattava da parente povero.
Perfino il Conte Gentiloni Silveri, pur essendo stato spedito a Bruxelles dal Centro – Sinistra, si è unito al plauso tributato alla parte politica opposta.
Probabilmente, il nobilastro papalino, originario – come il Marchese Rodano – delle Marche, non ha digerito il fatto che la segreteria del Partito gli sia stata soffiata dalla Schlein: “et pour cause”, come si dice per l’appunto in francese.
La transumanza del gregge di impiegati comunitari ad atlantici conferma quanto già si sapeva, e cioè che la Meloni è destinata a durare.
Rimaneva un problema: l’ideologia teoricamente dominante nell’Unione Europea era – o almeno così credevano gli ingenui – quella liberaldemocratica, con la variante cattolica democratica.
Risuonava inevitabilmente il richiamo ad “Adenauer, De Gasperi Schumann, cui faceva riscontro – da parte dei sinistrorsi più irriducibili – quello al Manifesto di Ventotene.
Il cui superstite firmario, Altiero Spinelli, venne a lungo considerato il nume tutelare dell’europeismo italiano.
Tale tendenza, abbandonate le velleità socialiste proprie di Colorni, aveva però assunto i colori grigi dell’ambiente bruxellese, intonati con il cromatismo proprio della “Morne Plaine”: che già risultò fatale per Napoleone.
Figurarsi per una classe dirigente in cui non si annovera un solo eletto dal suffragio popolare, ben lontana dalle glorie dell’Imperatore.
La Meloni è già considerata l’ospite d’onore nei convivi comunitari: se certi atteggiamenti eccentrici non venivano perdonati a Berlusconi, i cui modi da “parvenu” gli erano valsi perfino un rimprovero della Regina Elisabetta (in occasione di un ricevimento a Buckingham Palace il Cavaliere aveva parlato a voce troppo alta), da una Gentile Signora si tollera tutto.
Quanto viene messo in gioco non è però la forma, bensì la sostanza.
La quale nell’Europa Unita, ahimè, non esiste: la cultura liberaldemocratica, che nei Padri Fondatori era elemento costitutivo dell’identità, più ancora che dell’ideologia, è ormai ridotta a giaculatoria, ad omaggio rituale nei riguardi del passato.
Ciò è dovuto certamente all’immissione di soggetti levantini, la cui formazione è quanto di più remoto dalla radice franco – germanica, che include tanti gli illuministi d’Oltralpe quanto i filosofi della grande scuola idealista tedesca.
I Maltesi, i Ciprioti, i Bulgari e i Romeni si rifanno piuttosto alla tradizione bizantina: per cui si capirebbero meglio con Putin che con la von der Leyen.
Influisce però soprattutto il modo in cui la classe dirigente dell’Europa Occidentale è stata selezionata, contando di più – nella sua formazione – la matrice tecnocratica che quella filosofica.
La quale determina viceversa le scelte politiche.
La Meloni finisce per fare la parte del leone – pur essendo la meno istruita della compagnia - per due ragioni.
In primo luogo – duole constatarlo, ma è così – questa Signora possiede una identità: che negli altri manca, o risulta troppo sfumata.
In secondo luogo, la Meloni fa riferimento ad una ideologia, quella propria del nazionalismo italiano.
Probabilmente, la Presidente del Consiglio non ha mai letto Julius Evola, ma del pensiero del Maestro siciliano del tradizionalismo si sono nutriti i suoi consiglieri.
Tra cui fa spicco il musulmano Buttafuoco.
Il quale, essendo siciliano, è approdato all’Islam avendo assimilato la lezione storica di Michele Amari.
Partendo però anche dalla convinzione – condivisa con “Hamza” Piccardo (anch’egli originario dell’Isola) – che in ambito musulmano si è conservata la Tradizione.
La quale – come insegna anche la Massoneria – non si può ripristinare una volta interrotta la trasmissione dal Maestro all’Apprendista.
Se a questa identità di matrice mediterranea i Francesi e i Tedeschi sapessero contrapporre quella carolingia, ne verrebbe fuori un conflitto insanabile.
Che si stempera tuttavia in una sorta di “tarallucci e vino”: o meglio, dato l’ambiente bruxellese, di “tarallucci e birra”.
Da tale temperie esce vincente chi una identità la possiede.
Se però essa risulta molto attenuata in personaggi come la Von Der Leyen, Scholz e Macron, figurarsi che cosa succede nella platea anodina del funzionariato.
Quale sia la matrice ideologica della Meloni, i Mitteleuropei lo sanno benissimo: basta ascoltare i suoi discorsi, pronunziati tanto in pubblico quanto in privato.
Il compito di tenere a bada gli Italiani non le si attanaglia malgrado tale caratteristica - che la accomuna a Mussolini - bensì proprio in forza di essa.
Il Duce, una volta dominata l’Italia, prese però a “stramaledire gli Inglesi”, ed a disprezzare i Francesi.
Fece eccezione solo per i Tedeschi, essendo affascinato dal nazismo.
Amici di Bruxelles, che Dio ve la mandi buona!

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Mario Castellano  27/3/2024
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