Per quale ragione il Governo ha preso di mira il Sindaco di Bari?
Indubbiamente, l’invio da parte di Piantedosi di una Commissione Ministeriale incaricata in pratica di decidere se questo Comune debba essere “sciolto” – o più precisamente commissariato - per infiltrazione mafiosa, si giustifica con l’azione penale promossa contro due Consigliere passate dall’Opposizione alla Maggioranza e contro alcuni Funzionari.
Senza tuttavia riguardare il Sindaco De Caro: cui tuttavia si imputa tuttavia la responsabilità politica dei fatti posti “sub judice”.
Rimane tuttavia da domandarsi perché tanto accanimento nei confronti di un eletto che è giunto ormai al termine del suo secondo mandato.
Il copione che andrà in scena nelle prossime settimane è abbastanza prevedibile: la Commissione Ministeriale farà filtrare ai giornalisti compiacenti – la stampa di Destra già descrive il Primo Cittadino come un novello Totò Riina – una serie di indiscrezioni compromettenti.
La conclusione dell’indagine, ed a maggior ragione le conseguenti determinazioni del Ministro, verranno dopo le elezioni Amministrative, ma sono comunque in grado di determinare il loro esito.
Il messaggio che dal Viminale – per conto naturalmente di Palazzo Chigi – viene trasmesso ai cittadini di Bari suona più o meno così: se votate di nuovo per il Centro – Sinistra, il vostro Comune verrà commissariato non appena insediati i nuovi organi elettivi.
Il Capoluogo della Puglia è dunque destinato ad ingrossare il carniere delle Città governate dalla Destra.
L’obiettivo più importante è però costituito dalla figura del Sindaco uscente.
Il quale guida con una certa efficacia e con indubbio prestigio l’Associazione dei Comuni d’Italia, carica che dovrà lasciare – giungendo anch’essa alla fine del mandato – in autunno.
L’impronta che De Caro ha dato all’attività dell’A.N.C.I. non risulta tuttavia gradita alla Meloni, la quale intende propiziare un cambio di rotta di questo organismo.
Mentre la Conferenza – Stato Regioni vede da tempo immemorabile i “Governatori” allineati al Governo di turno – ed in particolare all’attuale, essendo ormai in grande maggioranza espressione della Destra - con l’Associazione dei Comuni sopravviveva un minimo di dialettica.
Questo era dovuto tanto alla personalità di De Caro – figura di indubbio spessore – quanto al fatto che le Città ed i paesi d’Italia, forti del radicamento derivante dalla loro tradizione e dalla loro identità, tendono a difendere maggiormente la propria Autonomia.
Le Regioni non solo si astengono – tranne in parte quelle più periferiche – dal difendere le rispettive prerogative, ma non fanno nulla per rivendicare la trasformazione dello Stato in senso federale: che costituisce paradossalmente l’unica possibilità per proiettare in una prospettiva storica l’Unità Nazionale.
La Repubblica assomiglia – “mutatis mutandis” – all’Impero Asburgico: la cui sclerosi lo rendeva incapace di mantenersi in vita.
Il centralismo della Meloni spiega dunque l’avversione della Presidente del Consiglio, e la tentazione di regolare i conti con un oppositore a suo modo intransigente.
Di qui l’iniziativa sanzionatoria intrapresa nei giorni scorsi, che non venne invece promossa – tanto per fare un esempio – quando l’inchiesta giudiziaria detta “Mafia Capitale” portò a pesanti condanne, passate in giudicato.
Sarebbe perfino troppo impietoso tracciare un paragone con Imperia, dove le norme sui contratti della Pubblica Amministrazione sono considerate ormai desuete: al punto che probabilmente i Funzionari non sarebbero più in grado di svolgere una licitazione, come i marinai delle navi a motore non sono più capaci di compiere le manovre con le vele.
Per non parlare del fatto che le Imprese cui vengono aggiudicati gli appalti risultano – per così dire – alquanto “chiacchierate”.
De Caro – “si parva licet componere magnis” – viene eliminato dallo scenario politico come in tutte le “democrature” si fa con gli oppositori, accusati in genere di reati non “politici”, quali l’evasione fiscale.
La Meloni si mostra anche molto abile nello scegliere i nemici veramente pericolosi, mentre quelli innocui, capaci soltanto di chiacchierare, non sono toccati.
La difesa di De Caro da parte dei dirigenti democratici è stata la classica difesa d’ufficio.
L’uomo – essendo stato eletto dai cittadini, a differenza della Schlein, nominata Assessore da Bonaccini – avrebbe potuto un giorno scalare la dirigenza del Nazareno.
Alla Signora elvetico – germanico - statunitense non spiace dunque che venga eliminato.
Il Partito, definito da Gramsci “intellettuale collettivo” (!?), non capisce nemmeno quale è la vera posta in gioco: che consiste nella “normalizzazione” delle Autonomie Locali.
Abbiamo già citato, a questo proposito, quanto avvenne con le Amministrazioni Comunali tra il 1921 ed il 1922, nei mesi precedenti la “Marcia sua Roma”.
Gli squadristi occupavano fisicamente i Municipi, e quindi i Sindaci venivano sostituiti da Commissari Prefettizi.
Ora non è neanche più necessario impiegare la violenza fisica: bastano le Commissioni inviate a Piantedosi.
A Roma, più in generale, non ci si rende conto della gravità della situazione in cui versa la grande Provincia italiana, dove da sempre si decidono le sorti del Paese.
Anche nel 1922 si credeva che quanto era stato possibile nei Comuni non potesse ripetersi per lo Stato.
Questa volta, invece, il processo di costruzione della “democratura” è iniziato proprio dalla Capitale.
Quanti compresero che cosa stava succedendo vennero eliminati fisicamente, come accadde per Gobetti, Amendola e Matteotti.
Ora non si procede neanche sul piano giudiziario, ma su quello amministrativo: dove le garanzie per la Difesa sono molto minori, e le procedure molto più veloci.
Anziché tutelare i dirigenti e gli eletti periferici, che mantengono quanto rimane del radicamento del Partito sul territorio, la Schlein si preoccupa però di prendere le parti di Hamas.
La Politica Estera è ridotta ad un parco – giochi per dirigenti inetti.
I quali neanche si accorgono dell’infiltrazione subita da parte della Destra.
Sotto la Prima Repubblica, tutti i Partiti – salvo i Comunisti – venivano riempiti di fascisti, dislocati nelle loro fila per influenzarli, ed anzi per eterodirigerli.
Ricordiamo come Lucio Brunengo – egli stesso transitato dal Partito Liberale alla Democrazia Cristiana – fece tesserare un noto dirigente del Movimento Sociale.
Osservammo che lo Statuto prescriveva in questo caso una procedura particolare, la quale esigeva un voto del Consiglio Provinciale.
Tanto più che l’infiltrato neofascista si era perfino dimenticato di restituire la tessera del Movimento Sociale.
Moncò poco che fossimo espulsi noi.
Ad un certo punto, questa moda contagiò anche i Comunisti: il Sindaco Berio nominò un Assessore iscritto a Forza Italia.
Ora il fenomeno è divenuto sistematico, e ricorda quanto avveniva nei Paesi del “Socialismo Reale” - e succede tuttora in Cina - dove i dirigenti dei gruppi fiancheggiatori sono iscritti segretamente al Partito Comunista.
La Merkel iniziò la sua carriera nella “Democrazia Cristiana” della Germania Orientale: da cui il sospetto – mai dissipato - che facesse anche parte della Polizia Politica.
Il responsabile del Partito Democratico del Golfo Dianese proviene da Forza Italia, come pure l’ex Segretario Cittadino di Imperia, il quale infatti invitava pubblicamente a votare per il Sindaco uscente: senza, per giunta, che ciò causasse un procedimento disciplinare.
Intentato invece contro la Consigliera del Veneto che si è astenuta – invocando l’obiezione di coscienza – sulla Legge Regionale che pretende di imporre l’eutanasia.
Ora un soggetto originario dello stesso Partito della Meloni è divenuto addirittura Segretario Provinciale.
Alexander Solgenitzyn scrisse una famosa lettera al Patriarca di Mosca per denunziare come i prelati ortodossi venissero designati dal Partito Comunista, e concluse che la sua Chiesa era la prima guidata da atei: noi abbiamo un Partito “di Sinistra” diretto dai fascisti.

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Mario Castellano  27/3/2024
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