Il discorso di Macron, il quale si è rivolto alla Nazione a reti unificate seguendo l’esempio dei suoi predecessori, a partire dal Generale De Gaulle,...
Il discorso di Macron, il quale si è rivolto alla Nazione a reti unificate seguendo l’esempio dei suoi predecessori, a partire dal Generale De Gaulle, ha preceduto il vertice del cosiddetto “Gruppo di Weimar”, che ha riunito anche il Cancelliere della Germania ed il Primo Ministro della Polonia.
Il Presidente intendeva evidentemente dare per scontato il suo esito, e confermare il ruolo di guida riconosciuto alla Francia dagli altri partecipanti.
Ambedue queste presenze si ricollegano anch’esse ai “topoi” della tradizione storica d’Oltralpe.
La Polonia ha sempre concepito un grande amore per la Francia: corrisposto o meno a seconda delle convenienze del momento.
Se Napoleone – complice la seduzione di Maria Walewska – diede l’Indipendenza al Granducato di Varsavia, nel 1831 Horace Sebastiani, Ministro degli Esteri di Luigi Filippo, gelò le speranze di aiuto degli insorti polacchi affermando che “il sangue dei Francesi appartiene alla Francia”.
Lo stesso atteggiamento venne assunto nel 1862 da Napoleone III.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, il Corpo di Spedizione francese del Generale Wiegand propiziò invece il “Miracolo della Vistola”, fermando l’invasione bolscevica.
Ora Varsavia può sperare che questo scenario si ripeta sul Don, allontanando la Russia dai suoi confini.
La Germania, fin da quando risultò chiaro – negli anni della Ricostruzione e del successivo “Miracolo” – il suo manifesto destino di gigante economico e di nano politico, impostole dagli Americani in seguito alla disfatta del nazismo, dovette affidarsi alla Francia per svolgere attraverso di essa un ruolo, sia pure subordinato, sullo scenario internazionale.
Dal patto stipulato tra De Gaulle e Adenauer, che si rifaceva all’Impero Carolingio, derivò infatti una sostanziale dipendenza di Bonn rispetto a Parigi.
Malgrado la riunificazione, e la successiva restaurazione di Berlino quale Capitale, questa situazione sostanzialmente permane.
Macron, naturalmente, ne approfitta - pur rispettando formalmente le prerogative di Scholz - per coinvolgerlo nelle proprie scelte.
Il Presidente non ha escluso la partecipazione delle truppe francesi alla guerra in Ucraina.
In attesa di varcare il Rubicone, costituito dalla dichiarazione formale di un intervento diretto, il Presidente ha costretto il collega tedesco a fornire i missili a lunga gittata, che Scholz era restio a concedere a Zelensky.
Questo segna di per sé un altro passo nella “escalation” verso un conflitto generalizzato.
Trovandosi già schierati sul campo i militari occidentali, l’impiego delle armi più efficaci non si spiega dunque tanto con la necessità di difendere l’Ucraina, quanto piuttosto con quella di non lasciare i propri soldati privi di mezzi adeguati.
Che poi questi mezzi siano difensivi od offensivi è questione di lana caprina.
Gli interventi nelle guerre vengono presentati sempre come necessari invocando precisamente il loro vero o asserito carattere difensivo.
Il discorso di Macron è risultato abile proprio quando ha indicato che cosa la Francia – e con essa tutta l’Europa Occidentale – sta difendendo.
Essendo ben conscio del fatto che la maggior parte dell’opinione pubblica è contraria alla partecipazione alla guerra, Macron non ha fatto ricorso agli argomenti di carattere ideologico - come la difesa della democrazia contro l’autocrazia - bensì alle ragioni di ordine economico.
Se molti tra i Francesi temono che mandando armi e soldati a Kiev si metta in pericolo il loro benessere, il Presidente ha rovesciato questo argomento, asserendo che l’assedio cui è sottoposta l’Europa Occidentale rischia di impoverirla.
L’argomento non è infondato.
Mentre Macron parlava alla Nazione, gli Huthi annunziavano di avere la possibilità e l’intenzione di colpire le navi in transito nell’Oceano Indiano: la circumnavigazione dell’Africa – oltre che costosa – diverrebbe a questo punto inutile.
La vittoria della Russia - ammonisce l’uomo dell’Eliseo – avrebbe l’effetto di stringere ancora di più l’assedio intorno all’Europa, condannandola ad una situazione di penuria e determinando precisamente quell’impoverimento che i suoi abitanti temono.
Se dunque da una parte la Francia mira ad assumere la guida del Continente, riallacciandosi al passato napoleonico e carolingio, dall’altra parte viene taciuta la verità.
Consistente nel fatto che ogni guerra – anche quando il suo esito è vittorioso – comporta nell’immediato gravissimi sacrifici.
Che si possono sopportare soltanto avendo coscienza della missione alla quali ci si dedica.
Churchill promise “lacrime, sangue e sudore” nel nome della difesa della Democrazia, e fu seguito.
dai suoi concittadini.
Per mobilitare gli Europei Occidentali non basta dunque ammonire che è in gioco il “Welfare”: occorre piuttosto fare riferimento alla loro identità comune.
Capiamo ora quanto sia stata sbagliata la scelta compiuta da Giscard, maestro e predecessore di Macron, quando omise di citare nella cosiddetta “Costituzione Europea” le radici giudaico – cristiane del Continente.
La scontro in atto contrappone delle identità: se Putin fa appello alla “Terza Roma”, ed alla funzione attribuita alla Russia da tutto il pensiero ortodosso dell’Ottocento quale redentrice dell’Occidente corrotto, occorre proclamare e dimostrare che l’Occidente non è tale.
Altrimenti, la nostra gioventù finisce per sbandare, andando in cerca di ispirazioni estranee alla propria cultura.
Ieri, gli studenti di Napoli hanno impedito a Molinari, Direttore de “La Repubblica”, di parlare all’Università, ritenendo erroneamente che si trattasse di un israelita.
Che avrebbe naturalmente avuto il pieno diritto di esprimersi anche se fosse stato realmente tale.
Giovanni Graziosi, il Direttore de “La Difesa della Razza”, nella sua paranoia vedeva Ebrei dappertutto.
Ora questa malattia mentale si diffonde come una epidemia.
Ancora una volta, i dirigenti della “Sinistra” non si sono dissociati – neanche nel modo più blando – dai facinorosi.
Non lo hanno fatto dopo l’Otto Marzo, e non lo faranno il Venticinque Aprile.
Quando verrà negata la realtà storica, in base alla quale furono gli Ebrei a pagare il prezzo più alto per l’oppressione nazifascista.
Che cosa spera di ottenere la Schlein comportandosi come Ponzio Pilato?
A parte l’esclusione dal Governo, che si rende necessaria per evitare una defezione dell’Italia dall’alleanza occidentale, la Signora elvetico – germanico – statunitense – in conformità con la sua condizione di apatrida – perde l’occasione di rappresentare una identità, e con questo si condanna all’irrilevanza.
Per quanto l’identità italiana sbandierata dalla Meloni risulti fittizia, ed offensiva della pluralità delle nostre tradizioni, la Presidente del Consiglio dimostra di averne una.
La “Sinistra” non è invece in grado di innalzare nessuna bandiera.
Neanche quella dell’Islam radicale, dietro la quale si allineano quanti manifestano a Roma e a Napoli in favore di Hamas.
Costoro – salvo che si convertano all’Islam – sono destinati da una parte ad emarginarsi dal “mainstream” europeo, e dall’altra parte ad essere scaricati dai loro occasionali alleati.
Quando esisteva il Comunismo, chi manifestava per il Vietnam poteva quanto meno sperare di ricevere un appoggio dai Paesi del “Socialismo Reale”: sia pure pagando il prezzo della subordinazione ideologica.
Oggi, invece, può soltanto fare la fine degli omosessuali di Gaza.
Che vengono precipitati dai grattaceli.

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Mario Castellano  27/3/2024
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