Molti anni fa, quando frequentavamo il Liceo “Cassini” di Sanremo, ...
Molti anni fa, quando frequentavamo il Liceo “Cassini” di Sanremo, avemmo modo di ricevere dal nostro Professore di Religione, il compianto Monsignor Alberto Ablondi, grandi insegnamenti non soltanto di cultura, ma anche di vita.
Una volta, assistendo una giovane proveniente da una situazione familiare difficile, noi allievi offrimmo di pagare tutto quanto serviva per le sue necessità materiali: si trattava peraltro di una cifra modesta ed accessibile.
Il Professore ci disse che non era opportuno provvedere integralmente, perché la madre della sventurata ragazza doveva ricordarsi dei propri doveri.
Questa storia ci è venuta in mente apprendendo del “diktat” imposto dalla Francia all’Italia in merito al pagamento delle spese necessarie per il ripristino della Ferrovia di Tenda.
Le Autorità di Parigi avrebbero potuto assumere l’intero onere, ma hanno preferito lasciarne una parte a quelle di Roma: le quali, essendo alleviate della gran parte delle spese, non hanno potuto tirarsi indietro.
Ci pare di scorgere in questa decisione la genialità politica del nostro amico Estrosi, il quale ha portato Oltralpe – con la sua mai rinnegata eredità genetica – l’antica sagacia dei Sovrani delle Due Sicilie, di cui era originario suo padre.
Sarebbe stato naturalmente possibile per la nostra controparte assumere l’intero onore delle opere da svolgere, ma la logica del Trattato del Quirinale – che ispira le mosse di Parigi, suggerite da Nizza - non è di carattere annessionistico.
È vero che il deperimento degli Stati Nazionali gioca in favore dei nostri partner, ma risulta anche indubbio che al di fuori di tale dinamica non sarebbe stato possibile arrivare alla stipula di questo fondamentale atto di Diritto Internazionale.
“Natura non facit saltus”, diceva un altro nostro Professore di Liceo quando ricordava come dalle nostre parti l’Italia sia attenui, e come peraltro dall’altro lato del confine si attenui anche la Francia.
Occorre dunque evitare i salti bruschi, i gesti che – sia pure risultando in una liberalità goduta dalle nostre popolazioni - potrebbero umiliare la controparte romana, inducendola a resistere alla tendenza in atto.
L’importante è – come sempre – lavorare affinché il confine venga progressivamente cancellato.
Poi sarà compito dell’economia, avendo come alleate la geografia, la storia e la cultura – in una parola l’identità condivisa – fare il resto.
Abbiamo notato che Rixi è stato ritratto avendo davanti a sé, sul tavolo cui sedeva con il Ministro Francese, la bandierina italiana.
Il pittoresco esponente del “Leghismo al Pesto” era stato a suo tempo fotografato con quella genovese – in realtà di maggiori proporzioni – ostentata sul suo banco di Consigliere nella “sala Rossa” di Tursi.
Troppo facile risulterebbe maramaldeggiare sui cambi di stendardo, ma ricordiamo all’ex separatista, ora convertito con Salvini al centralismo meloniano, che il sistema portuale costruito nel Medio Evo dalla “Dominante” andava da Ventimiglia fino a Lerici; e che Genova – pur essendo finita in una condizione di sostanziale vassallaggio rispetto alla Francia – non accettasse elemosine da nessuno.
L’ideale della Repubblica Marinara è stato però da tempo rinnegato: se Parigi valeva bene una Messa, Roma vale bene quarantanove milioni di euro.
È anche finito il tempo di Bo e di Taviani, quando si andava nella Capitale col cappello in mano. Ora si aspetta addirittura che qualcuno arrivi da Parigi a portare le elemosine.
Che sono tali per Rixi, ma non per noi del Ponente.
Se ci consideriamo cittadini della rinnovata Contea di Nizza, si tratta di quanto ci spetta di diritto.
L’accattonaggio lo lasciamo volentieri ai Genovesi.
A Sanremo, si prospetta una vittoria al ballottaggio di Mager su Rolando.
Berrino, avendo dovuto cercare un candidato tra i superstiti della Prima Repubblica, ha dimostrato con ciò stesso di non possedere il prestigio necessario per formare una classe dirigente.
I giovanotti, ormai attempati, che esibivano il loro neofascismo nei corridoi del Liceo Cassini e nei bar di via Matteotti, non sono mai stati in grado di esprimere una cultura.
Questo era già implicito nei loro “curricula studiorum”, contraddistinti da raccomandazioni e da promozioni a calci nel culo.
Se i sondaggi saranno confermati dal voto, si constata come il nuovo sistema partitico meloniano stenti a radicarsi su di un territorio in cui il neofascismo – nessuno meglio di noi può saperlo, avendo visto piantare le sue radici – non ha mai saputo andare oltre qualche squallida goliardata.
Roma è lontana, come è lontana anche Genova.
Montecarlo è invece vicina, ed il Principe, dopo aver annesso ai suoi feudi Dolceacqua, Seborga, Grimaldi e Ventimiglia, ha saputo trovare anche a Sanremo – la conquista più ambita – l’uomo giusto al posto giusto.
Cioè, un professionista serio, che non deve la sua posizione sociale a nessun commercio delle tessere.
Il Nove Giugno può dunque segnare un passo avanti importante verso la composizione di un’area politica, economica, culturale ed amministrativa transfrontaliera.
Se il Sindaco di Nizza si occupa delle infrastrutture, il Principe tesse i rapporti umani, necessari anch’essi in tale prospettiva.
Molto dipenderà dal voto della”Sinistra”, che – sia pure falcidiata – sarà comunque l’ago della bilancia.
I dirigenti di Sanremo hanno l’occasione per ripudiare definitivamente il mediocre trasversalismo mercantilistico alla Gino Napolitano, cui debbono imputare le loro attuali sfortune.
Se fossimo ancora ai tempi in cui l’Onorevole di origine calabrese spartiva la torta con Parise ed Assereto, Mager non avrebbe speranza.
Sanremo, però, non è Imperia: dove la “Sinistra”, rimasta ferma al “Superpartito” come in una capsula del tempo, sa solo offrire al Sindaco l’estensione dell’habitat della selvaggina.
Superare il trasversalismo richiede una rivoluzione culturale, avvenuta la quale si potrà edificare su basi nuove.
In molti casi occorre demolire per potere ricostruire.

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Mario Castellano  20/4/2024
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