In occasione della ricorrenza della Liberazione, ...
In occasione della ricorrenza della Liberazione, abbiamo udito e meditato ben quattro discorsi: quello pronunziato in Val di Chiana dal Presidente della Repubblica, quello del Prefetto, quello del Sindaco e quello del rappresentante dell’Associazione Nazionale dei Partigiani, il quale ultimo ha parlato a Milano.
Tanto il Capo dello Stato quanto il suo massimo rappresentante nella nostra Provincia hanno espresso lo stesso concetto, essendo probabilmente il primo l’ispiratore – sia pure indiretto - dell’orazione pronunziata dal secondo: la Repubblica trae la sua legittimità dalla Resistenza.
La Meloni ritiene invece che questo episodio della nostra vicenda nazionale costituisca l’inizio di un processo degenerativo, cui ha posto provvidenzialmente fine il suo avvento al potere.
Analogamente, durante il cosiddetto “Ventennio, il Re ripeteva – nelle circostanze ufficiali in cui gli toccava di rappresentare lo Stato – che il Regno traeva la sua legittimità dal Risorgimento.
Mussolini si presentava invece quale rappresentante di un nuovo Stato, sorto dalla “Rivoluzione Fascista” consumata il Ventotto Ottobre.
Mente la Monarchia continuava a celebrare lo Statuto, il Regime commemorava invece quest’altra data.
Essendo quello attuale una “democratura”, cioè un regime autoritario non dichiarato formalmente, si fa festa il Venticinque Aprile, mentre non si considera tale l’anniversario dell’avvento della “Sorella d’Italia”.
La quale poteva fare coincidere il proprio insediamento con il Ventotto Ottobre, ma ha preferito giurare in una data leggermente diversa: non omettendo tuttavia – come abbiamo maliziosamente osservato – di indossare in tale circostanza la camicia nera; il “Duce” si era invece recato al Quirinale in abito da cerimonia.
La Repubblica – come a suo tempo era avvenuto per il Regno - si trova nella stessa situazione di un figlio del quale si discute la paternità, ma che rimane comunque la stessa persona.
Le cui caratteristiche sono quelle di uno Stato autoritario e centralistico.
Per cui chi ne fa risalire l’origine alla Lotta di Liberazione rende a tale evento un cattivo servizio: come rendeva un cattivo servizio alla Monarchia chi, sotto il Fascismo, si ostinava a dire che lo Stato unitario era ancora quello fondato da Carlo Alberto concedendo lo Statuto.
Con tale documento si era inteso infatti costituire uno Stato liberale, mentre il Fascismo era – e si vantava di essere – uno Stato totalitario.
La questione posta dalla discrepanza tra Mattarella e la Meloni è comunque una questione di lana caprina, dal momento che il Presidente della Repubblica non ha nulla da obiettare dinnanzi all’attuale deriva autoritaria: iniziata d’altronde ben prima che la “Sorella d’Italia” ne raccogliesse i frutti, dedicandosi da parte sua ad accrescerli.
Tanto Mattarella quanto Sua Eccellenza il Prefetto vorrebbero farci credere che durante la Resistenza si combatté affinché il Presidente del Consiglio potesse legiferare mediante i suoi Decreti.
Questo non avveniva neanche al tempo della Monarchia, quando le prerogative del Parlamento venivano almeno formalmente rispettate.
Ci auguriamo che l’uno e l’altro quanto meno non credano alla bugia che raccontano.
Il Sindaco, uomo alieno dalle finezze diplomatiche, vi ha tuttavia fatto ricorso in questa circostanza, non pronunziandosi in favore della tesi sostenuta dalla Meloni, ma neanche facendo propria quella affermata da Mattarella e da Sua Eccellenza il Prefetto: secondo lui, la questione della paternità dell’attuale Stato rimane dunque irrisolta.
Per cui la Repubblica si trova nella infelice situazione di chi è figlio di “n. n.”.
Il Nostro Primo Cittadino deve barcamenarsi, come dimostra il suo atteggiamento salomonico riguardo alle prossime Elezioni: in Europa è Fratello della Meloni, mentre a Sanremo preferisce Mager al suo rivale, sostenuto dal Partito della Presidente del Consiglio.
Egli stesso, d’altronde, si è presentato ad Imperia come candidato “civico”, ed a Roma quale campione del Centro Destra.
Nixon si fece eleggere Deputato facendo credere ai Democratici che era democratico, ed ai Repubblicani che era repubblicano.
Ciò non gli impedì tuttavia di divenire Presidente degli Stati Uniti.
Mentre però Nixon aveva un brillante futuro davanti a sé, il Sindaco lo ha – come diceva Vittorio Gassman – “dietro alle spalle”.
Resta da esaminare il discorso del rappresentante dei Partigiani, che ha parlato a Milano, mentre ad Imperia la sua Associazione si è espressa – sia pure non ufficialmente - per bocca del Sindaco.
Con ciò segnando la conclusione ingloriosa della parabola del “Partito Trasversale”.
Nel cui ambito, i dirigenti dell’A.N.P.I rappresentavano i Comunisti.
In quell’epoca, però, le diverse componenti di tale consorteria fingevano ancora di litigare, e comunque si dividevano in occasione delle Elezioni: salvo poi naturalmente ricomporsi.
Scajola, invece, esige ed ottiene dagli ex Comunisti un appoggio esplicito: al punto che il Segretario Cittadino dei “Democratici” ha invitato gli iscritti a dargli il voto, ed altrettanto hanno fatto buona parte dei candidati approdati al Consiglio Comunale.
Il “Partito Trasversale” parla oggi con una sola voce in quanto per l’appunto non è più “trasversale”, essendosi formalmente unificato.
A Milano, invece, il rappresentante dei Partigiani (giova ricordare che l’ultimo Presidente della loro Associazione ad avere partecipato alla Resistenza è stato il Professor Smuraglia, cui è succeduto il Segretario di Cossutta) invita gli Ucraini e gli Israeliani ad arrendersi.
Poco male se questa fosse la linea dell’Associazione.
Ad essa aderisce invece sostanzialmente anche il Partito Democratico.
Che compie così una involuzione rispetto alla scelta, maturata fin dal tempo del Partito Comunista, di distaccarsi progressivamente dall’influenza esercitata da regimi estranei alla cultura politica occidentale, approdando ad una piena adesione alla democrazia liberale.
Se perfino Berlinguer aveva preso le distanze dall’Unione Sovietica, oggi si sostiene Hamas.
Che non ha nulla a che vedere con quella radice europea cui pure apparteneva il pensiero marxista.
Ci si trova dunque più arretrati rispetto al punto di partenza.
I dirigenti nazionali dell’A.N.P.I. succeduti a Boldrini, uomo convintamente fedele alla scelta euro-comunista, si sono dedicati a contrastare l’evoluzione revisionista maturata nel loro Partito di riferimento.
In modo particolare quelli di Imperia, per via dei loro rapporti con Belgrado.
Davanti a questa deriva, occorre porsi una domanda: da che parte si deve stare per mantenersi coerenti con l’eredità politica e morale della Resistenza?
La Resistenza combatté per la libertà dei popoli.
I seguaci della Meloni ricordano polemicamente come i Comunisti italiani approvarono la repressione dell’Ungheria.
È però doveroso ricordare a costoro, per onestà intellettuale, che il loro Partito si oppose - fino al punto di fiancheggiare i terroristi dell’O.A.S. - all’Indipendenza dell’Algeria, e sostenne il regime di segregazione razziale del Sudafrica.
La fine della “Guerra Fredda” avrebbe dovuto permettere a tutti di non farsi più condizionare dal proprio schieramento in politica internazionale, sostenendo ogni rivendicazione dell’Autodeterminazione, da chiunque venga espressa.
Questo principio non vale soltanto per chi rivendica l’Indipendenza, ma anche per chi la difende.
Come fanno oggi gli Ucraini e gli Israeliani.
Gli uni sono invasi da chi vuole sottometterli ad un regime fantoccio, gli altri vengono aggrediti da un soggetto che propugna non solo la distruzione dello Stato di Israele, ma anche un nuovo sterminio di tutti gli Ebrei.
Spiace constatare che oggi è una certa “Sinistra” a collocarsi dalla parte sbagliata.

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Mario Castellano  06/5/2024
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