Due notizie attinenti con la religione illuminano – più di tutte le chiacchiere sulle vicende dei Partiti – la situazione civile dell’Italia...
Tarquinio, già Direttore di “Avvenire”, cioè dell’organo ufficiale della nostra Conferenza Episcopale, dice di auspicare per l’Ucraina lo stesso futuro di Piazza della Pace Celeste: dove il problema del dissenso in Cina venne risolto dal regime comunista in modo radicale, uccidendo tutti quanti lo avevano manifestato.
Giulio Cesare, se non andiamo errati, mise in bocca ad un popolo sottomesso questa definizione dei Romani: “Ubi solitudinem faciunt, pace appellant”.
Sublimando poeticamente lo stesso concetto, Virgilio affermò che al fine di “regere imperio populos” è necessario “debellare superbos”.
Il che significa che ogni ordine, tanto più quando aspira – come nel caso ieri dell’antica Roma, ed oggi della Cina – ad essere universale, deve necessariamente imporsi con la forza.
Tarquinio appartiene a quella schiera di cattolici NON liberali che a suo tempo si tenevano alla larga dalla Democrazia Cristiana, o ne uscivano clamorosamente, non già in dissenso dal suo orientamento troppo conservatore, bensì perché non la consideravano abbastanza autoritaria.
La prova “a contrario” di tale motivazione della loro scelta consiste nel fatto che – una volta diventati comunisti - si opponevano ferocemente alla revisione ideologica di questo Partito in senso liberale.
Citiamo, a tale proposito, i casi di Melloni (detto Fortebraccio, ma da non confondere con l’omonimo ristoratore) e di La Valle.
Ora Tarquinio mette a nudo due verità, di cui una di carattere geopolitico, e l’altra di carattere per l’appunto ideologico.
La prima è che l’Esercito Russo, scatenato nel tentativo di sottomettere l’Ucraina, opera come avanguardia dell’Armata Popolare di Liberazione cinese.
Di cui il noto giornalista auspica evidentemente l’arrivo in Italia, come gli stalinisti a suo tempo sognavano quello dell’Armata Rossa.
Invece di dire “Ha da veni’ Baffone”, l’uomo potrebbe riassumere il suo pensiero con “A da veni’ Xi Jin Ping!”.
In ambedue i casi, l’auspicato Nuovo Ordine Rivoluzionario avrebbe le caratteristiche di una autocrazia: o meglio – il che spiega l’adesione di un cattolico come Tarquinio – di una teocrazia.
Nella quale nessun dissenso verrebbe tollerato, al punto che chi osasse manifestarlo sarebbe schiacciato dai carri armati.
Se gli stalinisti applaudivano al loro intervento a Budapest, ora c’è chi tardivamente plaude a quello avvenuto per l’appunto sulla Piazza della Pace Celeste.
Forse Tarquinio vede nell’accordo tra la Santa Sede ed il Governo di Pechino un esempio di quel regime confessionalista che altri – sull’opposto versante - vorrebbero invece vedere realizzato dalla Meloni.
A tale riguardo, qualche volonteroso Monsignore della Segreteria di Stato dovrebbe rammentare all’ex Direttore, abituale frequentatore dei Sacri Palazzi, quali motivazioni hanno spinto la Santa Sede a siglare un accordo con cui si sacrificano i Cattolici rimasti fedeli al Papa quando il regime comunista promosse la costituzione di una “Chiesa Patriottica” dichiaratamente scismatica.
Si trattò delle stesse ragioni in base alle quali Pio VII aveva firmato il Concordato con Napoleone del 1801, riconoscendo in entrambi i casi i Vescovi ordinati illegalmente e non in comunione con Roma.
Bisognava permettere ai Cattolici non aderenti alla Rivoluzione di pregare liberamente, sia pure ricevendo i Sacramenti da Sacerdoti che avevano partecipato alla loro persecuzione.
Si assiste dunque – specialmente nel caso dell’accordo con la Cina – ad un capolavoro di “realpolitik” compiuto da Bergoglio e da Parolin.
Se però qualcuno crede che la condizione della Chiesa in Cina sia ottimale, commette certamente un errore.
La libertà di cui godono la Gerarchia ed i fedeli è infatti soltanto quella di essere d’accordo.
Qualora tuttavia si avverasse la profezia di San Filippo Neri, ed un esercito di infedeli abbeverasse i suoi cavalli nelle fontane di Piazza San Pietro, c’è già un aspirante “Quisling” pronto a mettersi al suo servizio.
Nel frattempo, costui si è arruolato nel seguito della Schlein.
La quale – dal canto suo – deplora la Polizia in quanto ha ecceduto nel reprimere una manifestazione non autorizzata (configurando comunque un reato) diretta a tacitare il Papa mentre parlava al “Forum della Natalità” all’Auditorium di via della Conciliazione.
Nemmeno il Partito Comunista degli anni della “Guerra Fredda” aveva mai promosso una dimostrazione contro il Vescovo di Roma, che anche i suoi Consiglieri Comunali proclamarono -  con una mozione solennemente approvata nell’Aula Giulio Cesare - quale “Defensor Civitatis”.
Bergoglio è il Papa che rappresenta la causa del “Terzo Mondo” nel cuore dell’Occidente, che critica la guerra in Ucraina, e soprattutto che ha pienamente riabilitato noi “Modernisti”, restituendoci piena dignità ed eguaglianza nell’ambito della Chiesa.
Tutto ciò, per i suoi contestatori, non basta.
Quando addirittura non costituisca un titolo di demerito, essendo anch’essi – come Tarquinio – dei confessionalisti.
Se la Schlein ha trovato il suo Franco Rodano, Togliatti non avrebbe mai approvato una manifestazione contro il Papa, e tanto meno l’avrebbe approvata quella brutta copia del “Migliore” – altrettanto cinica, ma molto meno geniale – che era Berlinguer.
Il quale non a caso commise l’errore di approvare l’occupazione della FIAT, mettendo in discussione la libertà di intrapresa, riconosciuta dal suo Partito nel momento in cui votava la Costituzione.
Ora si trasgredisce addirittura l’Articolo Sette, che di Togliatti costituì il capolavoro politico, essendo stato inserito nella Legge Suprema per garantire la libertà di culto, e con essa la pace civile.
Se fossimo stati al posto della Schlein, non avremmo permesso che la Polizia fermasse i manifestanti.
Nel senso che avremmo incaricato di tale bisogna il Servizio d’Ordine della CGIL.
La deriva movimentista promossa dalla Segretaria porta il Partito ad aderire ad ogni protesta, comunque sia motivata: salvo, naturalmente, quelle rivolte a mantenere la coesione sociale, e quindi a difendere – in ultima istanza – la nostra identità.
Di cui fa parte anche la religione.
“Il Foglio” ricorda, cadendo perfino nella volgarità nel definire la Signora elvetico – germanico – statunitense con l’epiteto di “zecca”, il legame della Segretaria con Soros.
Il quale si propone precisamente di sradicare tutte le identità.
Senza però accorgersi che il mondo va nella direzione esattamente contraria.

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Mario Castellano  11/5/2024
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