La rottura tra la Meloni e la Von Der Leyen ...
La rottura tra la Meloni e la Von Der Leyen può stupire soltanto chi ignora gli umori di Bruxelles.
Dove da moltissimo tempo gli “Eurocrati” - su consiglio di quanti tra loro hanno origine italiana - mettono la nostra Presidente del Consiglio sullo stesso piano di Orban.
Nutrendo nei confronti di entrambi una mal dissimulata diffidenza, originata dalla constatazione di quanto peraltro sta sotto gli occhi di tutti, cioè l’incompatibilità tra la cultura liberaldemocratica europea e quella di radice mediterranea e terzomondista propria di chi – non avendo frequentato neanche la Secondaria Superiore – vanta ascendenti spirituali ben diversi da Benedetto Croce.
Come anche da Giovanni Gentile: i cui allievi formarono il nerbo dell’intellettualità togliattiana a partire dal 1945.
Le letture della Meloni non vanno oltre quella idealizzazione del Medio Evo che è contenuta nei romanzi di Tolkien.
Che hanno originato dapprima una grande operazione commerciale, ed ora generano un altrettanto ampia e spregiudicata impresa politica.
Per ora, la Meloni può comunque soltanto incassare il colpo, lasciando che Salvini reagisca scompostamente: il “Capitano” svolge nell’attuale regime la funzione assegnata a suo tempo a Farinacci, cioè quella di chi si comporta da maleducato facendo risaltare – per contrasto – le altrui buone maniere.
Che Mussolini aveva imparato dalla Sarfatti, mentre il “Ras di Cremona” era rimasto allo stato brado.
Anche il “Duce”, nel lungo periodo trascorso tra il 1922 e l’impresa di Etiopia, iniziata peraltro quando già poteva contare sulla sponda offerta da Hitler, si era fatto notare per la sua fedele adesione all’Intesa.
Oggi la Meloni fa la prima della classe sull’Ucraina.
Tuttavia, non appena il rapporto di forze a livello internazionale glielo permetterà, è pronta a veleggiare verso i BRICS.
Il Conte Sforza, un vecchio liberale che si era dimesso dal servizio diplomatico ed aveva scelto l’esilio fin dall’indomani della Marcia su Roma, ammonì a lungo i dirigenti occidentali circa il fatto che gli “animal innstincts” del Duce – già rivelati dalla sua politica interna - si sarebbero un giorno inevitabilmente proiettati sulla politica estera.
Sulla scelta della Von Der Leyen di rompere con la Meloni può anche avere influito la metastasi mafiosa che – dopo avere contagiato tutto l’Italia – minaccia di estendersi oltre confine.
Ieri la Direzione Antimafia ha sgominato una cosca – detta dei “Barcellonesi” in quanto proviene per l’appunto da Barcellona Pozzo di Gotto - che era riuscita ad aggiudicarsi degli appalti finanziati dal P.N.R. ricorrendo al trucco costituito dal cosiddetto “spezzatino”.
Frazionando le opere da eseguire in tanti subappalti, si scendeva sotto il livello per cui si esige la Certificazione Antimafia.
Imperia non poteva perdere l’occasione di balzare agli onori delle cronache nazionali, avendo i “Barcellonesi” ottenuto l’edificazione dell’asilo Nido di Diano Marina.
Il cui Sindaco ha scaricato la responsabilità sulla Provincia: inutile aggiungere che la toppa è peggio del buco.
Nel 1959, pochi mesi dopo la Rivoluzione Cubana, il Governo degli Stati Uniti ruppe con Castro.
Il pretesto fu offerto dalla nazionalizzazione di alcuni zuccherifici di proprietà nordamericana, ma forse il Generale Eisenhower era già stato avvertito dell’orientamento di Fidel Castro, che attendeva soltanto di essere rivelato.
Anche il conflitto degli Occidentali con Nasser venne in luce quando al “Rais” fu negato il finanziamento della Diga di Assuan, in seguito costruita dai Sovietici.
Anche qui, però, ci si domanda se viene prima l’uovo o prima la gallina.
Le propensioni del dittatore egiziano erano infatti già note prima di questo incidente.
Può essere dunque che quanto si è consumato a Strasburgo non costituisca una causa, bensì una conseguenza.
In questi casi, la grande stampa internazionale scatena una campagna contro i dirigenti del Paese che deve essere demonizzato.
Che viene isolato, e se possibile destabilizzato.
Il primo esempio di azione mediatica diretta a rendere popolare una causa presso il grande pubblico straniero fu opera di un nostro compaesano, il taggiasco Giovanni Ruffini.
Il quale, condividendo con Giuseppe Mazzini l’esilio di Londra, inventò e redasse - per l’appunto in inglese - la storia d’amore tra Miss Lucy Davenne, nobildonna britannica, ed il patriota italiano Dottor Antonio.
Procurando in un colpo solo le simpatie dei sudditi di Sua Maestà per la nostra causa nazionale ed i loro flussi turistici diretti verso la Riviera.
Nonché anticipando perfino il fenomeno dell’immigrazione meridionale, che Ruffini mise in buona luce in quanto faceva parte dei programmi del futuro Stato unitario: il Dottor Antonio non era ligure, bensì siciliano.
Finendo costui rinchiuso in un carcere borbonico, mentre la fidanzata moriva di crepacuore, la vicenda incoraggiò gli Inglesi a sostenere Garibaldi.
Le tre grandi rivoluzioni del Novecento vennero esaltate da altrettanti grandi giornalisti americani: John Reed si occupò di quella russa, Edgard Snow di quella cinese e Roland Matthews di quella cubana.
A volte, la causa sposata dai corrispondenti di guerra si rivela invece perdente: tipico il caso di Ernest Hemingway, arruolato tra le fila dei Repubblicani spagnoli.
Quando le Rivoluzioni giungono al potere, finiscono però regolarmente per tradire le simpatie che le avevano accompagnate.
In tal caso, non resta che affidare agli scribacchini dell’USIS, non certo all’altezza dei loro grandi colleghi, la demonizzazione dei regimi illiberali.
Tra le fila degli antimeloniani fa spicco Elly Schlein.
La quale però non è né una giornalista, né tanto meno una scrittrice, e ricorda piuttosto le “demi mondaines” al seguito della stampa anglosassone alloggiate all’albergo Gaylord di Madrid.
Delle quali proprio Hemingway ci fornisce un ritratto esilarante nei suoi “Racconti della Guerra di Spagna”.
Il ruolo assunto dalla Signora elvetico – germanico – statunitense oscilla tra l’agitatrice e l’incaricata della Pubbliche Relazioni.
Nel primo caso le manca la preparazione, nel secondo caso la venustà.
Per cui – ammesso che la sua funzione consista nel propiziare il rovesciamento dei nostri dirigenti, non limitandosi a testimoniare quanto essi sono cattivi – la Segretaria si avvia comunque ad un clamoroso fallimento.
Di questo, però, parleremo un’altra volta.

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Mario Castellano  27/7/2024
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