I Servizi di “Intelligence” occidentali, così come le redazioni dei grandi mezzi di informazione, avevano inventato una scienza tanto astrusa da non avere neanche una specifica...
I Servizi di “Intelligence” occidentali, così come le redazioni dei grandi mezzi di informazione, avevano inventato una scienza tanto astrusa da non avere neanche una specifica denominazione, consistente nel decifrare che cosa stava succedendo nella dirigenza comunista cinese in base a quali suoi componenti apparissero nelle fotografie ufficiali, come pure in base alla loro vicinanza o lontananza fisica dal Capo supremo.
Lo stesso avveniva per i gerarchi sovietici che presenziavano alle sfilate sulla Piazza Rossa allineati sul Mausoleo di Lenin.
Una variante era costituita dal valutare le presenze e le assenze ai ricevimenti che si svolgevano al Cremlino.
Durante l’era di Brezven, ricordata per la sua “stagnazione”, vi riapparvero alcuni dirigenti dell’epoca staliniana – come Voroscilov e Bulganin – dei quali si ignorava se fossero ancora in vita ovvero già defunti.
Osservando l’immagine di gruppo dei capi democratici del Ponente, allineati intorno ad Orlando sul palco di Camporosso, abbiamo notato diverse assenze significative.
La più importante risulta indubbiamente quella Barbagallo: cui, nell’epoca di Burlando, spettava il primo posto nella gerarchia locale, rivelato dalla sua collocazione “ad dexteram Patris”.
Una volta, essendo stato preceduto dal “Governatore” sul luogo di una cerimonia, l’Assessore gli corse incontro senza guardare se arrivasse qualche automobile, con il risultato di venire travolto: benché fosse rimasto miracolosamente illeso, ciò valse a confermare la fama di jettatore dell’Ingegnere.
Mancavano anche, nella foto di gruppo, i Commercialisti di fiducia del Partito.
Era invece presente la Nattero: sintomo, questo, del “revirement” di un certo mondo veterocomunista.
Alla popolare “Carlona” è attribuito il compito di far confluire nella Coalizione i suffragi degli ultimi anziani appartenenti alla generazione della Seconda Guerra Mondiale.
Trattandosi di ultranovantenni, il loro sostegno sortisce ormai l’elezione di un solo Consigliere Comunale.
Orlando chiama comunque a raccolta – “faute de mieux” - il funzionariato comunista, di cui egli è, insieme con Bonaccini, l’ultimo superstite.
Mentre però il suo compagno emiliano si accinge finalmente ad uscire di scena, l’esponente spezzino – partenopeo risorge – novello Lazzaro - dalla tomba.
Come per Lazzaro, si può dire di lui: “Iam olet”.
Ciò malgrado, la Schlein gli ha rivolto l’esortazione evangelica: “Lazare, veni foras!”
Il redivivo ex Ministro è così riapparso improvvisamente a Camporosso.
Quali sono i motivi di tale inopinata resurrezione?
Dove la Sinistra è in grado di presentare un candidato che esprima la società civile, dotato del prestigio e dell’energia necessari per costituire intorno alla propria persona una coalizione vincente, la Signora elvetico – germanico – statunitense rispetta – questo lo si deve riconoscere – il proprio “dovere di astensione”.
In qualche caso, l’aspirante Sindaco o “Governatore” la prega persino di non farsi vedere.
Come è avvenuto a Vicenza ed in Sardegna.
L’affermazione dello spirito autonomistico rafforza infatti la coalizione locale.
Perché dunque nella nostra Regione avviene l’esatto contrario?
Per un motivo molto semplice: la Sinistra – data la propensione di Burlando per le escursioni motonautiche nel Mar Ligure – risultava troppo compromessa con il vecchio sistema di potere per esprimersi in modo autonomo, facendo valere le proprie prerogative nei confronti del Nazareno.
Che ha dunque avuto buon gioco nel commissariarla.
Un candidato espresso dalla “Società Civile” in tanto avrebbe potuto emergere in quanto il Partito fosse stato in grado di stabilire con essa un rapporto.
Il Partito, però, non esiste: come dimostra la squallida vicenda delle Elezioni Comunali di Genova, in cui il malcapitato Dello Strologo è stato sabotato dalla corrente ex comunista di Burlando, timoroso che una sua eventuale vittoria mettesse in discussione gli accordi spartitori negoziati sul panfilo di Spinelli.
Senza però fare i conti con la Magistratura, cioè con lo Stato: il quale non può tollerare l’eccesso della degenerazione malavitosa.
La nomina di Orlando – che da Sarzana a Ventimiglia non trova nessun rivale – ad opera del Partito nazionale riporta ancora una volta la nostra Regione allo schema tracciato da Cavour.
Il quale aveva designato Ansaldo quale Proconsole, come più tardi avrebbe fatto Fanfani con Taviani e con Bo.
Se però un tempo il compenso ricevuto dai Genovesi in cambio della loro subordinazione consisteva nella presenza delle fabbriche e nello sviluppo del Porto, ora si tratta di qualche speculazione edilizia a fine turistico.
I posti – barca – se anche si trovassero i soldi necessari per costruirli, rimarrebbero comunque invenduti.
Orlando offre dunque agli interlocutori imprenditoriali di via Fieschi di subentrare a Toti nel rapporto che l’ex “Governatore” aveva stabilito con loro.
Con maggiore prudenza, e con l’attenzione dovuta al rispetto delle norme penali.
Dopo l’indigestione non verrà dunque la morte per fame, ma solo una severa dieta dimagrante.
La strada dell’ex Ministro, dopo il suicidio della Destra, sembra in discesa: egli è infatti designato da Roma, trangugiato dalla Sinistra ligure e considerato – “bon gré, mal gré” – da certa imprenditoria come la persona in grado di salvare il salvabile.
Qualora però l’Uomo ritenga di avere già vinto, può sbagliare.
Se Orlando conoscesse la realtà della nostra Provincia, non gli sfuggirebbero le assenze dal palco di Camporosso.
Che significano né più né meno il mancato appoggio del Partito imperiese.
Il quale – malgrado il terremoto giudiziario – preferisce mantenere i rapporti con i “partner” privati stabiliti dal Centro – Destra, continuando ad affidarsi alla sua mediazione.
A chi non è andato a Camporosso – perdendo deliberatamente l’occasione di saltare sul carro del vincitore (o dell’apparente vincitore) - premeva mandare un messaggio non tanto ad Orlando, quanto piuttosto a Scajola.
Questo messaggio è stato certamente recepito: l’amico si vede nel bisogno.
Il significato risulta molto chiaro: non accettiamo che il nostro rapporto venga turbato dall’ingerenza di Roma.
Imperia può anche non risultare decisiva, ma le sorti della Liguria si decidono a Genova.
Orlando, qualora sottovaluti la diffidenza nei riguardi della sua candidatura da parte di Burlando, rischia di fare la fine di Dello Strologo.
Non vorremmo essere il classico uccello del malaugurio, ma una cosa è certa: se Orlando vincerà, questo non avverrà per merito dell’Ingegnere, bensì suo malgrado.
L’ex “Governatore” non ha nessun interesse – tanto più essendo uscito indenne, dal punto di vista penale, dall’attuale vicenda giudiziaria – a lasciarsi sottrarre una mediazione.
Che – come tutte le senserie – deve essere ricompensata.
Il discorso verte dunque sul programma.
Di questo sembrano aver preso atto i “Pentastellati”: non potendosi discutere la candidatura di Orlando, occorre valutare attentamente ciò che l’ex Ministro si propone di fare.
Tenendo conto che una sconfitta è preferibile alla riedizione del compromesso spartitorio vigente da ormai diverse legislature.
Per quanto riguarda gli Autonomisti, la discussione dovrà vertere sulle competenze che la Regione deve rivendicare nei confronti dello Stato.
Tutti i soggetti convergenti coi Democratici dovranno comunque dimostrarsi solidali nel contendere palmo a palmo – nel senso letterale del termine – il litorale della Liguria alla speculazione.
Basta leggere le intercettazioni di Toti e Signorini per capire che cosa c’è da difendere e da salvare.
Se Orlando vuole davvero vincere, dovrà tenere conto che questo – e non altro - si esige da lui.