Kamala Harris ha scelto come candidato alla Vice Presidenza ...
Kamala Harris ha scelto come candidato alla Vice Presidenza un rappresentante della Sinistra del suo Partito. Questo settore, guidato da Alexandria Ocasio-Cortez, Deputata portoricana di Nuova York, minacciava altrimenti di non appoggiarla. Al di là delle alchimie, sempre necessarie quando si compongono le coalizioni, la decisione della Signora Harris ha un significato ben preciso: non serve inseguire la parte opposta sul suo terreno. Una volta concordato il programma – tenendo conto di tutte le diverse istanze culturali, etniche, sociali e religiose che sono disposte ad appoggiarlo – per vincere occorre sottolineare le differenze rispetto alla parte opposta. Un tempo, nei paesi Occidentali, l’oggetto del contendere era costituito dalla politica economica, ed il dibattito si svolgeva tra una Sinistra tendenzialmente statalista, intenzionata a difendere e ad ampliare il “Welfare”, ed una Destra viceversa liberista. La quale affermava che l’alleggerimento della pressione fiscale avrebbe generato più investimenti, e dunque più posti di lavoro. Oggi la scelta è tra la convivenza multiculturale in una società aperta ed il cosiddetto “suprematismo”. Il quale in pratica è una versione aggiornata del razzismo, partendo dal presupposto – rivelato dalla sua stessa denominazione – che esistano una cultura “superiore” ed una “inferiore”. O quanto meno che il diritto di quest’ultima ad esprimersi possa essere limitato. Se non si arriva alla “pulizia etnica”, si perviene quanto meno alla “etnia dominante”. Che un tempo era prerogativa di certi Paesi extraeuropei – pensiamo ai Maroniti del Libano, ai Sunniti dell’Iraq o agli Amara dell’Etiopia – ed oggi si tenta di importare in Occidente. Laddove la composizione etnica è omogenea, questa politica risulta non necessaria. Quando invece convivono popolazioni di origine diversa, essa genera la “pulizia etnica” e/o la guerra civile. Se vi è un Paese dove la Sinistra ha una tradizione moderata, dovuta alla sua scelta economicista, che la distingue tradizionalmente dalle Socialdemocrazie europee continentali, ispirate invece sempre ad una ideologia, questo Paese è la Gran Bretagna. Dove è stato da poco eletto un Primo Ministro laburista, ma “blairiano”. Tendente, cioè a mutuare dai Conservatori il loro liberismo. Come fece appunto Blair, quando – essendo subentrato alla Thatcher – non ripristinò quella parte del “Welfare” che l’anteriore “Premier” aveva demolito. Ciò malgrado, l’estrema Destra si è scatenata, dando vita a violenze inaudite nei confronti dei cittadini e dei residenti stranieri che hanno la pelle di un altro colore. Se questa situazione si fosse verificata in Francia, avremmo assistito agli assalti alle Moschee. Che sarebbero risultati altrettanto criminali ed esecrabili, ma quanto meno diretti contro i presunti ispiratori dell’opposto estremismo. Oltre la Manica, si considera invece una colpa il colore della pelle. La Gran Bretagna si divide, come gli Stati Uniti, e come le Nazioni dell’Europa Continentale, in aree dove prevale l’una o l’atra componente (Londra elegge un Sindaco di origine pakistana, musulmano praticante), e le zone “grigie”, a composizione razziale mista. Se si afferma il “Cuius regio, ejus religio”, in questi luoghi è destinato a divampare lo scontro. Precisamente come si è visto in Jugoslavia. Non a caso, la prassi criminale instaurata da Milosevic ha trovato tra i nostri leghisti degli entusiasti ammiratori, che si proponevano di emularla. Lo scenario britannico è destinato a ripetersi – amplificato – negli Stati Uniti, dove Trump riconoscerà il risultato elettorale solo se sarà favorevole a lui. Altrimenti, si rinnoverà – “mutatis mitandis” – lo scenario tragico del 1861. Che risultò talmente traumatico da indurre in seguito i governanti statunitensi ad opporsi a tutte le secessioni, anche laddove la situazione dei Paesi stranieri avrebbe reso improbabile un esito cruento. Il Québec non poté staccarsi dal Canada a causa del veto opposto dal potente vicino. Abbiamo fatto riferimento al “cuius regio, ejus religio”. Per quanto ciò possa apparire strano a chi non conosce la realtà della nostra Regione, l’applicazione di tale criterio ha motivato – insieme al calcolo della convivenza – l’ex “Governatore “ Burlando a salire sul panfilo di Spinelli. Il riflesso condizionato al quale l’Ingegnere rispondeva era determinato dalla sottomissione – che egli riteneva irreversibile - della Liguria all’egemonia della Destra. Ogni soggetto pubblico deve governare l’economia: non certo per coartare la libertà di impresa – che è riconosciuta nella Costituzione – bensì per fare in modo che venga esercitata nei limiti della legalità. Il “pensiero” (?) politico burlandiano, la cui “summa” venne esposta in occasione dell’inaugurazione dei lavori di costruzione del Porto Turistico di Imperia, afferma invece l’esatto contrario: l’azione amministrativa deve conformarsi” a prescindere” con quanto preteso dai soggetti privati. Per cui nemmeno ci si pone la domanda se la cementificazione del litorale possa risultare contraria all’interesse generale. Il quale non comprende soltanto la tutela del paesaggio, ma anche quella di attività – come la pesca – che danno da mangiare a più gente di quanta ne viene impiegata per custodire, ripulire ed aggiustare i “cabinati”. Burlando disse in quella circostanza di essere a disposizione della Cozzi Parodi. In seguito, seguì questo stesso criterio con Spinelli. Purtroppo per lui, costoro hanno avuto dei problemi con la Giustizia. Ora si annunzia la trasmigrazione del settore “democratico” imperiese verso quello “bassotto”. Il quale ultimo si accresce malgrado la tendenza elettorale – a livello regionale – vada nella direzione esattamente contraria. Il Sindaco incassa dunque l’adesione di diversi personaggi la cui appartenenza alla Sinistra – oltre che meramente formale – risultava quanto meno dubbia da molto tempo. In questa sorta di “Legione Straniera” - nella quale, proprio come avviene nel suo ufficio di Marsiglia preposto al reclutamento – non si fanno domande sul passato di chi intende arruolarsi, confluiscono personaggi variopinti. Forse il paragone più appropriato non è tanto Sidi Bel Abbès, quanto piuttosto con la Corte dei Miracoli. Tra i nuovi adepti fanno spicco “in primis” i Commercialisti. Dei quali si mormora che siano ancora alle prese con i conti – difficili da quadrare anche per dei professionisti del loro livello – della vecchia Selvaggina. Ci sono poi gli ex Amministratori specializzati nei cambi di serratura. Viene infine il “parco buoi” di quanti sono stati beneficiati con varie prebende dal Comune e dalla Provincia. In fondo, questa migrazione biblica verso i lidi della Destra locale non costituisce un fenomeno negativo, in quanto segna la fine del “Partito Trasversale”. Facilitata anche dal nuovo indirizzo dettato da Orlando, che si riassume nel motto “O di qua o di là”. Nel vecchio “Partito Trasversale” l’ideologia dominante era “di Sinistra”, traendo ispirazione dalla Resistenza. Ai suoi corrispondenti belgradesi interessava inoltre influire tanto sulle scelte della Democrazia Cristiana quanto su quelle del Partito Comunista. Per cui non si poteva contare su Trieste, dove era troppo forte la resistenza all’espansionismo panslavista. Di qui la scelta di dislocare il centro dei commerci sul Confine Occidentale. L’ideologia del nuovo Partito Trasversale è viceversa destrorsa. Per cui chi vi converge provenendo dalla Sinistra deve cospargersi il capo di cenere, e vestire il saio del penitente. Come Enrico IV a Canossa. Il Sindaco esige una fedeltà ideologica incondizionata. In passato, si ricorda la trasmigrazione nel suo seguito di due ex socialisti: Borsò di Sanremo ed Aicardi di Pontedassio. Che divennero infatti “più realisti del Re”. La storia del “cuius regio, ejus religio” è per l’appunto segnata dalle conversioni. Come quella dei “Marrani” della Spagna. I quali erano però sempre sospetti di avere finto di cambiare religione: “Semel judaeus, semper judaeus”. Al minimo sgarro – vero o presunto - scatta dunque l’accusa di essere ancora un “comunista”. Formulata, immancabilmente, dai bagnini.