La Demoscopia – o Sondaggistica - è una scienza, che sbaglia tanto più difficilmente quanto più progredisce...
La Demoscopia – o Sondaggistica - è una scienza, che sbaglia tanto più difficilmente quanto più progredisce.
A volte, però, anche gli specialisti commettono degli errori.
Quanti lavorano negli Istituti Demoscopici si basano sul presupposto costituito dalla sincerità delle persone consultate, propiziata dall’anonimato delle loro risposte.
Questa sincerità viene però a volte a mancare.
Per cui il sondaggio sbaglia malgrado l’accuratezza con cui viene scelto il cosiddetto “campione”.
Se in occasione delle Elezioni Presidenziali del 1948 un giornale di Chicago annunziò l’avvenuta sconfitta di Truman, cadendo nel peggior infortunio della storia del giornalismo, ciò avvenne perché i criteri con cui si sceglievano le persone da intervistare erano ancora primitivi.
Molti decenni dopo, però, si celebrarono le Elezioni per scegliere il Governatore della Virginia.
I due contendenti erano un bianco repubblicano ed un nero democratico.
Quest’Ultimo veniva indicato come vincente con un distacco amplissimo, ben superiore al cosiddetto “margine di errore”.
Il vantaggio – al momento di contare i voti – si rivelò viceversa molto ristretto.
Le persone scelte per comporre il cosiddetto “campione” avevano in buona parte mentito agli intervistatori.
Molti degli elettori bianchi erano razzisti, e mai avrebbero votato per un afroamericano.
Essi però avevano paura di dichiarare questo atteggiamento, ritenendolo non “politicamente corretto”.
“IL Secolo XIX” di oggi da Orlando in vantaggio su Ilaria Cavo, e ci auguriamo con tutto il cuore che la previsione sia azzeccata.
Il settore che deciderà il voto è costituito però da quella parte dell’elettorato che un tempo votava a Sinistra – e addirittura era tesserata per il maggior Partito di questo settore - ma che alla Sinistra a voltato le spalle da ben due Elezioni Regionali ed altrettante Elezioni Comunali di Genova.
I motivi di questo cambiamento sono da ricercare – come sa bene chi alla Sinistra ha sempre appartenuto – in una sorta di schizofrenia, che è peraltro all’origine dei “Partiti Trasversali”.
Da una parte, c’è il misoneismo e l’inettitudine culturale propri di chi è rimasto ancorato ai vecchi e obsoleti schemi ideologici, e dunque rifiuta visceralmente ogni processo di revisione.
Secondo costoro, i dirigenti nazionali sono tutti traditori, a cominciare da Berlinguer.
Essi, dunque, guardano al Partito con la rabbia e la delusione tipiche per l’appunto degli amanti traditi.
Queste stesse persone, però, si ritengono autorizzate, proprio in quanto depositarie della purezza ideologica - che, secondo loro, ne giustifica ogni atto - non soltanto a compiere le manovre più spericolate, ma anche ad anteporre i propri interessi personali a quelli della Causa, della Classe o più semplicemente del Partito che la rappresenta.
Abbiamo conosciuto personalmente – purtroppo per noi – i Capi del “Partito Trasversale” di Imperia, la cui prassi si è malauguratamente trasferita a Genova, trovandovi un terreno ancora più propizio che nel luogo di provenienza.
Costoro professavano tutti quanti la più incrollabile e ferrea adesione al “Marxismo Leninismo”, ed erano in prima fila ogni volta che ci si doveva dimostrare zelanti nella fedeltà all’Unione Sovietica e agli altri Paesi del cosiddetto “Socialismo Reale”.
Che fornivano tanto il loro retroterra “culturale” quanto il loro sostegno economico.
Fino al punto di sabotare dapprima ogni conato di revisione ideologica, e poi il Partito in quanto tale.
L’Associazione Nazionale Partigiani, la quale raggruppa i loro ultimi superstiti e continuatori, ha concesso il proprio patrocinio alla “Festa del Partito della Rifondazione Comunista”, ridotto ormai ad un gruppuscolo che attinge i propri seguaci tra il sottoproletariato immigrato dai Paesi Arabi e dall’America Latina.
Cui distribuisce periodicamente del cibo, come faceva a Napoli il Comandante Lauro.
Con la differenza che costui prendeva i voti, mentre i “Marxisti Leninisti” non hanno neanche quelli, essendo i loro seguaci ancora privi della cittadinanza.
Burlando non ha mai preso posizione sulle questioni ideologiche.
Non tanto per tenersi le mani libere, quanto piuttosto non essendo all’altezza di partecipare a tale dibattito.
Egli però ha sempre bazzicato una imprenditoria di Destra nota per le sue tendenze speculative.
Tutto il contrario, cioè, dell’imprenditoria illuminata.
La quale difende con le unghie e coi denti la libertà di intrapresa, ma la interpreta anche come strumento atto a promuovere la crescita civile.
Quando l’allora “Governatore” venne ad inaugurare i lavori di costruzione del nuovo Porto Turistico di Imperia – che segnò il culmine della rovina del territorio, accompagnata dalla definitiva affermazione della peggiore Destra politica ed economica - tessé pubblicamente gli elogi di Beatrice Cozzi Parodi.
Detta la “Regina dei Porti Turistici”.
Fino al punto di ingelosire gli altri imprenditori locali.
Il “descensus Averni” del Presidente si sarebbe concluso sul panfilo di Spinelli.
L’Uomo manovra una “corrente” del Partito ligure, ed in particolare genovese.
Attiva tanto all’interno quanto all’esterno – mediante la Paita - dei Democratici.
Sulle cui gesta la Redazione di Genova de “La Repubblica” si diffonde ampiamente, fino a descrivere il menu della sua festa annuale.
Che, essendo dedicata al volgo, non comprende i cibi raffinati offerti alla ristretta cerchia dei frequentatori del panfilo, bensì – più modestamente – focaccia e vino bianco.
Se un intervistatore demoscopico interrogasse questa gente sulle sue intenzioni di voto, ben difficilmente si sentirebbe rispondere che le sue preferenze vanno alla Destra.
Che cosa però hanno a che vedere costoro non diciamo con la mitica “Classe Operaia” (la quale, come annunziava il titolo di una famosa pellicola, è già andata in Paradiso), bensì con quella intellettualità “progressista” che costituisce la superstite base dei Democratici?
Tanto esigua, ahimè, da smarrirsi nell’immensità di piazza De Ferrari quando si è trattato di manifestare per le dimissioni di Toti.
Assolutamente nulla, in quanto non soltanto i loro dichiarati interessi economici, ma anche le stesse tendenze culturali si adeguano alle frequentazioni del Capo.
Burlando parla volentieri di affari, meno volentieri di politica.
Intendendo però per affari non le tendenze dei mercati, e tanto meno la macroeconomia, bensì quell’intrico di interessi collocati tra il pubblico ed il privato che costituiva la ragion d’essere della consorteria composta da Toti, Signorini e Spinelli.
In cui l’ex “Governatore” è stato cooptato “honoris causa”.
L’adesione del suo “milieu” alla Destra risulta dunque tanto naturale e solida quanto tendenzialmente sottaciuta.
Ecco perché – nel caso della Liguria – i sondaggi possono sbagliare.
Orlando ha deciso – e di questo gli va dato pieno merito – di rescindere ogni legame con questo ambiente, cacciando Ermini dalla Direzione Nazionale.
Se però il Candidato risulta impeccabile nella parte “destruens” della sua azione politica, manca ancora completamente la parte “construens”.
Né si può per l’appunto costruire alcunché sulla base delle defatiganti trattative con i diversi gruppuscoli – al tempo dello “Olivo” li si chiamava “cespugli” - del Centro – Sinistra.
I cui dirigenti – di numero inversamente proporzionale ai rispettivi seguaci - ricordano la Corte dei Miracoli di millantatori e “brasseurs d’affaires” che si riuniva allo Star Hotel di Brignole.
Fino a quando la Direzione dell’Albergo, stanca di vedere la “lobby” invasa da una folla di morti di fame tanto pronti a vantare affari mirabolanti con gli Sceicchi quanto incapienti se si trattava di pagare un caffè in piedi, decise di spedirli a casa del loro “leader”.
Costoro parlavano di soldi come i “Renziani” ed “Calendiani” parlano di voti.
Gli uni e gli altri tanto più li vantano quanti meno ne hanno.
Orando non ha forse ancora capito – e ce ne rammarichiamo, essendo estimatori della sua intelligenza e delle sue doti politiche – che questa Elezione in tanto si vince in quanto si suscita nei Liguri quella passione che il nostro popolo ha dimostrato in rari ma decisivi momenti della sua storia.
Quando ha decisivo di ribellarsi alle imposizioni degli stranieri.
Se la Schlein, dopo essersi squallidamente esibita con Renzi sul campo di calcio, abbracciando platealmente il “Rottamatore”, non è stata capace di metterlo alle strette sulle vicende di Genova, dicendogli chiaro e tondo che non si accettano condizioni da chi ha già causato ben quattro sconfitte elettorali - due in Regione ed altrettante in Comune - lo deve fare Orlando.
Il quale può passare alla storia o come il nuovo Balilla, che ebbe il coraggio di tirare il mitico sasso, oppure come il nuovo Pareto.
Ci riferiamo al nobilastro che tornò dal Congresso di Vienna per annunziare di avere preservato l’Indipendenza della Repubblica, essendo però preceduto dalla notizia della sua fine.
Orlando, analogamente, può arrivare da Roma dicendo che il “Campo” si è allargato, salvo scoprire che è andato in pezzi.
Non rimane dunque che imporlo con l’autorità di un Andrea Doria.
Il quale salvò la Repubblica facendosene in sostanza il dittatore.
Altrimenti basterà sostituire Toti con la Cavo per perpetuare la nostra sottomissione.

Send Comments mail@yourwebsite.com Saturday, April 25, 2020

Mario Castellano  31/8/2024
Copyright ilblogdimario.com
All Rights Reserved