Charles De Gaulle, non appena tornato al potere nel 1958, si recò ad Algeri.
Charles De Gaulle, non appena tornato al potere nel 1958, si recò ad Algeri.
Dove venne osannato dai “Pieds Noirs”, convinti che avrebbe posto fine ai tentennamenti dei dirigenti della defunta “Quarta Repubblica”, divisi tra i chi voleva negoziare con il Fronte Nazionale di Liberazione e chi viceversa riteneva indiscutibile l’appartenenza dell’Algeria alla Francia.
Il Generale pronunziò in quella circostanza una frase destinata a passare alla storia: “Vi ho capiti!”.
Che venne dapprima interpretata come una adesione alla causa dei Coloni, ed invece – alla luce di quanto sarebbe avvenuto in seguito - assunse un significato diametralmente opposto.
Capire le ragioni degli altri non significa infatti necessariamente condividerle.
A volte – come per l’appunto nel caso dei “Pieds Noirs” – neanche tenerne conto.
Il che – data la situazione di allora, trovandosi cioè nel pieno del processo di decolonizzazione – risultava impossibile.
Il Generale aveva infatti compreso che il motivo del su richiamo al Governo consisteva precisamente nella constata impossibilità di vincere la guerra.
Da cui la necessità di porvi termine.
Un compito, questo, cui si sarebbe dedicato immediatamente dopo avere tracciato l’architettura costituzionale della “Quinta Repubblica”.
Quando si intraprende un negoziato economico, le trattative possono riuscire o meno.
Quando invece si giunge al tavolo di una trattativa internazionale, ciò significa che le scelte di principio sono già state compiute, e rimane da definire come e quando metterle in atto.
Così è avvenuto quando si sono aperti i negoziati di Parigi sul Vietnam, e più di recente quelli di Doha sull’Afghanistan.
Mentre però nella storica sede della Avenue Kléber c’erano anche i Vietnamiti del Sud, a Doha non figurava il Governo di Kabul.
I cui dirigenti, conosciuto l’esito della trattativa, fuggirono a gambe levate, preceduti dal Generale Bellacicco e seguiti dal Generale Donahue, Capo del Corpo di Spedizione americano.
Il quale – come i Comandanti delle navi che affondano – volle salire per ultimo sull’aeroplano, abbandonando però una torma di collaborazionisti.
I quali – caso unico nella storia – per essere evacuati non invocavano tanto delle benemerenze militari o politiche, bensì di carattere sportivo.
Il nuovo potere minacciava infatti di abolire le competizioni, specie quelle professionistiche.
Un calciatore della Nazionale, aggrappatosi disperatamente al carrello di un aeroplano, perì precipitando nel vuoto.
Chi riuscì a scappare, gioca in ora in “Promozione”.
Nel caso dell’Ucraina, da cui tutti i campioni delle varie discipline sono stati tempestivamente evacuati, si è seguito nei negoziati il modello afgano anziché quello vietnamita.
Poiché Putin rifiuta di parlare con Zelensky, agli Americani non è rimasto che un solo “modus procedendi”, consistente nell’informare dapprima gli Ucraini e quindi nel recarsi a Mosca.
Dove non rimaneva che formalizzare quanto già pattuito.
Se Putin ha detto di non accontentarsi di una tregua di trenta giorni, Trump ha definito “costruttive” le sue controproposte.
Una volta presa la decisione di cessare l’appoggio militare al Governo di Kiev, sul resto rimangono pochi margini per il negoziato.
Si dice che ad indurre la Francia a ritirarsi da Algeri, e poi l’America a lasciare Saigon, non sia stato tanto il costo in vite umane della guerra – i caduti nel Vietnam risultarono alla fine meno numerosi delle persone perite nello stesso periodo per incidenti stradali - quanto piuttosto il prezzo economico.
Parigi era arrivata a spendere per l’Algeria un miliardo di Vecchi Franchi al giorno, con la conseguenza di dovere svalutare la moneta.
La data più memorabile di quel periodo storico fu il giorno in cui – per la prima volta – divenne conveniente comprare in Francia.
Gli acquirenti, anziché viaggiare da Mentone a Ventimiglia, cominciarono così a fare il percorso inverso.
L’avere perduto la Seconda Guerra Mondiale si era tradotto paradossalmente in una fortuna per l’Italia.
Che non conobbe i traumi della decolonizzazione.
Ora Trump ha deciso di scaricare Zelensky perché costa troppo, e glielo ha detto in faccia.
Gli eroi delle cause perdute ricevono in genere degli onori formali.
L’ex comico ha invece avuto i danni e le beffe.
Al di là della cronaca – che diverrà tragica quando si riverseranno in Europa altri milioni di profughi – la vicenda di cui siamo stati testimoni dimostra come l’Occidente non sia in grado di condurre delle guerre asimmetriche.
La Russia ha sopportato le perdite umane, mentre noi non abbiamo sopportato quelle esclusivamente economiche che costava la resistenza nel Donbass.
Benché tutta l’Europa abbia osservato la regola enunziata nel Parlamento di Parigi dal Ministro Horace Sebastiani quando la Monarchia di Luigi Filippo rifiutò nel 1831 di andare al soccorso degli insorti polacchi: “Il sangue dei Francesi appartiene alla Francia”.
Le dittature sono sempre più efficienti delle democrazie.
Putin poteva versare tutto il sangue che ritiene necessario, mentre Biden stentava ad ottenere l’approvazione del Congresso alle erogazioni di armi.
Alla fine, il partito pacifista risulta sempre più popolare, in quanto la guerra danneggia i civili nel portafoglio.
Anche quando non costa neanche una vita umana.
Questa differenza si proietta sui tempi necessari per ottenere la vittoria.
Reagan invase in poche ore Grenada, e poi distribuì più medaglie al valore che nella Seconda Guerra Mondiale.
I successivi interventi all’estero, nell’impossibilità di conseguire delle vittorie strategiche, si conclusero sempre con delle ritirate.
Più o meno onorevoli, a seconda di come venivano presentate all’opinione pubblica.
La quale non tollerava le morti in guerra, neanche se cadevano soltanto dei soldati di mestiere.
Recentemente, il padre di un Ufficiale di Carriera ha apostrofato il nostro Ministro della Difesa, rimproverandogli perché la vita del figlio – impegnato peraltro in una missione di “peace keeping” - veniva messa a repentaglio.
Chi gli aveva comandato di arruolarsi?
Le guerre del cosiddetto “Terzo Mondo non causano quasi mai rivolte interne nei Paesi chele conducono, per quanto abbiano dei tempi biblici.
Non a caso, gli Israeliani le accettano disciplinatamente, non solo essendo in gioco la loro stessa sopravvivenza.
Le Sacre Scritture narrano continui conflitti, causati dall’invidia degli altri popoli per il possesso della Terra Promessa.
Se un popolo si ritiene investito di una missione, la persegue ad ogni costo, in quanto la considera parte della propria identità.
Questo, come attesta la ripresa del pensiero pan ortodosso dell’Ottocento in merito al compito messianico affidato alla “Terza Roma”, è precisamente il caso della Russia.
Le conseguenze sul piano internazionale di quanto sta avvenendo in Ucraina risultano però catastrofiche.
In primo luogo, si conferma che il Principio di Autodeterminazione in tanto vale in quanto il rapporto di forze permette di affermarlo.
Che gli Ucraini non volessero né essere sottoposti al dominio della Russia, né rientrare nella sua sfera di influenza risultava chiaro per tutti, ma - come dice il proverbio – “Contro la forza, la ragion non vale”.
Nell’Europa Occidentale, che si sta riarmando, pagheranno l’esito della guerra tutti i movimenti autonomisti ed indipendentisti, che saranno le prime vittime dell’autoritarismo e del centralismo dilagante.
Il Papa viene trattenuto in territorio italiano, esattamente come Pio VI e poi Pio VII furono deportati fuori dallo Stato Pontificio.
Il povero Bergoglio trova evidenti difficoltà per consultare il Cardinale Segretario di Stato, ma in compenso ha dovuto ricevere in visita la Meloni.
Se non si rispetta la sovranità del Vaticano – il Cardinale Gasparri si sta rivoltando nella sua tomba di Ussita – figurarci che cosa succede con le istanze delle Regioni.
L’Ucraina paga, peraltro, anche la debolezza della sua identità, sempre oscillante tra la dimensione regionale e quella nazionale.
Due tentativi di affermare l’Indipendenza fallirono nel corso del Ventesimo Secolo, dopo la Rivoluzione e poi durante la Seconda Guerra Mondiale.
In ambedue i casi essendo sostenuti da Potenze occidentali.
Da cui la ricorrente accusa di collaborazionismo rivolta ai fautori dell’Indipendenza.
Per non parlare dell’ossessione della Russia che – per il timore atavico di essere invasa – tende a portare il suo confine occidentale il più lontano possibile.
L’Europa corre però il rischio di cadere in una ossessione uguale e contraria, riguardante le invasioni provenienti dall’Est.
Inizia dunque una seconda Guerra Fredda.
Come nel corso della prima, a farne le spese saranno i nostri diritti civili.

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Mario Castellano  03/04/2025
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