Domenica prossima, in coincidenza con la grande festa del “Fitr”, che conclude il sacro mese del “Ramadan”, l’Imam “Hamza” Piccardo ha indetto una manifestazione di solidarietà con la Palestina, che percorrerà le vie di Oneglia.
Domenica prossima, in coincidenza con la grande festa del “Fitr”, che conclude il sacro mese del “Ramadan”, l’Imam “Hamza” Piccardo ha indetto una manifestazione di solidarietà con la Palestina, che percorrerà le vie di Oneglia. Prima di addentrarci in una analisi dedicata a queste incombenti scadenze, ci sia permesso di esprimere l’auspicio che “Mohammed” Bensa riesca a moderare la propria “vis polemica” nei confronti di noi infedeli. Ricordando quanto meno che tale condizione risulta inevitabilmente reciproca. Anche se bisogna mettere del conto l’entusiasmo del neofita, sia pure all’origine di comportamenti più costruttivi: per tutta la durata del “Ramadan”, il Nostro ha offerto la cena rituale a chiunque – amico o sconosciuto – bussasse alla sua porta. Essendo uno dei suoi attendenti il cuoco del noto ristorante gestito da Tacca – il cui titolare è viceversa restio a convertirsi all’Islam – la qualità del cibo era assicurata. Al pari della quantità. Ciò doverosamente premesso, ricordiamo in primo luogo come la più importante ricorrenza religiosa dell’anno liturgico offra sempre l’occasione per tracciare un bilancio dei progressi compiuti dalla Comunità Islamica. In primo luogo, sul piano religioso: il fervore che la contraddistingue è sincero ed ammirevole, e la frequenza al culto particolarmente elevata nelle diverse Moschee di Imperia. Cui si è recentemente aggiunta quella dei Bengalesi, retta da un giovane “Imam” proveniente – passando per Sanremo - dal lontano Paese del Subcontinente Indiano. Questo “leader” religioso si distingue per il buon carattere e per l’ottimismo, che lo induce a sorridere in continuazione. Oltre che – naturalmente – come si direbbe in ambito cattolico – per la pietà e la dottrina. Egli si dedica infatti in modo particolare alla preparazione dei giovani. Ogni sera, la cena rituale ha visto riunita nella sua Moschea una folla di molte decine di devoti. I quali superano addirittura per fervore i correligionari arabi e turchi. Un loro compatriota, assiduo frequentatore del Bar gestito in piazza Maresca dalla Signora Lella, ha rinunziato all’abitudine del caffè mattutino. Quanto alle bevande “haram”, se ne è sempre esemplarmente astenuto. Il loro consumo costituisce invece l’unica pecca che contraddice l’adesione all’Islam del Fratello Bensa. Come però Enrico IV diceva che “Parigi val bene una Messa”, il Nostro risponde che il suo patrimonio immobiliare – destinato ad essere ereditato dalla Comunità - vale bene il classico “gotto” di vino. Egli potrebbe tuttavia consumarlo in privato, e non esibirne l’ingestione nei locali di proprietà dei “kafir”. I quali fanno oggetto tale abitudine di commenti irrispettosi. La Comunità è ormai parte integrante dell’economia e della società imperiese, ed i suoi componenti dominano ormai in particolare la ristorazione, l’attività edilizia, l’agricoltura e la meccanica. In altre parole, tutta la gamma della produzione di beni e di servizi. Quanti creano dei problemi sono in numero ancor minore della proporzione fisiologica di devianti causata da ogni migrazione di massa. Su questa meritata buona fama influisce indubbiamente la forte presenza religiosa, che favorisce il sentimento di orgoglio della propria identità. Sarà per noi, dunque, un onore accogliere l’invito alla celebrazione, dovendoci però dividere tra la spianata De Amicis e via Alfieri. Quanto a Bensa, le sue preferenze vanno certamente alla Scuola “Teobandi”, e dunque alla Moschea dei Bengalesi. Sempre che costoro riescano a garantire il trasporto, reso indispensabile dall’artrite alle gambe che affligge l’illustre convertito. Nella giornata di domenica, si svolgerà – come già detto – il corteo per la Palestina. Azzardiamo la previsione di mille presenze, cioè di un musulmano su due. Tenuto conto che la cosiddetta “Sinistra” non sfila ormai da tempo immemorabile, per il nostro amico “Hamza” Piccardo si tratta di una bella soddisfazione. Gli porgiamo dunque le nostre congratulazioni. Non ce ne vorrà dunque il nostro “Imam” se ricordiamo la temperie in cui avvenne la sua conversione, inizio di un percorso spirituale (come anche di un “cursus honorum”) che lo ha portato ai vertici dell’Islam. Si può dire – senza ombra di ironia – dell’Islam mondiale. A metà degli Anni Settanta, i giochi – nell’ambito della “Sinistra” – erano fatti. Piccardo ebbe il merito di accorgersene prima degli altri. Il Partito di Berlinguer aveva scelto di non reclamare la conduzione del Governo, limitandosi all’occupazione del Sottogoverno. Il che lo avrebbe portato inevitabilmente dapprima a gonfiarsi e poi - come sempre succede in tale circostanza ai proverbiali palloni – a sgonfiarsi. Perdendo non solo ogni prospettiva rivoluzionaria, ma anche – quanto è peggio – quella consistente nel promuovere un rinnovamento civile del Paese. Craxi, dal canto suo, si stava già dedicando a rubare. Il che lo escludeva dalla compagnia delle persone per bene. Restava una Sinistra estrema tentata da disegni eversivi. Che sfociarono per alcuni nella pratica del terrorismo. Quando un movimento politico constata che non può raggiungere i propri obiettivi, ha davanti a sé tre prospettive: o li cambia, o si scioglie, o finisce per criminalizzarsi. Qualcuno, infatti, scelse allora di ripiegare sulla metapolitica, qualcun altro divenne riformista, ed altri ancora fecero la fine di Curcio e Franceschini. Piccardo fu l’unico ad uscire per la tangente, sposando la causa del solo soggetto destinato a divenire – in prospettiva storica – autenticamente rivoluzionario. Cioè l’Islam. Che affidava però il proprio destino alla Storia – nella quale il nostro amico, essendo credente, scorgeva una teofania – ma soprattutto esigeva un ripudio totale dell’Occidente. Nella fine della cosiddetta “Sinistra”, Piccardo scorgeva peraltro il fallimento del suo estremo tentativo di rigenerazione. Non restava dunque che dedicarsi a preparare un futuro reso possibile, in prospettiva, dal concorrere di diversi fattori: l’equilibrio demografico mondiale, riflesso in quello interno all’Europa Occidentale; la crisi del mondo giudaico – cristiano; ed infine il mutamento inevitabile degli equilibri geo strategici. La Storia ha dato però ragione a Piccardo anche nella nostra dimensione locale. Gli ex Comunisti sono precipitati in una crisi irreversibile, tale che non possono più riempire neanche l’auditorium di San Sebastiano. Alcuni tra di loro – come gli Oneglio, i Risso ed i Petrucci – sono passati dalla venerazione di Stalin a quella di Scajola. Ambedue i personaggi essendo accomunati tanto dalla bassa statura fisica quanto dal carattere assoluto del loro potere, quanto infine dal “culto della personalità” imposto ai loro seguaci. A Genova, essendosi incautamente concentrati a De Ferrari, i militanti della “Sinistra” si sono ritrovati in meno di cinquecento. Cioè, la metà di quanti ne aveva riuniti l’allora sconosciuto Garibaldi. Ad Oneglia, la Schlein ha attratto un pugno di irriducibili, guidati dal volonteroso Osvaldo “Braccioforte” Matini Tioragallo. Il quale, in piazza San Giovanni, è stato perfino ammesso ad omaggiarla. Come quei fedeli, raccomandati da qualche Monsignore del Vaticano, che accedono alle cosiddette “Udienze del Baciamano, concesse dal Papa ritagli di tempo approfittando degli spostamenti all’interno dei Sacri Palazzi. Per cui l’abilità consiste nel prevedere il suo itinerario. “Braccioforte” è stato istruito al riguardo da Barbagallo, e scorge in ciò la prova di un genio politico degno di Bismark. L’episodio ricorda l’aneddoto del Libro Cuore in cui un veterano del Quadrato di Villafranca stringe la mano ad Umberto I. Piccardo è viceversa uomo immune dal reducismo. Il che però lo induce a sposare cause” borderline”. Quale è appunto la completa distruzione dello Stato di Israele. Su cui però mobilita l’intera Comunità Islamica. Se la politica è l’arte del possibile, il Nostro si colloca dunque in apparente contraddizione con tale principio. Egli, tuttavia, mobilita più gente di tutti gli altri soggetti messi insieme. Trasformando così automaticamente la Comunità Islamica in una forza rivoluzionaria. Il cambiamento che persegue il nostro “Imam” risulta realistico, ovvero relegato nell’utopia? La possibilità per Piccardo di vincere la sua scommessa è affidata alla Storia, e non alla contingenza della cronaca. Noi, in quanto cattolici, registriamo un dato. Per la prima volta, confrontandoci coi Musulmani, ci troviamo privi della nostra massima Guida. Lungi da noi la millanteria di rappresentare qualsiasi soggetto – la nostra presenza è sempre stata a titolo personale – ma fino all’anno scorso percepivamo di essere inseriti in una corrente della Storia guidata dal Papa. Oggi siamo costretti a navigare a vista. Quale che sia il destino della “Barca di Pietro” – la quale, in quanto Comunità dei Credenti, non può comunque affondare – e guardando oltre le inevitabili divergenze sugli obiettivi politici, facciamo tuttora nostra la scelta di Bergoglio, e che consiste – come egli ebbe a dire ad “Al Azhar” – nell’allearsi coi Musulmani nel nome dell’emancipazione dei popoli. Con questo spirito, ci accingiamo ad assistere alla grande Festa del “Fitr”.