La Messa celebrata ogni domenica secondo il “Vetus Ordo” nella Chiesa dell’Annunziata ...
La Messa celebrata ogni domenica secondo il “Vetus Ordo” nella Chiesa dell’Annunziata, già dei Padri Minimi, ad Imperia Oneglia non costituisce soltanto una celebrazione dell’Eucarestia: naturalmente aperta per sua natura a tutti, ma frequentata abitualmente da un gruppo di persone più o meno esteso a seconda delle circostanze, che può comunque contare su di un numero di componenti collocato tra le trenta e le quaranta persone. Si tratta in realtà di qualcosa di più, essendosi costituita “sensim et sine sensu” una sorta di “amicale”. Così si definisce in francese una Associazione non riunita intorno ad un progetto comune, né basata necessariamente su convinzioni condivise comune convinzione, ma semplicemente motivata da uno stesso interesse. Interesse, beninteso, non assolutamente economico, bensì culturale o spirituale. Maturato a sua volta per via dell’affinità delle esperienze individuali, su cui si sente però il bisogno di riflettere insieme con altri. Molti anni or sono, proponemmo all’allora Padre Superiore del Convento dei Minimi, anche in considerazione della evidente e costante diminuzione dei frequentatori della Messa nella sua Chiesa, di trasformarla in una “aula” – usammo precisamente questo termine – in cui ci si riunisse per compiere una ricerca culturale, ed insieme perseguire un perfezionamento spirituale, entrambi condivisi. Il Padre Superiore parve inorridito da questa proposta, temendo che l’Autorità Ecclesiastica – o meglio, il gruppo dei fedeli riunito intorno alla Parrocchia di San Giovanni Battista – vedesse in una simile iniziativa una insidia per il proprio potere. Esaurito però per motivi anagrafici il “milieu” dei vecchi “Pacelliani”, che avevano monopolizzato l’intero ambiente religioso cittadino per tutti gli Amni Cinquanta e Sessanta, composto da persone non certo di larghe vedute, ma accomunate quanto meno da convinzioni sincere, esso veniva progressivamente sostituito dalla consorteria dei promotori del Comitato di San Giovanni. Dedito a mescolare – nel senso letterale del termine – il sacro, costituito dalla venerazione del Patrono, con il profano, identificato a sua volta nel “business” della sagra annuale. Con il quale la Chiesa non aveva nulla da spartire sul piano istituzionale, ma che ugualmente approfittava del richiamo religioso per prosperare. Ora pare in esaurimento anche questa seconda generazione di persone prossime al Prevosto e dedite a costituire una sorta di diaframma tra la sua Persona e l’ambiente sociale circostante. Il nostro Parroco, essendo un ottimo Sacerdote, pensa giustamente ad amministrare i Sacramenti e a condurre la Comunità Parrocchiale tra i marosi di una situazione secolare sempre più difficile. Scontando anche non poche difficoltà economiche, ereditate dalle gestioni precedenti. L’idea di riunire nella Chiesa dell’Annunziata un gruppo di fedeli uniti da una particolare inclinazione culturale e spirituale, dediti dunque a coltivarla e ad approfondirla, riemerse a nostra insaputa e senza che noi prendessimo parte alla promozione dell’iniziativa. Cui ci unimmo più tardi, dopo esserci resi conto di come il “Popolo di Dio” che viceversa si riuniva in Parrocchia nelle Festività di Precetto fosse monopolizzato – non certo per volontà del Parroco, ma anzi suo malgrado – da una parte politica ben precisa. Un cui esponente – quando ancora la Parrocchia era retta dall’ottimo Monsignor Bezzone – ci disse chiaramente che la nostra presenza non era gradita. Per motivi, naturalmente, che non avevano nulla a che spartire con la Fede, ma si collocavano esclusivamente nella sfera temporale. Dopo l’era dei “Pacelliani”, tramontata anche la fase intermedia dei “macellai”, era iniziato il periodo dei “Bassotti”. I quali compongono una consorteria più affaristica che politica, e sono notoriamente lontani da ogni manifestazione – sia pure la più remota – di spiritualità. Cominciammo così – per adempiere al Precetto Festivo – a frequentare la Messa in latino. Rendendoci conto a poco a poco di come si andasse formando un gruppo spontaneo di persone che avevano in comune il desiderio di preservare la tradizione. Scriviamo questa parola con l’iniziale minuscola, in quanto la Tradizione con la maiuscola definisce un modo di intendere la Chiesa. Che non è il nostro, appartenendo noi da sempre al Cattolicesimo Liberale. Don Bezzone rilevò una volta amichevolmente questa contraddizione. Gli rispondemmo che essa era soltanto apparente, giacché il Tradizionalismo cattolico costituisce soltanto una delle molte forme in cui si manifesta la ricerca e la preservazione della identità collettiva. Questa tendenza si è rivelata alla lunga – per la cosiddetta “eterogenesi dei fini” - non soltanto progressiva, bensì addirittura rivoluzionaria. In quanto essa costituisce la più forte motivazione del rigetto tanto dell’omologazione, cui sono destinati inevitabilmente i “déracinés”, quanto della atomizzazione della società. Che la rende incapace di difendersi dalle pretese di un Potere statuale sempre più alieno dalla spiritualità. Ecco, dunque, che quanto avevamo auspicato da parte del Superiore dei Minimi si è realizzato. Precisamente nel luogo che naturalmente sembrava destinato a questo scopo. Ora la Messa in latino deve soltanto continuare, agglutinando nella propria celebrazione chi già vi partecipa e chi vorrà via via aggiungersi. Dalla coltivazione della tradizione si passerà inevitabilmente alla affermazione dell’identità. Che troverà un giorno i modi e le forme in cui manifestarsi su altri piani, diversi da quello religioso. Già sufficiente, comunque, di per sé ad appagare le aspirazioni dei credenti.