Triumvirati, poteri condivisi e rivalità politiche: dalle origini romane ai riflessi locali– 27 settembre 2025
La Storia ricorda diversi casi di Magistrature non monocratiche. Nella Antica Roma, esistevano i Consoli, muniti di un reciproco potere di veto. Da cui deriva per l’appunto l’espressione giuridica “Potere Consolare”. Entravano in vigore infatti soltanto le decisioni adottate concordemente. In tempo di guerra, essendo necessaria l’unicità del comando, si nominava un Dittatore, con un mandato semestrale. Caduta in desuetudine tale carica, i Consoli comandavano l’esercito a giorni alterni. Avvenne dunque che uno di loro intendesse evitare lo scontro con Annibale, mentre l’altro volle ingaggiare la Battaglia di Canne. E mal gliene incolse. I Liberi Comuni del Medio Evo restaurarono l’Istituto del Consolato, tuttora vigente nell’unico superstite tra essi. Cioè la Repubblica di San Marino, dove si chiamano “Capitani Reggenti”. Il Quadrunvirato, invece, si costituì al di sopra delle Istituzioni quando per l’appunto altrettanti Gerarchi fascisti decisero di esercitare congiuntamente, in via provvisoria, il Potere. Ciò avvenne con i “Quadrunviri” della “Marcia su Roma”, che furono Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono e Cesare De Vecchi di Valcismon. I quali, però, vennero subito dopo sostituiti da Mussolini. Lo stesso discorso vale per i Triunvirati, il primo dei quali fu costituito a Roma – nel tramonto della Repubblica – da Cesare, Pompeo e Crasso. Il quale ultimo fu mandato a combattere contro i Parti nell’Asia Minore, ove morì. Il Secondo Triunvirato vide invece uniti Ottaviano, Antonio e Lepido, poi nominato Pontefice Massimo. Cesare e Pompeo, come più tardi Ottaviano ed Antonio, finirono per litigare tra di loro. Tali precedenti ci tornano alla mente essendo stato autorevolmente proposto che la guida della Città e della Provincia di Imperia venga per l’appunto affidata ad un Triunvirato, composto da Claudio Scajola, da Enrico Lupi e da Osvaldo “Braccioforte” Martini Tiragallo. Il quale ultimo risulta però essere il più debole della terna. Esclusa la possibilità di allontanarlo come Crasso – anche se in passato venne spedito in Giappone quale “Ambasciatore” della nostra Cucina – ed essendo per lui inaccessibili le cariche religiose, il noto ristoratore è destinato comunque ad essere escluso dal Potere. Lasciando campo libero allo scontro finale tra Lupi e Scajola. Poiché logicamente non vince chi grida di più – nel qual caso l’Uomo di Dolcedo supererebbe di molte lunghezze quello di Frascati – l’esito finale è già segnato. Annessa a propri domini Sanremo, dove il Signorotto locale Mayer si è inchinato alla sua inarrestabile preponderanza, il Sindaco – Presidente pare ormai destinato ad guidare uno Stato indipendente “de facto”, esteso da Cervo a Ponte San Luigi. Le altissime grida che si levano dalla “toilette” del Ristorante “Braccioforte”, accompagnando le funzioni fisiologiche di Enrico Lupi, non suonano dunque come manifestazioni di esultanza, bensì quale espressione disperata di profonda frustrazione e di rabbia impotente. Di fronte all’affermazione dell’Autorità incontrastata del rivale.

CINQUE DOMANDE AL SEGRETARIO PROVINCIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO

I) L’appoggio offerto dall’Amministrazione Comunale di Sanremo alla rielezione di Scajola a Presidente della Provincia era incluso o meno negli accordi in base ai quali si è costituita un’alleanza elettorale tra il Partito Democratico e la Lista guidata dall’attuale Sindaco?

II) In caso affermativo, tale clausola è stata sottoposta o meno alla valutazione dei competenti Organi Provinciali del Partito, ricevendone la debita approvazione?

III) Tali Organi ritengono comunque che ancora sussistano le condizioni per mantenere la coalizione attualmente alla guida del Comune di Sanremo, ovvero suggeriscono che il Vice Sindaco presenti le proprie dimissioni?

IV) La posizione dell’ex Segretario Provinciale, il quale ha accettato la carica di Vice Sindaco nell’Amministrazione Comunale di Vallecrosia, presieduta da da un “Fratello” della Meloni, è ritenuta compatibile con la sua persistente iscrizione al Partito?

V) In caso negativo, per quali motivi il “Compagno” (!?) “Vladimiro Ilic” Quesada non viene deferito ai competenti Organi Disciplinari, per quanto di loro competenza?

La mediazione proposta dal Vaticano per evitare l’ingesso della “Flottiglia” nelle acque territoriali di Israele ed il suo conseguente abbordaggio da parte della Marina Militare di tale Paese, nonché l’accorato appello rivolto ai naviganti dal Presiedente della Repubblica – il quale dimostra di apprezzare le loro intenzioni umanitarie, ma dissente dal metodo – ha già partorito alcuni risultati. Non definitivi, ma già di pur sempre significativi. La “Portavoce” del Convoglio, pur non dissociandosi espressamente dai suoi compagni di avventura, è rientrata prudentemente sulla terraferma italiana, con la scusa di proseguire i negoziati – non sappiamo tuttavia se abbia ottenuto la delega necessaria – ma con l’evidente intenzione di sottrarsi all’uso della forza da parte di Netanyau. Il quale potrebbe giungere all’estremo di svegliare i naviganti prima delle sette di mattina. Eventualità, questa, sufficiente a suscitare l’orrore una delle Signore imbarcate. Quanto più conta, la “Flottiglia” è ferma nelle acque di Creta. “Velocità Zero Nodi”, annunzia con burocratica eloquenza il suo “Sito Ufficiale”. Si presume che sulle navi siano in corso delle discussioni piuttosto animate. Qualcuno riterrà forse sufficiente incassare il riconoscimento politico offerto dalla Santa Sede e dalla Massima Carica dello Stato, nonché – quanto meno indirettamente – dallo stesso Governo di Gerusalemme. Al quale Palazzo Chigi e la Farnesina hanno pur sempre strappato una concessione, consistente nel permettere l’esito umanitario della missione. Gli aiuti, sbarcati a Cipro e presi in consegna dal Patriarca Latino, arriverebbero infatti comunque ai malcapitati abitanti di Gaza. I “Puri e Duri” intendono invece ad ogni costo “forzare il blocco”. Si tratta di un titolo degno di un romanzo di guerra, come quelli che furoreggiavano negli Anni Cinquanta. Ricordiamo, tra gli altri, “Maledetti da Dio” e “Battaglione di Disciplina”. Mentre una parte dei naviganti viene presa tanto dal timore delle legnate quanto da scrupoli legalitari, vi è chi non dimentica come lo scopo vero dell’operazione consistesse nell’offrire il pretesto ed una sorta di “via libera” per una ripresa delle violenze di piazza. Che avverrà purtroppo comunque. Adducendo il motivo dell’arrembaggio, ovvero quello – sia pure più modesto e meno eclatante – della coercizione sofferta dai naviganti. Costretti loro malgrado, per le pressioni concordanti del Vaticano e del Quirinale, a rinunziare ai propositi originali. Con sollievo degli armatori, che si vedranno restituire intatte le barche. Le quali non possono essere assicurate dai pericoli di guerra, e dunque venivano già considerate come altrettanti “vuoti a perdere”. Si tratta comunque di una spesa non certo gravosa per gli Sceicchi. E neanche per i “Fratelli Musulmani”. La violenza verrà in ogni caso, sia pure con una dilazione rispetto al programma prestabilito e senza il diretto coinvolgimento dei naviganti. Ai quali il copione originale attribuiva un ruolo di vittime della “violenza sionista”. Che non si potrà addebitare né a Pizzaballa, né a Zuppi, né a Mattarella. I mediatori, quando riescono nella loro missione, devono essere infatti sempre ringraziati. Quanto alle ciurme multicolori - dove c’era tutto ed il contrario di tutto, dai cosiddetti “LGBT” ai Musulmani più estremisti - l’unico loro denominatore comune consiste nel non fare direttamente parte del novero dei contestatori violenti. I quali costituiscono ormai un Partito a sé stante. Che può convergere tatticamente con quello della Schlein. La Signora elvetico – germanico – statunitense si presta a fornire l’esca ai disordini, ma non si può permettere di portare alle estreme conseguenze la scelta consistente nell’esercitare l’opposizione con metodi illegali e violenti. La divaricazione tra questi due soggetti, entrambi di “Sinistra”, risulta dunque inevitabile. Tra i due litiganti, il terzo che gode è la Meloni. La Presidente del Consiglio si vede infatti offrire su di un piatto d’argento il pretesto per un definitivo consolidamento del suo Regime.

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Mario Castellano  13/10/2025
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