Crisi della Sinistra e precarizzazione del lavoro: riflessioni a partire dalle parole di Romano Prodi
A Romano Prodi, ospite di Lilli Gruber, è stato domandato se la Destra possa perdere le elezioni. Il Professore ha risposto che ciò è ancora possibile, a condizione che si presenti agli elettori un’alternativa credibile. A questo punto si è chiesto all’ex Presidente del Consiglio se ritenga la Sinistra in grado di esprimerla. Con la sua ammirevole onestà intellettuale, Prodi ha risposto negativamente, poiché la Sinistra ha da tempo voltato le spalle all’intero Paese, a tutti gli Italiani.

La Destra ha così potuto rappresentare i “tutelati”, cioè quella minoranza che ha interesse a mantenere il sistema tel quel, traendone maggiori o minori benefici. I non tutelati — che sono la maggioranza — non votano, o comunque votano sempre meno, perché non si sentono rappresentati da questa opposizione e non la ritengono in grado di rovesciare il sistema. Una certa aliquota degli scontenti si esprime con mezzi illegali e violenti ma, trattandosi di una minoranza destinata a rimanere tale, non ha alcuna speranza di riuscirvi, potendo solo accelerare e giustificare la tendenza autoritaria del regime, che si avvia verso l’instaurazione di una “democratura”.

La separazione delle carriere dei giudici produrrà di per sé pochi effetti concreti, essendo ormai rarissimi i passaggi tra magistratura giudicante e inquirente. Molto più pericolosa risulta invece la possibilità concessa al Governo di interferire nelle carriere dei pubblici ministeri, garantendo a chi esercita il potere una sostanziale immunità dall’azione penale.

Per capire la gravità della situazione denunciata lapidariamente da Prodi, occorre rifarsi alla redazione della Costituzione, il cui primo articolo definisce l’Italia come una Repubblica “fondata sul lavoro”. La Sinistra premeva per un riferimento ai lavoratori, intesi come classe sociale, ma prevalse — con l’adesione dei socialisti e dei comunisti — il riferimento al “lavoro”, inteso non come categoria economica bensì filosofica. La mediazione, pare, fu proposta dai brillanti intellettuali cattolici democratici La Pira, Lazzati, Mortati, Moro e Fanfani, il gruppo dei “Professorini”, provenienti dall’ambiente accademico. Costoro erano anche denominati la “Comunità del Porcellino”, avendo un tempo condiviso un lattonzolo nel convento romano in cui erano alloggiati.

Il lavoro cui fa riferimento la Costituzione è un concetto religioso, proprio della tradizione giudaico-cristiana: Dio conferì all’uomo, creato a sua immagine e rimasto tale anche dopo il Peccato Originale, il compito di proseguire la Creazione. Il lavoro è dunque sempre nobile, soprattutto quello manuale, che trasforma il mondo adempiendo alla volontà divina. Il compito della politica è riconoscere l’importanza e la dignità dell’attività umana. Da qui la presenza dei cattolici nel movimento sindacale, volto a tutelare i lavoratori e a dare dignità alla loro opera, la quale ha valore spirituale oltre che materiale.

Che cosa ha fatto la Sinistra dal “Compromesso storico” ideato da Berlinguer? Se fino ad allora aveva sostenuto le lotte dei lavoratori, da quel momento in avanti — e soprattutto quando era al governo — ha iniziato a smantellare le loro conquiste. Spetterà agli storici ricostruire come, legge dopo legge, siano stati eliminati gli strumenti di tutela giuridica, e come sia venuto meno il potere d’acquisto dei salari e il rapporto stabile tra il dipendente e il suo posto di lavoro. Se Marx afferma che il capitalismo riduce il lavoro dipendente al livello di merce, e quindi merce è anche chi lo presta, tale degradazione si aggrava quando viene meno la continuità del rapporto di impiego.

Oggi l’Italia è caratterizzata da lavoro precario e parcellizzato, che rende inefficaci le agitazioni per migliori condizioni salariali e normative. Per colmo della beffa, le statistiche fasulle diffuse dal Governo affermano che cresce il numero degli “occupati”: basta infatti contare come tali due persone che lavorano un giorno al mese ciascuna, sostituendone una che prima aveva un impiego fisso.

Se la Sinistra ha contribuito in modo determinante a questa situazione, è perché da tempo non esprime più alcuna cultura politica: né quella marxista, che metteva in guardia dal ruolo dell’“esercito industriale di riserva”, né quella cristiana, che vedeva nel lavoro lo strumento principale per dare dignità all’uomo. Perdute le vecchie culture, si tenta di sostituirle con un generico “movimentismo”, ben simboleggiato dalla Schlein intenta a ballare sui carri del Gay Pride mentre diserta i cortei dei disoccupati.

La retorica del “senso di responsabilità” della classe operaia, propagata da Berlinguer, si è rivelata una favola: la chiusura delle fabbriche e l’abbassamento dei salari non hanno rafforzato l’Italia, che è invece scivolata nel Terzo Mondo produttivo, dove si delocalizzano le produzioni a basso contenuto tecnologico e si rinuncia alla ricerca scientifica. Gli imprenditori, anziché innovare, competono con quelli extraeuropei nello sfruttamento della manodopera, destinati comunque a perdere. Nel nostro Paese di adozione si arriva a pagare cento dollari al mese una donna che lavora quattordici ore al giorno, costretta a portare un pannolone perché non le è permesso neppure andare in bagno.

Rimane la speranza di diventare fornitori dello Stato, tutore di un capitalismo protetto e dipendente, privo però di autentica libertà d’impresa, che non esiste dove non esiste libertà politica. Eppure, se un economista leghista esalta questa prospettiva — come accaduto davanti alla nostra Unione Industriali — viene applaudito.

Marx, viaggiando in Irlanda, udì i braccianti agricoli dire dei proprietari terrieri: “Inginocchiamoci, forse ci daranno del pane”. Nell’Italia della Meloni questa frase la pronunciano addirittura i cosiddetti “padroni”. Se la Sinistra avesse conquistato l’egemonia culturale, oggi rappresenterebbe anche loro. Invece non rappresenta più neppure i lavoratori. Quella di Imperia si vanta persino di aver eliminato gli uni e gli altri. Mentre certi sindacalisti godevano di residenze lussuose acquistate tradendo gli operai, i dirigenti “democratici” patteggiavano la chiusura delle fabbriche in cambio di una partecipazione agli utili derivanti dalla costruzione dei residence, dalla quale però il Sindaco li ha esclusi. Si è salvato soltanto il Compagno Granatini.

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Mario Castellano  22/11/2025 articolo del 31/10/2025
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