Noi non abbiamo conosciuto personalmente ”Steve” Bannon, ma non sono mancati i contatti indiretti: la sua figura aleggiava come una presenza fantasmatica nella sala stampa della Santa Sede, dove venivano puntualmente riferite e commentate le trame di questo personaggio sinistro e misterioso.
Probabilmente, il dirigente evangelico fondamentalista americano, incaricato dalla estrema destra del suo paese di occuparsi delle faccende interne della Chiesa cattolica, non era in realtà responsabile di tutte le trame che gli venivano attribuite. Un proverbio delle nostre parti dice: “tempo di guerra, più balle che terra”.
Nei periodi di conflitto, si scatena la fantasia, e – come dice un altro proverbio – la verità è la prima vittima.
In Vaticano si sta per l’appunto combattendo una guerra civile tra bergogliani e anti bergogliani, nella quale si inquadra probabilmente anche la disavventura giudiziaria in cui Bannon è incorso nel suo paese. Anche gli Stati Uniti sono lacerati dallo stesso scontro che si manifesta, sia pure in modo diverso, dentro alle mura leonine: quello tra il nord e il sud del mondo, tra chi intende rinchiudersi nel suprematismo e nel dogmatismo e chi viceversa si apre alle altre identità e alle altre culture.
Non tutti gli americani, naturalmente, sono suprematisti e tradizionalisti, ed il conflitto si combatte su ogni terreno: quello giudiziario, quello della piazza, quello elettorale.
In Vaticano, l’attività giurisdizionale è piuttosto rara ed episodica, non vi si svolgono manifestazioni e – notoriamente – non si vota. Salvo, naturalmente, quando vi si svolge il conclave. Ed il conclave ha avuto un esito infausto per i tradizionalisti. Da quel momento, lo scontro è divenuto sotterraneo, ma non per questo meno cruento.
Una delle sue vittime è stato il povero padre Fidenzio Volpi, assassinato con un veneficio.
A questo punto, è iniziata la battaglia giudiziaria tra chi – come noi – chiedeva che fosse stabilita la verità processuale e chi viceversa tentava di insabbiare le indagini. Questo aiuta a capire perché Steve Bannon si nascondeva, lasciando che intorno alla sua persona tanto i nemici quanto gli alleati costruissero una sorta di leggenda nera.
Non tutto quanto si diceva di lui era vero, ma gli sarebbe bastato pronunziarsi pubblicamente perché fosse conosciuta quanto meno la sua versione dei fatti. L’americano, però, non diceva mai nulla. Le sue trame vennero allo scoperto soltanto in occasione della vicenda dell’abbazia di Trisulti, la cui concessione demaniale era stata licitata dallo stato italiano. Per Bannon risultò agevole aggiudicarsela.
A questo punto, il Vaticano dovette confrontarsi con una situazione che non si verificava dal tempo del Medio Evo, consistente nel trovarsi a fare i conti con una specie di Santa Sede alternativa, da cui sarebbe stato affermato e diffuso un magistero opposto a quello del papa, e soprattutto si sarebbero formati i quadri di una chiesa di fatto scismatica. Contro la quale non era però possibile scagliare alcun interdetto.
In primo luogo, perché non veniva apertamente rinnegata l’obbedienza formale al pontefice: il fallimento di Lefebvre aveva insegnato ai tradizionalisti che conviene di più agire per linee interne.
In secondo luogo, la scomunica non può essere usata da un papa che ha fatto della libertà di espressione all’interno della chiesa un fondamento del suo mandato. La democrazia lascia che i suoi nemici possano esprimersi, altrimenti rinnega se stessa.
Non rimaneva, dunque, che agire in base alle regole dello stato di diritto.
Su richiesta della Segreteria di Stato, la concessione demaniale di Trisulti venne revocata dal nostro governo. Il tribunale amministrativo accolse però il ricorso interposto da Bannon, il quale, come avemmo occasione di scrivere, aveva ragione. Egli può dunque disporre del suo Vaticano personale, da cui lancerà i propri strali contro il Vescovo di Roma.
Qualora si prolungasse la permanenza nelle prigioni dello stato di Nuova York (è comunque probabile il rilascio su cauzione), non mancano a Roma i proconsoli disposti ad occuparsi delle questioni amministrative.
L’universo del tradizionalismo è sterminato. Una volta ci venne chiesto di intraprendere un censimento delle sue testate. L’impresa si rivelò impossibile, dato che queste pubblicazioni si moltiplicano come le teste della medusa. Domina su questo mondo la figura – anch’essa misteriosa – del professor de Mattei, che può essere considerato il suo principale teorico. Il suo cavallo di battaglia, esposto su “Corrispondenze Romane”, consiste nel negare il valore magisteriale del Concilio. Purtroppo per lui, il papa è già ben oltre le costituzioni del Vaticano II.
C’è poi il cardinale Burke, quello che celebra i pontificali sul tronetto (se la chiesa ne è sprovvista, occorre comprarne uno), con la “cappa magna” e i relativi caudatari.
Come ci sono due chiese, esistono anche due Italie, e soprattutto due Americhe. Questi ambienti interagiscono tra loro. Il volto degli Stati Uniti – se non vogliamo risalire alla “Grande Guerra”, ed al battaglione americano con cui aveva combattuto il giovane Hemingway – conosciuto dalla vecchia generazione era quello della “Quinta Armata”. Nelle cui fila erano numerosi i soldati “di colore”, i quali dovettero però attendere la fine del conflitto perché l’esercito fosse “desegregato”.
Se questi militari diedero agli italiani la sensazione che tutto il mondo fosse venuto a liberarli, anche il fatto di essere trattati come eguali dalla nostra gente contribuì ad animarli nella rivendicazione dei loro diritti.
La “guerra fredda” avrebbe portato in seguito a costruire la “Hollywood sul Tevere”, che il provinciale Veltroni identifica “tout court” con la grande nazione di oltre Atlantico. In realtà, la stessa cultura “liberal” di quel paese è ben più ampia e complessa.
Il primo direttore dell’ “U.S.I.S.” di Roma, che aprì la sua sede in via Veneto quando ancora una parte dell’Italia non era stata liberata, fu Allan Tate, il poeta sudista autore della “Ode ai confederati”.
Se intorno alle riviste culturali promosse dall’ambasciata d’America si riunì – per merito del nostro concittadino Angelo Magliano – la migliore intellettualità antifascista ed anticomunista italiana – con uomini quali Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte – contrapposta a quella che aveva scelto di schierarsi con Mosca e con Togliatti – il dopoguerra vide anche l’arrivo di tanti agenti della C.I.A. incaricati di ogni sorta di trame. “A la guerre comme à la guerre”, ma speravamo che la “guerra fredda” fosse finita con la caduta del Muro di Berlino.
Esiste invece un settore statunitense intenzionato a intraprenderne un’altra, questa volta privata, in cui il nemico è identificato nel Vaticano di Bergoglio.
Si ripetono anche, purtroppo, le manifestazioni di ostilità personale: un noto tradizionalista seguace di Bannon, tale Alvaro Martino, ci ha insultato per ben tre volte pubblicamente nella sala stampa della Santa Sede. Nessuno lo ha richiamato ad una condotta più educata, come avveniva quando la polizia di Scelba aveva l’ordine di tollerare anche i reati commessi dagli americani: dobbiamo ancora pagare gli aiuti del Piano Marshall. Il Vaticano, più sagace dello stato italiano, ha già trovato altre fonti di finanziamento.
I tradizionalisti di oltre Atlantico reagiscono nel loro modo consueto: “nessun problema, ne facciamo un altro”.
A Bannon non mancano di certo i soldi per pagare la cauzione, né per trasformare Trisulti in una nuova Avignone, né per munire Burke dei tronetti, delle “cappe magne” e dei caudatari di cui ha bisogno.
La partita non si decide però tra Roma e la Ciociaria: si decide in tutto il mondo.

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Mario Castellano 25/08/2020
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