Gli intellettuali napoletani che avevano costituito nel 1799 la "Repubblica partenopea" finirono giustiziati sommariamente dai "lazzari", cioè da quegli stessi popolani di cui si proponevano di migliorare la condizione sociale.
Oggi, gli illustri professori di scienze politiche che insegnano nelle più prestiose università degli Stati Uniti e scrivono sui migliori giornali europei si trovano contrapposti alla massa di contadini della grande provincia americana, accorsi nella capitale per difendere la causa di Trump. L'unica obiezione che questi pensatori sanno muovere ad un popolo con cui non riescono a trovare un linguaggio comune - anche qui vale il rilievo che Vincenzo Cuoco mosse "a posteriori" ai suoi compagni meditando sul loro fallimento - consiste nel denunziare che i repubblicani si mobilitano nel nome di argomenti falsi.
Le narrazioni, le leggende, sono però sempre false, o quanto meno vengono adottate come giustificazione di una causa senza essere sottoposte al vaglio della storiografia. Qualche anno fa, una commissione di esperti, incaricata dal governo federale, accertò ufficialmente che Guglielmo Tell non era mai esistito. Non per questo, però, cessò di esistere la Svizzera, nè vennero abbattuti i monumenti eretti in suo onore in ciascuna delle sue città. Le autorità stabilirono infatti anche che questo Paese si ispirava ai valori rappresentati dalla figura leggendaria del suo fondatore. Ciò fu possibile in quanto la politica non era più passione, bensì ragione. La passione, tuttavia, era risultata necessaria fino a quel momento per mantenere la coesione di una comunità. Siamo sicuri che ciò non valga più in ogni caso?
Le monarchie dell'Europa, benchè ormai costituzionali - anzi proprio in quanto prive di un potere effettivo - si basano sulla identificazione emotiva: che in quanto tale prescinde dalle divergenze contingenti tra i cittadini. In America Latina, la democrazia ha ancora bisogno di una certa dose - sia pure controllata - di populismo, cioè di identificazione irrazionale in chi le rappresenta e le guida.
Chi oggi deride le teorie in base alle quali i seguaci di Trump invadono il Campidoglio non sempre ha la coscienza pulita. Negli ultimi anni del potere sovietico, il figlio di Bucharin scrisse a Berlinguer chiedendogli di rivedere l'approvazione, espressa dal Partito Comunista Italiano, della condanna di suo padre. Il marchese sardo sapeva perfettamente che le accuse mosse a Bucharin erano tutte quante false e inventate, ma non ebbe neanche la cortesia di rispondere. Secondo lui, il partito "aveva sempre ragione". La Chiesa, invece, aveva riabilitato Galileo Galilei.
Rispetto ai seguaci di Trump che assaltano il Congresso, il comportamento di Berlinguer risultò più grave, dato che costoro agiscono almeno in buona fede, mentre il successore di Togliatti era in evidente malafede.
Oggi, un dirigente della sinistra di grande onestà intellettuale come Barca viene insultato, non certo per avere giustificato un reato, bensì per essersi posto delle domande sulle sue cause sociali. Questo viene fatto ogni giorno dai criminologi, senza che nessuno li accusi di istigazione a delinquere, o di apologia di reato.
Dopo la guerra, i due grandi partiti si affrontarono a colpi di bugie: non era infatti vero che i comunisti "mangiassero i bambini", ma non era neanche vero che l'Unione Sovietica fosse "il paradiso dei lavoratori". Tuttavia, anche queste narrazioni contribuirono alla coesione sociale, e finirono per radicare la democrazia in Italia. Prevalse, nel nostro Paese, il legame umano ed il riconoscimento delle radici comuni, come illustrato dalle vicende di don Camillo e di Peppone.
Certamente, quanto avvenuto in America segna comunque una regressione, dato che la politica torna ad alimentarsi di leggende e di passioni, anzichè fondarsi esclusivamente sulla ragione. Questo avviene però in quanto si ricercano nuovi miti fondativi. John Brown era un pazzoide, ma durante la guerra civile venne considerato un eroe dai nordisti. I sudisti, a loro volta, difendevano l'indifendibile, cioè la negazione dell'eguaglianza tra gli esseri umani. Oggi Trump afferma che ha perso per un broglio elettorale. Se ciò non è vero, come fa a mobilitare tanta gente? Ci riesce perchè rappresenta l'identità di una parte dell'America, certamente provinciale ed arretrata nella sua cultura politica, che tuttavia possiede una caratteristica non presa abbastanza in considerazione dai suoi grandi intellettuali: questa caratteristica consiste semplicemente nel fatto che essa esiste, e risulta perciò stesso irriducibile ai loro schemi ideologici. Questa incapacità di capirsi, e dunque di dialogare, porta ad una conseguenza: se non ad un'altra guerra civile, certamente ad un'altra secessione. Che questa volta sarà irrimediabile, in quanto non basterà per superarla una misura di ordine giuridico, quale fu l'abolizione della schiavitù. Non è infatti possibile distruggere una identità collettiva, se non al prezzo di un genocidio.
Non rimane dunque che una soluzione: ciascuno vada per la sua strada. Questo è successo tra l'India ed il Pakistan, al prezzo però di milioni di morti, e di decine di milioni di profughi. Gli svedesi ed i norvegesi si separarono invece senza sparare un colpo di fucile.
Se davvero noi, abitanti del Settentrione del mondo, siamo più "civili", dovremmo seguire questo esempio. A Washington, invece, già si contano le vittime.