Esistono diverse possibili letture dell'accordo stipulato tra gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l'Australia per fornire a quest'ultimo Paese dei sommergibili atomici di fabbricazione americana.
La Francia, che aveva già firmato un contratto di vendita - riguardante però dei sottomarini a propulsione non atomica - protesta con forza, tanto per l'affare mancato quanto per lo sgarbo politico inflitto dagli anglosassoni alle autorità di Parigi. Ricordiamo di esserci trovati a Roma, in compagnia di un gruppo di pellegrini d'oltralpe, quando veniva finalmente realizzata la "brexit", già decisa molto tempo prima dal corpo elettorale. I nostri occasionali interlocutori francesi - benchè tutti quanti devoti cattolici venuti per pregare sulla tomba di San Pietro - esprimevano commenti ostili nei riguardi dei vicini di oltremanica, accusandoli di agire soltanto in base ad un calcolo economico. Il "cliché" dell'inglese cinico ed avido risulta evidentemente radicato in tutti gli europei continentali.
Si stanno versando fiumi di inchiostro per annunziare una imminente guerra contro la Cina, scatenata dall'invasione di Formosa. I britannici si trovano ad ogni buon conto già sul posto con una loro squadra navale, spedita appositamente dall'Inghilterra per prendere posizione proprio in questi giorni. La coincidenza non è probabilmente casuale. Non essendo esperti di geostrategia, ci asteniamo dal valutare la situazione in base ad una scienza di cui siamo profani: "ne sutor ultra crepidam". Quanto ci preme rilevare è che il patto stipulato nei giorni scorsi coinvolge le tre nazioni anglosassoni, situate una in Europa, una in America e un'altra in Oceania, cioè nell'estremo prolungamento dell'Asia. Gli australiani sono relativamente pochi, sperduti nell'immensità di un'isola che assomiglia ad una grande scatola vuota. La loro ossessione è sempre stata quella di venire sommersi dai popoli di radice mongolica, forti di una demografia straripante.
Risulta indubbiamente essenziale - data la collocazione geografica - il loro apporto alla difesa di Formosa, ma non si deve neanche trascurare a nostro avviso - l'influenza esercitata dal legame identitario con la madre patria. Gli abitanti dell'antica colonia penale, popolata in origine dai galeotti, allontanati il più possibile dall'Inghilterra, non hanno mai elaborato - contrariamente a quanto è avvenuto nel caso degli americani - delle caratteristiche nazionali loro proprie. Si tratta dunque sempre di inglesi trasferiti agli antipodi. Proprio per questo, la loro difesa viene percepita dalla Gran Bretagna come un atto di solidarietà dovuto a chi fa parte della stessa etnia, e dal contempo di difesa della propria sovranità: i sudditi di Sua Maestà hanno il diritto di insediarsi dove vogliono, nell'ambito dei domini della corona. In questo modo si spiega anche l'ostinazione con cui tutti i governi di Londra difendono i pochi abitanti di Gibilterra: mentre la Spagna rivendica il rilascio della casa, l'Inghilterra chiede il parere degli inquilini.
Per le Falkland, abitate da un pugno di pastori di pecore di origine scozzese, si decise addirittura di combattere una guerra. Lo stesso è avvenuto per i protestanti dell'Irlanda del Nord. Quanto ai cinesi di Hong Kong, essendo in parte anglicizzati, ci si attinge a ricevere tutti quanti vorranno trasferirsi in Europa, essendo stato loro concesso il passaporto britannico. Se ne conclude che tutti gli anglosassoni sentono con forza il vincolo identitario, prevalente comunque sulla convenienza economica.
I nostri interlocutori francesi si sbagliano dunque sulle motivazioni che determinano le scelte dei loro vicini. I quali avrebbero avuto tutto l'interesse a mantenere l'impero di oltremare, lasciando ai nazisti il dominio sull'Europa continentale, ma opposero a Hitler, che proponeva loro questo baratto, una questione di principio. L'impero britannico era infatti comunque perduto, quale che fosse l'esito della guerra. Arriviamo, con questo, alla conclusione del nostro discorso.
Nel 1940, tutte le nazioni collocate al di qua della Manica avevano ceduto la loro sovranità ai nazisti, alleandosi con loro o arrendendosi senza resistere. Nulla garantisce agli inglesi che la storia non si ripeta. L'Italia, tanto per fare un esempio, si è già sottomessa ai cinesi: l'asse Roma-Pechino costituisce la riedizione dell'asse Roma-Berlino. Se gli europei continentali combattono, come avvenne nella Prima Guerra Mondiale, l'Inghilterra interviene per sostenerli. Altrimenti, è pronta a ritirarsi di nuovo, come fece a Dunkerque.
Non a caso questa pagina di storia è stata rievocata dal cinema proprio in coincidenza con l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Quella che noi continentali percepiamo come una questione di convenienza, gli inglesi la considerano invece una questione di sopravvivenza. 

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Mario Castellano  19/09/2021
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