Vi sono degli uomini destinati a consumare la loro esistenza nel tempo frapposto tra i loro padri, che hanno fatto la storia, ed i loro figli, cui è riservato il compito di riannodare i fili della vicenda generale.
Luigi Pirandello dedicò a questa sua esperienza di figlio di un garibaldino e di padre di un combattente della Grande Guerra alcune delle sue pagine più impregnate di coscienza civile. "Quando sarebbe toccato a noi?": questa è la domenda che esprime il protagonista di un racconto, in cui si riflette lo stesso autore. Quel momento non sarebbe venuto, ma alla generazione di mezzo sarebbe toccato il compito, meno epico, eppure ugualmente importante, di perpetuare il ricordo, di mantenere coeso il tessuto della memoria.
Abbiamo avuto la fortuna di conoscere il dottor Raffaele Amoretti, amico fraterno di nostro nonno. Gli incontri tra loro, in occasione degli impegni professionali del padre di Adriano, offrivano loro l'occasione per rievocare i lunghi ricordi di una generazione. Altre memorie erano affisse sulle pareti dello studio di via Alfieri, componendo come una sorta di museo della Prima Guerra Mondiale, a cui Raffaele Amoretti aveva partecipato quale componente del Corpo degli Alpini. Come tutti i combattenti di quel conflitto, era ritornato alla vita civile segnato dall'esperienza, ma anche umanamente arricchito, e soprattutto animato da un patriottismo non declamato, bensì piuttosto forgiato dalla vita pericolosamente vissuta sul fronte.
Adriano, che prese la successione del padre nella professione, non volle mai toccare uno solo di quegli innumerevoli quadri, come se il suo compito consistesse nell'essere il custode della memoria, che fece giungere alle generazioni successive. Il suo tempo si sarebbe consumato nel lavoro, ma era viva e profonda in lui la meditazione sulla storia, come se si fosse immedesimato, appropriandosene, nell'esperienza del padre. La Grande Guerra aveva rappresentato il prologo - tragico e grandioso - di un secolo destinato a cambiare il mondo, proiettando sulla sua ribalta popoli nuovi e idee nuove. La vittoria era stata soprattutto una vittoria della gente comune, destinata proprio per questo a proiettarsi nelle vicende successive, ispirandole con l'esempio di chi l'aveva resa possibile.
Commemorando Adriano, abbiamo finito per ricordare suo padre. Proprio così, però, egli avrebbe voluto essere ricordato: come un testimone delle tradizioni, quelle della famiglia, quelle della città e quelle della nazione. Tutto questo è raccontato nella grande biblioteca riunita dal dottor Raffaele Amoretti nella sua bella casa bianca, che aveva voluto costruire sul mare della Liguria. Tra quei libri si era ritirato anche Adriano, a riflettere sulla storia, intesa da lui sempre come una vicenda animata dalla passione civile.
Nell'ora della sua morte, ci domandiamo come questa vicenda continuerà nel futuro. A questa domanda, non c'è risposta, ma rimane - ad illuminare il nostro cammino - la luce della tradizione. Quella tradizione che egli ha testimoniato.