La sentenza della Corte Costituzionale risulta ineccepibile dal punto di vista giuridico, in quanto l’abolizione del reato di omicidio del consenziente permetterebbe di praticarlo nei confronti di chiunque: anche di chi – pur essendo perfettamente sano – non avesse semplicemente più voglia di vivere.
In Belgio, si è praticata l’asserita “eutanasia” su di una ragazza caduta in depressione perché si considerava brutta.
Rimane dunque aperta la strada dell’attività legislativa, che dovrà riflettere nelle norme positive il criterio, già stabilito dalla Consulta, in base al quale l’eutanasia si può praticare solo su chi – oltre ad essere naturalmente consenziente – sia affetto da una malattia incurabile ed invalidante.
Sul piano politico, la Chiesa segna un altro punto, dopo avere evitato che una legge emanata per aggravare le sanzioni erogate ai responsabili di reati motivati dall’omofobia pretendesse anche di cancellare la differenza di sesso.
La quale può avere rilevanza giuridica, purché naturalmente non porti a stabilire una disparità di diritti.
Che le Autorità della Repubblica non si ispirino al principio della laicità dello Stato, bensì a quello del suo carattere antireligioso, lo si è visto quando hanno approfittato del Festival di Sanremo per offendere i credenti.
Si tratta di un atteggiamento tipico di chi ha rinunziato a promuovere la giustizia sociale, ed esibisce il proprio anticlericalismo per fare credere di essere ancora “progressista”.
Intanto, però, rimane soltanto la Chiesa ad affrontare quella situazione sociale che Mattarella ha denunziato nel momento di reinsediarsi alla Presidenza, esaltando il concetto di “dignità”.
La dignità deve tuttavia essere difesa in modo concreto.
Se lo fa essenzialmente la Chiesa, hanno ragione i Vescovi a chiedere che le Autorità dello Stato rispettino le convinzioni dei credenti, e soprattutto che non si introducano nuove norme contrarie non già all’etica cristiana, bensì alla stessa morale naturale.
