La pressione militare esercitata dalla Russia sull’Ucraina, che ci si era illusi di scongiurare mediante l’azione diplomatica svolta dagli Americani, dai Francesi, dai Tedeschi ed infine dagli Italiani, è già sfociata nei primi combattimenti.
Mentre ci auguriamo ancora – “Spes contra spem”- che questo non venga considerato come l’atteso “casus belli”, è già certo che il confine tra l’Est e l’Ovest, stabilito a suo tempo sull’Elba e poi spostato progressivamente fino al Don, si è comunque trasformato in un fronte di guerra: non più “fredda”, bensì calda.
Mentre tutta l’Europa Orientale rafforza le proprie difese ed accelera – al di là dell’adesione formale all’Alleanza Atlantica – la propria sostanziale integrazione militare con l’Occidente, dalla parte opposta Putin persegue un disegno che va ben oltre l’affermazione dell’identità grande russa.
Il nuovo Imperatore si qualifica – più ancora dei suoi predecessori dell’Ottocento – come l’erede di quelli bizantini e come il campione dell’Ortodossia: con la sua concezione teocratica del Cristianesimo, contrapposta non soltanto agli infedeli, ma anche a quella - propria dell’Occidente - della separazione tra la sfera civile e quella religiosa.
Sono però presenti, sullo scenario mondiale, altri soggetti intenti ad interpretare anch’essi un ruolo imperiale, e che si propongono di riunire i popoli accomunati da una stessa fede, o comunque da una stessa visione spirituale.
Erdogan ha dichiarato che il confine della Turchia “va da Vienna a Trieste”, e dunque intende ristabilire il suo dominio sui Balcani, ridotto dopo il fallito assedio di Vienna con i Trattati di Karlowitz del 1699 e di Passarowitz del 1718, e quindi quasi estinto in base al Trattato di Berlino del 1878.
Tale esito fu reso possibile dall’intervento nella Prima Guerra Balcanica di Alessandro II di Russia.
Questo Paese interpretò il suo ruolo di Potenza Protettrice dei Cristiani di quella regione in termini di intervento militare.
Un ruolo analogo era attribuito alla Francia per quanto riguardava l’Asia Minore, ma non diede luogo ad alcun impegno diretto fino alla Prima Guerra Mondiale, quando l’accordo Seyes - Picot garantì a Parigi il successivo Mandato sulla Siria e sul Libano.
La Russia di Putin, intervenendo nella guerra civile in Siria a sostegno degli Sciiti – e di conseguenza dei loro alleati cristiani – si è sostituita alla Francia.
A maggior ragione è dunque prevedibile che Putin torni ad assumere la tutela degli Ortodossi dei Balcani, e dunque i suoi disegni strategici sono destinati a confliggere in prospettiva con quelli di Erdogan.
E’ tuttavia più probabile che i due finiscano per spartirsi le rispettive zone di influenza, ai danni di un Occidente sempre più in ritirata.
Nell’Estremo Oriente, la Cina si presenta come il soggetto destinato ad egemonizzare l’area di espansione del Buddismo, che coincide in gran parte con quella propria della concezione confuciana della società.
Anche qui, non mancano i potenziali punti di attrito con la Russia, in quanto quest’area comprende la Siberia, ed è precisamente per evitare ogni tendenza centrifuga nel suo grande Paese che Putin minaccia di riprendere con la forza l’Ucraina.
Tutti questi Imperi in via di ricostituzione hanno in comune tra loro il fatto di coagularsi intorno alla rispettiva identità religiosa, ricollegandosi con la funzione storica propria delle antiche Monarchie: due delle quali, quella bizantina ed il Sultanato sunnita, ebbero la propria capitale a Costantinopoli.
Mentre il fattore religioso opera altrove come un elemento unificante, l’Occidente si avvia viceversa in direzione di una frammentazione degli Stati nazionali in una miriade di entità regionali.
Ciò avviene proprio in quanto esso ha perduto la sua dimensione spirituale.
In tanto potremmo riunificarci in quanto riscoprissimo l’ideale del Sacro Romano Impero, la cui caduta coincise non a caso nel 1918 con quelli che Karl Kraus definì “gli Ultimi Giorni dell’Umanità”.
Questa idea potrebbe essere rivendicata dal Papato, che però si avvia – con l’elezione di un Pontefice non europeo – a ricercare una dimensione ecumenica, se non addirittura sincretica: tutto il contrario, cioè, della rivendicazione dell’identità cristiana dell’Occidente.
La prima Roma avrebbe potuto scegliere viceversa l’alleanza con la Seconda, e soprattutto con la Terza: questo avrebbe però significato distanziarsi dagli Stati laici dell’Europa.
Quando Leone XII declinò l’offerta di Nicola I di Russia, disposto a garantirgli la propria tutela nel nome del principio di legittimità, contribuì – pur senza volerlo e senza saperlo – al processo storico che avrebbe portato alla Breccia di Porta Pia.
Cioè alla perdita di Roma.
Speriamo che la storia non si ripeta.