C’è un parallelo impressionante tra quanto avviene ad Imperia e quanto succede in Italia ed in tutto l’Occidente.
Il nostro Sindaco – malgrado i maliziosi dicano sia stato riformato per insufficienza toracica -   sfoggia una insospettata preparazione militare, ed escogita l’arma assoluta che ci garantirà la Vittoria, consistente nel recarsi in ufficio e a scuola indossando gli abiti degli esploratori polari, i dirigenti di tutti i Paesi coalizzati contro Putin esitano ad impiegare l’arma dell’Apocalisse: che non è l’atomica, bensì l’embargo sul gas.
Quanto più dunque si aggrava la guerra, con il relativo “battage” dei mezzi di comunicazione, tanto più ridotta risulta la portata delle sanzioni.
Il motivo è semplice: queste misure danneggiano chi le attua più di chi le subisce.
Ci troviamo nella cosiddetta “alternativa del diavolo”: se tagliamo il gas, la nostra economia subisce un colpo mortale, mentre la Russia può sempre trovare altri clienti; se viceversa il rubinetto rimane aperto, Putin può continuare la guerra senza subire eccesivi contraccolpi.
Siamo impegnati in un conflitto di logoramento, che potrebbe essere vinto soltanto qualora entrambi i contendenti si trovassero nelle stese condizioni materiali.
La Russia, però, è autosufficiente dal punto di vista tanto energetico quanto alimentare, noi no.
Esiste poi il fattore spirituale.
A questo riguardo, ci troviamo d’accordo con quanto ha scritto Padre Bianchi, secondo cui le motivazioni di chi combatte sono completamente diverse: da una parte, ci si fonda sulla fede, e dall’altra sulla ragione.
La ragione, però, non basta quando – come sappiamo per esperienza personale - ci si pone la domanda inevitabile per tutti gli uomini in guerra: perché abbiamo rinunziato ai vantaggi offerti dalla pace, e ci troviamo qui ad affrontare tanti rischi e tanti sacrifici?
La risposta può venire soltanto da un ideale condiviso.
Noi non ci riconosciamo, naturalmente, in quello assolutistico e teocratico che muove la Russia di Putin, ma ci domandiamo se la ragione, in cui si riconosce invece l’Occidente, può bastare.
La dicotomia tra fede e ragione si è aggravata fin da quando i conflitti hanno smesso di essere ideologici per divenire identitari.
Ogni ideologia, infatti, si poteva verificare alla prova dei fatti, e lo scontro cessava - come successe per la “guerra fredda” – quando i risultati deludevano le aspettative.
Nei confronti della propria rispettiva identità si compie invece un atto di fede.
Per cui i lutti ed i sacrifici, anziché indebolirla, finiscono per rafforzarla.
Tanto più se nell’identità entra una componente di ordine religioso.
Si dice che la Russia stia sempre più impiegando nella guerra i soldati di musulmani e buddisti, il cui fideismo è ancora maggiore di quello che anima i Cristiani Ortodossi.
Questa situazione profila anche uno scontro tra il Terzo Mondo – soprattutto nella sua componente asiatica – e l’Occidente.
Il fattore rappresentato dagli interessi economici dei Paesi extraeuropei si somma dunque con quello identitario.
Chi ha vissuto fuori dall’Occidente sa quanto sia esplosiva questa miscela di risentimento sociale e di contrapposizione culturale.
Il Papa bacia la bandiera dell’Ucraina, ripetendo un gesto tipico dei soldati impegnati nelle guerre “d’antan”, per significare che questo Paese ha ragione dal punto di vista del Diritto Internazionale.
Riteniamo però che gli stessi cattolici extraeuropei, per non parlare dei seguaci di altre religioni, lo considerino una scelta di campo difficile per loro da condividere.

Post scriptum
Riappare sul computer il messaggio dei nostri lettori russi: ringraziamo per l’attenzione, ma li preghiamo di esprimersi in una lingua occidentale, in modo che posiamo iniziare un dialogo; di questi tempi, è più che mai necessario parlarsi.

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Mario Castellano  7/4/2022
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