Ezio Mauro, su “La Repubblica” del 16 maggio, si pone in sostanza questa domanda: perché in Europa si manifesta solidarietà con la causa dell’indipendenza nazionale dell’Ucraina,...
Ezio Mauro, su “La Repubblica” del 16 maggio, si pone in sostanza questa domanda: perché in Europa si manifesta solidarietà con la causa dell’indipendenza nazionale dell’Ucraina, ma non si manifesta una eguale solidarietà con la democrazia, che pure trova in questo Paese una incarnazione ed una rappresentanza – per quanto imperfette – in quanto resiste all’autocrazia della Russia di Putin?
Si può obiettare in primo luogo all’ottimo Direttore che egli stesso risponde alla sua domanda quando annota come nei confronti dell’Ucraina si manifesti un sentimento definito di “compassione”.
La compassione costituisce una attitudine dello spirito tipicamente italiana, e designa etimologicamente un “idem sentire”.
Chi la prova non si limita infatti a provare pena per il dolore altrui, ma giunge a farlo anche proprio.
Tale condivisione può manifestare la bontà di chi la prova, ma nasce a volte dalla coscienza del fatto che si può divenire a propria volta vittime dello stesso male, della stesa ingiustizia.
Domandiamoci dunque quale sia l’ingiustizia subita dall’Ucraina che può riguardare anche noi.
La risposta, a nostro avviso, è la seguente: sappiamo che anche la nostra identità può essere offesa, o addirittura negata.
Se dunque difendiamo l’Ucraina, difendiamo noi stessi.
Ci pare che quanto avvenuto a Torino, dove la gente ha cantato e ballato per tutta la notte, come se la vittoria di questo Paese in una competizione musicale fosse stata conquistata anche dall’Italia, rivela come i nostri connazionali abbiano maturato precisamente la coscienza che dobbiamo difendere l’Ucraina in quanto l’Ucraina ci sta difendendo.
La libertà dei popoli è infatti indivisibile: lo aveva insegnato Giuseppe Mazzini, ricordando – per la sua stessa memoria familiare - come l’indipendenza di Genova fosse stata calpestata.
Seguendo la sua lezione, gli Europei – durante tutto il corso dell’Ottocento – combatterono gli uni per la causa degli altri.
Mauro osserva però giustamente che questo non è più sufficiente, in quanto l’indipendenza dei popoli trova nella democrazia politica la propria espressione, tanto naturale quanto necessaria.
La democrazia versa però in grave pericolo, dato che non suscita nessuna passione.
“L’ideologia – scrive infatti il Direttore – si racconta, la rivoluzione addirittura si canta: la democrazia si tace”.
Se dunque l’Occidente tace la democrazia, l’identificazione con chi difende l’indipendenza riguarda soltanto il riconoscimento della sua identità.
Che può tuttavia trovare espressioni politiche del tutto diverse.
Quando si manifestava in favore del Vietnam, si prescindeva dal fatto che i suoi patrioti erano ispirati da una ideologia del tutto diversa dalla democrazia liberale, propria dell’Occidente.
Anche se – a dire il vero – non mancava chi tentava di contrabbandare da noi, nel nome di una solidarietà malintesa, il modello marxista - leninista.
Nel caso dell’Ucraina, il nostro “idem sentire” politico dovrebbe rafforzare ulteriormente il sentimento solidale.
Se però tale aspetto viene messo in ombra, e finisce per essere considerato secondario rispetto al principio di autodeterminazione, ciò avviene per un motivo ben preciso: non siamo ancora arrivati a considerare la democrazia come un elemento essenziale della nostra identità, che come tale dovrebbe concorrere a motivare la sua difesa.
L’Ucraina avrebbe naturalmente diritto all’autodeterminazione anche se non fosse una democrazia.
Che cosa avverrebbe, però, se venisse messa in discussione la nostra stessa indipendenza?
La risposta a questa domanda è che in tanto la difenderemmo con la necessaria convinzione in quanto considerassimo la democrazia parte integrante della nostra identità.
Qui, però, il discorso riguarda inevitabilmente due circostanze: la prima consiste nel fatto che in Italia la democrazia è sospesa e commissariata, ieri a causa dell’epidemia, oggi a causa della guerra; la seconda riguarda viceversa il fatto che la democrazia non consiste soltanto nel carattere rappresentativo delle Istituzioni, ma anche nella cultura politica cui si ispira la comunità nazionale.
Questa cultura, o meglio queste culture, risultano però tutte quante ormai esaurite: non soltanto in Italia, ma in tutto l’Occidente.
Quando dunque gli Ucraini innalzano la bandiera dell’Europa, essi dimostrano di credere in qualcosa in cui noi, viceversa, non crediamo più.
Questo era già successo d’altronde quando i Polacchi brandivano la Croce: essi erano ancora credenti, noi eravamo invece divenuti agnostici.
La democrazia, come la religione, “si tace” – come dice Mauro - in quanto non è più una passione collettiva.