I Presidenti dell Giunte Regionali di tutta Italia...
I Presidenti delle Giunte Regionali di tutta Italia si attribuirono in un certo momento il titolo di “Governatori”.
Il primo ad introdurre questo termine fu – non a caso – Formigoni, cioè quello di gran lunga più megalomane.
L’uomo, simile a certi dittatori dell’America Latina di un tempo, amava attribuirsi dei titoli altisonanti, tali da significare una sua asserita superiorità: Gaspar Rodriguez Francia, “caudillo” del Paraguay, si faceva chiamare “El Supreomo”, e la gente doveva girarsi al suo passaggio per non vederlo.
Formigoni arricchiva inoltre la propria autobiografia di qualifiche millantate: vedi il presunto voto di castità, smentito dalla ex convivente.
Il nome con cui l’uomo intendeva passare alla storia era il “Celeste”, segno di una beatificazione pronunziata non già “post mortem” – come avviene per chiunque venga innalzato agli onori degli altari - ma ancora in vita: un caso unico nella Storia della Chiesa.
Formigoni non asserì invece di avere pronunziato il voto di povertà, che sarebbe stato manifestamente contraddetto dalle vacanze miliardarie ai Caraibi, ma venne tuttavia ritenuto dai suoi seguaci – e purtroppo anche da un settore della Chiesa – come il soggetto destinato a trasformare l’Italia in uno Stato confessionale.
A parte i difetti umani, questo compito non era alla sua portata intellettuale.
Torniamo, però, al titolo di “Governatore”, copiato dagli Stati Uniti d’America: dove però rappresenta l’unica eredità – ristretta alla terminologia giuridica – di quando gli attuali Stati dell’Unione erano delle colonie, rette da un funzionario non eletto dal popolo, bensì designato dalla Corona Britannica.
In Germania, dove le Regioni si ricollegano agli Stati preunitari, ci sono i “Ministri Presidenti”, ed in Catalogna c’è il Presidente della Generalità.
Chiamarsi Governatore non indica dunque, dal punto di vista del Diritto, un accrescimento del proprio potere, bensì al contrario una sorta di “diminutio capitis”.
L’Onorevole Scajola non si accontenta di essere chiamato “Sindaco”, ed ha coniato il nuovo appellativo di “Sindaco Presidente”.
Questo appellativo non risulta in uso in altre parti d’Italia, malgrado non manchino – tra i pari grado del “Bassotto” – i soggetti affetti da megalomania.
Anche il Protocollo è stato adeguato, e durante una visita ufficiale a Diano Marina il “Sindaco Presidente” è stato ricevuto con gli onori riservati al Capo dello Stato.
Di questo testo, esiste in tutta la Provincia una sola copia, conservata in Prefettura, che richiede comunque un aggiornamento, in quanto non sappiamo se il Presidente della Provincia debba essere collocato – nelle cerimonie ufficiali - nel posto che gli era riservato anteriormente, ovvero in quello spettante ad un Sindaco.
Il problema viene ulteriormente complicato quando – come nel caso di Imperia – il Presidente è Sindaco del Capoluogo.
Può soccorrere, al riguardo, la prassi seguita nelle “Città Metropolitane”, ove il Sindaco della Metropoli estende in parte il suo potere sui Comuni minori.
In attesa di porre il quesito al Viminale – competente in materia – Scajola ha comunque tagliato il nodo gordiano, decidendo dove collocarsi e con quali onori.
L’assunzione di un nuovo titolo riporta a quanto avviene nel Terzo Mondo, dove non ci si accontenta di essere semplicemente Re o Presidente: Mao Tse Tung si definì “Grande Timoniere”, Stalin “Capo dell’Umanità Progressista” ed “Aratro dei Popoli”, Fidel Castro “Lider Maximo”, Bourguiba “Combattente Supremo”, Haïlé Sélassié “Forza della Trinità” e “Re dei Re”, Nasser il “Raïs”, Kim Il Sung “Presidente Eterno”.
Scajola conosce dunque una deriva “terzomondista”.
Non c’è, però, solo un problema di ordine terminologico.
L’uomo ha proclamato pubblicamente, contornato ed osannato dai suoi pretoriani, che egli soltanto può rappresentare la nostra Provincia nelle stanze del potere nazionale, e dunque si accinge alla sua terza “Marcia su Roma”: Mussolini ne fece una sola, ma fin da prima del Ventotto Ottobre era già stato proclamato “Duce del Fascismo”.
In ambedue i casi, vale il principio darwiniano per cui la funzione crea l’organo.
Non rimane dunque che tracciare una analisi politica di quanto ci attende.
Al netto del pericolo di una trombatura (Sappa “docet”), il “Bassotto” non pare uscire dalla visione propria tanto della Prima quanto della Seconda Repubblica.
In quelle epoche storiche, ci si definiva in termini ideologici: dapprima secondo le categorie del comunismo e dell’anticomunismo – che permettevano entrambe di vivere di rendita – e poi in base alla loro sempre più stanca memoria e reiterazione.
Berlusconi diceva di salvare l’Italia dal comunismo dopo che il comunismo era finito.
Il “Cavaliere” era come un medico che afferma di avere salvato un paziente già guarito da solo, o per merito di un collega giunto per primo al suo capezzale.
Ora Scajola non si capisce bene da che cosa intenda salvarci: i commercialisti che gestiscono quanto rimane del Partito Democratico risultano infatti poco credibili nei panni di Stalin.
Se manca il nemico, e non si riesce ad inventarlo, manca anche – purtroppo per il “Sindaco Presidente” - anche il referente romano.
Prima c’era Taviani, poi Berlusconi, ma ora Draghi non pare avere bisogno dei suoi servigi, dato che “Supermario” non regna sulle tessere, ma sul commissariamento della politica: cioè sul loro esatto contrario.
Dove si dirigerà dunque il “Bassotto”, una volta uscito da Termini o da Fiumicino?
Non al Viminale, già regno dell’Uomo di Bavari, né a Palazzo Grazioli, reggia dell’Uomo di Arcore.
Il Nostro rischia di trovarsi spaesato, come un provinciale approdato senza sostegno nella metropoli.
I Francesi dicono: “Le paysan qui va à Paris s’égare facilement”.
Il problema è che ormai la politica si fa su base identitaria, come dimostra il caso dell’Ucraina.
Per cui si è manifestato ad Imperia soltanto in tono minore, temendo di spaventare chi fa gli interesi di Putin.
I loro voti risulteranno infatti necessari, essendo ormai anche formalmente unificato il vecchio “Partito Trasversale”.
Che però riuniva – conciliando gli opposti – i sedicenti comunisti ed i sedicenti anticomunisti.
Ora non servono più né gli uni, né gli altri.
Il “Bassotto” assomigliava un tempo al Barone Rampante, trattandosi di un arrampicatore; poi al Visconte Dimezzato, essendo divenuto capo – per l’appunto – del “Partito Trasversale”.
Ora ricorda il Cavaliere Inesistente.