Lo scorso quattro giugno, si è tenuto a Merano un incontro che ha riunito molti tra i movimenti indipendentisti ed autonomisti dell’Europa Occidentale.
Lo scorso quattro giugno, si è tenuto a Merano un incontro che ha riunito molti tra i movimenti indipendentisti ed autonomisti dell’Europa Occidentale.
L’evento è stato promosso dagli “Schützen”, cioè da una istituzione che affonda le proprie radici nella storia di tutte le Regioni alpine, dalla Baviera al Tirolo Settentrionale ed al Tirolo Meridionale: compreso quello di lingua italiana.
Non a caso, campeggiava sulla sul manifesto stampato per indire l’incontro l’immagine di Andreas Hofer, nativo dell’attuale Tirolo Meridionale ma ritenuto la tutti i suoi compatrioti come l’eroe nazionale: al punto che alle sue gesta ed alla sua morte eroica è dedicato il loro inno ufficiale.
Lo slogan dell’incontro era “Libertà e Indipendenza adesso”: dove la parola “adesso” (traducibile anche con “subito”) non era scritta in tedesco letterario, bensì nella lingua regionale.

Il Comune di Merano ha ritirato il patrocinio alla manifestazione, che comprendeva iniziative tanto politiche quanto culturali.
Se l’Amministrazione cittadina nutriva dei timori, dovuti ai trascorsi non già degli organizzatori, ma delle persone cui essi si ispirano, implicate nella ormai remota stagione degli attentati, ha certamente commesso un errore.
La piattaforma rivendicativa da cui i promotori dell’evento hanno preso le mosse era infatti lontana da ogni forma di estremismo, ed a maggior ragione di violenza.
Se è vero che il titolo dell’iniziativa faceva riferimento all’Indipendenza, non si può infatti negare che questo obiettivo sia stato posto nella prospettiva più giusta, indicando un “modus operandi” indubbiamente efficace.
Abbiamo udito la presentazione diffusa sui “social” da uno degli organizzatori: il quale non ha citato alcun obiettivo separatista, concentrandosi piuttosto sulla autonomia.
Questa parola è stata più volte ripetuta nel suo intervento, come supponiamo sia stata reiterata dai relatori nel corso dei lavori.
Il dirigente degli “Schutzen” non ha assolutamente sottovalutato l’importanza di quanto il Sud Tirolo ha ottenuto.
Questo lo differenzia nettamente dai superstiti nostalgici del terrorismo, ormai fuori dalla realtà dell’Europa odierna: uno di loro si è spinto a dire tempo fa che l’autonomia definita dal cosiddetto “Pacchetto” è così insignificante da non valere “dieci centimetri di miccia del mio esplosivo”.
Quanto viene postulato è dunque un ulteriore ampliamento dell’autonomia.
Se il problema venisse posto in termini di indipendenza, si cadrebbe inevitabilmente nella logica aberrante del “tutto o nulla”.
Quella, per intenderci, in cui sono incorsi Puigdemont e soci, con il risultato di venire – sia pure arbitrariamente – criminalizzati, benché fossero completamente alieni dal praticare e dal postulare la violenza.
I nostri amici sudtirolesi hanno capito che la rivendicazione di una maggiore autonomia permette di ampliare le loro alleanze, anche al di là di quelle Regioni dove il carattere alloglotta della popolazione, unito ad altre circostanze di ordine storico e territoriale, fa sì che la richiesta dell’indipendenza non risulti irrealistica.
Tra le delegazioni presenti – lo “speaker” del video non ha potuto fare a meno di esclamare “Sorpresa!” - c’era perfino quella della Toscana.
La sorpresa è però tale soltanto per i non addetti ai lavori: gli indipendentisti dell’ex Granducato pubblicano da tempo un mensile di varia cultura intitolato “Le Antiche Dogane”, mentre “Il Vernacoliere” porta avanti la battaglia per l’uso letterario della lingua regionale.
Il nostro “O Staffì”, che svolgeva lo stesso compito in Liguria, non ci è invece più pervenuto: ci auguriamo che possa riprendere al più presto le pubblicazioni, avendo brillantemente dimostrato come la lingua regionale non serva soltanto per trattare di gastronomia e di folklore religioso.
Se dunque i Sudtirolesi – come anche i Fiamminghi ed i Catalani – insistessero sull’obiettivo della separazione dagli attuali Stati nazionali, commetterebbero l’errore, proprio di molte avanguardie, di spingersi troppo avanti, perdendo il contatto con chi le segue.
L’ampliamento dell’autonomia costituisce un comune denominatore su cui si possono raggiungere molte più adesioni rispetto a quelle raccolte dal secessionismo.
Naturalmente, man mano che la battaglia autonomistica procede, definendo e raggiungendo i propri obiettivi, si possono anche perdere i contatti con qualche occasionale compagno di strada.
A Merano c’erano, naturalmente, anche i Veneti.
I quali dovrebbero ricordarsi di come il loro “Governatore” li abbia presi in giro, prima facendoli votare in un referendum per richiedere a Roma lo Statuto Speciale e poi omettendo perfino di aprire una trattativa seria con il Governo nazionale.
I dirigenti della Liguria hanno fatto di peggio: la loro rivendicazione, analoga a quella del Veneto, era stata espressa da un voto unanime del Consiglio Regionale.
Una maxi delegazione partì alla volta di Roma, invadendo gli alberghi ed i ristoranti di lusso dell’Urbe, con l’unico risultato di essere bruscamente congedata da funzionari di basso rango di Palazzo Chigi.
Né Zaia, né tanto meno Toti, potevano entrare in contraddizione con il centralismo, cui si era nel frattempo opportunisticamente convertito il “Capitano” Salvini.
Il quale, precisamente come gli antichi “Capitani di Ventura”, combatte per chi lo paga.
Al punto che rinnega la causa dell’indipendenza: non soltanto per la “Padania”, che non ce l’ha ancora, ma perfino per l’Ucraina, che invece l’ha già conquistata.
Per fortuna, Draghi non è Putin, e non scatena contro il Veneto e la Liguria nessuna “Operazione Militare Speciale”: né, d’altronde, se questi sono i nostri dirigenti regionali, ve ne è alcun bisogno.
Il messaggio che esce da Merano risulta dunque chiaro: il pieno sviluppo della democrazia in Europa Occidentale (e non solo, pensare al Québec, dove gli indipendentisti hanno ripreso il controllo del Governo) porta inevitabilmente non soltanto ad un accrescimento progressivo ed illimitato delle autonomie locali, ma anche ad un processo – legalitario e pacifico – di deperimento degli Stati nazionali.
I quali non soltanto risultano anacronistici nel tempo in cui si assiste al “revirement” dell’identitarismo, ma recano con sé il vizio di origine proprio dell’ideologia giacobina, dalla quale sono tutti quanti ispirati, identificando arbitrariamente l’istituto giuridico della cittadinanza – cioè l’appartenenza di una persona fisica allo Stato – con la nazionalità: la quale costituisce invece una categoria culturale, che diviene politica nel momento stesso in cui la si associa arbitrariamente con la cittadinanza.

Post Scriptum.
In base ad un risultato elettorale che in altri tempi si sarebbe definito “bulgaro”, Taggia dovrebbe avere il miglior Sindaco d’Italia.
Noi, più prudentemente, riteniamo che questa antica e gloriosa Città della Liguria debba per il momento accontentarsi del miglior bagnino.

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Mario Castellano  20/6/2022
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