Rino Formica, l’ultimo “Grande Vecchio” della politica italiana...
Rino Formica, l’ultimo “Grande Vecchio” della politica italiana, è intervenuto su “La Repubblica” del 27 luglio per dire la sua, con la consueta saggezza, in merito all’attuale crisi politica ed istituzionale.
Lo storico esponente socialista parte dal presupposto di una possibile affermazione elettorale della Destra, ed in particolare della Meloni.
Alla quale, infatti, si sono subito inchinati tanto il giovane Salvini quanto l’anziano Berlusconi.
Questo esito si può ancora evitare, ma lo si deve comunque mettere in conto.
Esclusa la prospettiva di una restaurazione formale del Fascismo, ed essendo indubbio che i “Democratici” sbaglierebbero se conducessero la loro campagna elettorale esorcizzando tale prospettiva, Formica indica il vero pericolo davanti al quale si trova il nostro Paese: quello costituito dall’instaurazione di un regime autoritario di nuovo tipo, nella forma di una Repubblica presidenziale.
Tale infatti è stato l’obiettivo di tutti gli aspiranti dittatori che si sono succeduti sulla ribalta politica italiana a partire dal 1958, quando De Gaulle trovò il suo primo imitatore nostrano in Randolfo Pacciardi - non a caso fondatore di un “Movimento per la Nuova Repubblica - seguito poi da Craxi ed ultimamente da Renzi.
Tutti costoro fallirono in quanto la spinta democratica impressa al Paese nel 1945 non era ancora esaurita.
La Meloni può invece approfittare del fatto che ormai tutti i “Padri della Repubblica” (l’ultimo è stato Scalfari) sono passati a miglior vita, e gli eredi – selezionati, come il giovane Letta, in base alla loro piaggeria – non sono alla loro altezza.
Ci sia concesso – non certo per spirito polemico nei confronti di certa Sinistra (lungi da noi la tentazione di “insaevire in mortuos) – rilevare come sia tipico dei “Partiti Trasversali” fondare la loro propaganda sulla reiterazione della retorica “resistenziale”.
Nessuno nega che la Guerra di Liberazione abbia rappresentato un momento importante nella nostra vicenda nazionale.
Quanti però vivono di rendita sulla sua meccanica rivendicazione non lo fanno soltanto per pigrizia intellettuale, ma soprattutto in quanto conviene a costoro far credere che avere avuto ragione una volta significhi avere sempre ragione.
Non a caso, si tratta di marxisti che non conoscono la dialettica: il che significa che sono anche degli ignoranti.
Occorre invece prendere posizione sui problemi del momento attuale, e soprattutto sulla necessità di costituire una società multiculturale.
Si tratta di un compito quanto mai difficile, soprattutto perché lo spirito del tempo induce ciascuno ad affermare la propria identità.
Si deve dunque partire dal principio di eguaglianza, considerando però che un tempo bastava riferirlo ai diritti individuali, mentre oggi bisogna estenderlo ai diritti propri delle diverse comunità.
I “Democratici” ritengono invece che basti conferire “ope legis” la cittadinanza a chi abbia compiuto in Italia un ciclo scolastico (Quid juris”, però, se costoro intendono rifiutarla?”).
Si dimentica che la cittadinanza è un istituto giuridico, consistente nella appartenenza di una persona fisica ad uno Stato.
La sua attribuzione non basta se non si risolve il problema posto dalla nazionalità, che è viceversa una categoria culturale, l’appartenenza cioè di un individuo ad una particolare identità collettiva.
Occorre dunque garantire agli immigrati che non si intende procedere alla loro assimilazione forzata, ma bisogna anche assicurare agli Italiani che quanti appartengono ad identità diverse riconoscono i principi su cui si fonda la nostra convivenza.
La soluzione di questo problema proposta dalla Destra oscilla invece tra l’assimilazione forzata ed il respingimento “manu militari” degli immigrati, tanto quelli clandestini quanto quelli legali.
Si tratta nell’un caso di una ingiustizia, e nell’altro caso di una illusione, prospettata con finalità demagogiche.
L’incapacità della Sinistra di affrontare il problema in modo realistico e credibile l’ha portata a subire su questo tema l’egemonia della Destra.
Che lo agita per fondare su di esso la propria rivendicazione di un regime autoritario.
Tale regime perseguirebbe da una parte precisamente l’assimilazione forzata, secondo l’ideale identitario proprio della Meloni, e dall’altra parte contrasterebbe gli sbarchi con i metodi propri di Salvini.
Dio li fa, poi li accoppia.
A questo punto, l’Italia si conformerebbe con i modelli di quei regimi dell’Europa Orientale che da un lato praticano la “pulizia etnica”, e dall’altro si propongono come un antemurale posto a difesa dell’Occidente, minacciato dalle migrazioni di massa.
L’esistenza di questi regimi certamente conviene a certi Paesi Occidentali, anche se ne deplorano ipocritamente i metodi.
Giustamente, dunque, Formica mette in guardia dalla possibilità che un esito autoritario della nostra crisi istituzionale risulti conveniente per i nostri “partner” tradizionali.
Soprattutto se il regime guidato dalla Meloni eviterà di proporsi come un modello ideologico contagioso, da imitare altrove, ma si presenterà come un alleato disciplinato e fedele nelle questioni internazionali.
Non a caso, “Fratelli d’Italia” concorda sulla necessità di sostenere l’Ucraina.
Questo Partito, e la sua “leader”, sarebbero considerati dunque dagli Europei come il soggetto ideale per “normalizzare” l’Italia, chiudendo agli immigrati la soglia di Lampedusa e mettendo in riga i nostri riottosi connazionali.
Qualcosa di simile avvenne negli Anni Venti, con l’instaurazione del Fascismo.
La nuova maggioranza sarebbe autorizzata a modificare a suo piacere la Costituzione materiale.
Non sarà invece necessario toccare quella formale, proprio come allora non venne scalfito lo Statuto.
L’Europa è in guerra, ed in guerra si possono scegliere i nemici, ma non si possono scegliere gli alleati.
La stessa deriva sociale ed economica dell’Italia verrebbe tollerata.
In fondo, conviene a tutti perdere un concorrente.
Il “Trattato del Quirinale” offre alla Francia (la Germania, evidentemente non ne aveva bisogno) la possibilità di costituire un “cuscinetto” sul nostro confine nordoccidentale.
La maggior emittente radiofonica cattolica d’Italia si è già lanciata in una forsennata propaganda in favore della Destra, che naturalmente promette alla Santa Sede la coincidenza tra il precetto religioso e la norma civile, soprattutto sulla “vexata quaestio” del “gender”.
Si tratta né più né meno della restaurazione dello Stato confessionale.
Precisamente come avvenne nel 1929.
La Chiesa si accinge dunque ancora una volta ad abbandonare al loro destino i Cattolici liberali ed i Cattolici democratici, ma rischia di legarsi di nuovo al destino di un regime autoritario.
Ruini credeva di avere trovato il nuovo “Uomo della Provvidenza” in Berlusconi.
Il Cardinale ha trovato invece una “Donna della Provvidenza” nella Meloni.
Chi ha detto che la Chiesa è sessista?

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Mario Castellano  2/8/2022
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