Esistono in Italia ben tredici minoranze linguistiche censite.
Tra esse figura anche quella occitana, essendo la lingua di Goffredo Rudello e di Bertrando del Bornio ancora parlata nelle valli alpine del Piemonte, come pure nella Valle d’Aosta.
In questa Regione Autonoma, la seconda lingua ufficiale è però il francese, per un motivo che risale alla storia dell’antico Regno Sabaudo: essendo la “Vallée” annessa dal punto di vista amministrativo alla Savoia – dove per l’appunto si parla il francese, e non l’occitano – quando Chambéry fu ceduta a Napoleone III, la “langue d’oil” rimase nell’uso ufficiale, e vi rimane anche ora.
Pochi sanno invece che la “langue d’hoc” è parlata anche in Calabria – nel paese detto per questo “Guardia Piemontesi” – ed anche in quattro frazioni del Comune ligure di Triora, situato in Provincia di Imperia, cioè Cetta, Realdo Verdeggia e Loreto: il capoluogo appartiene invece alla nostra area linguistica.
Oltre il displuviale alpino, c’è Briga, ora appartenente alla Francia ma anch’essa di lingua occitana.
Le tredici minoranze linguistiche censite esistenti nel territorio italiano non godono dello stesso trattamento giuridico.
Questa disparità non è tanto dovuta ad un fattore numerico – i Sardi, per esempio, sono molto più numerosi dei cittadini di lingua tedesca e francese – bensì alla protezione internazionale: che per il Tirolo Meridionale risale prima agli Accordi De Gasperi – Gruber, e poi al cosiddetto “Pacchetto”, e per la Francia al Trattato di Pace di Parigi.
Sul piano della rappresentanza nelle Assemblee Elettive, ed in particolare per quanto riguarda il Parlamento nazionale, la popolazione di lingua tedesca e quella di lingua francese sono esonerate – ai fini dell’elezione della loro rappresentanza – dall’osservanza del “quorum” del tre per cento dei voti.
Per quanto attiene alla raccolta delle firme necessarie per presentare le candidature, questo ostacolo viene superato grazie all’apparentamento con qualche Partito che si presenta su tutto il territorio dello Stato.
Ora un gruppo di cittadini di lingua occitana della provincia di Imperia, insieme con alcuni altri di espressione italiana, ma sensibili alla causa della difesa delle minoranze alloglotte e timorosi per la paventata applicazione dei criteri centralistici enunziati con molta enfasi dalla Meloni, intende porre il problema della rappresentanza elettiva di questa minoranza: piccola nella nostra Provincia, ma forte di più di duecentomila parlanti su scala nazionale.
La Meloni, parlando in Andalusia, ha approvato espressamente il programma dei neofranchisti di “Vox”, fedeli all’assunto proprio del “Caudillo”, il quale negava l’esistenza di altre identità culturali nell’ambito della Spagna, e per questo aveva abrogato gli Statuti di Autonomia della Catalogna e del Paese Basco: che potrebbero essere di nuovo soppressi soltanto mediante un colpo di Stato.
Gli Statuti, la cui vigenza è stabilita nella Costituzione, ed ai quali giura fedeltà il Re nel momento stesso in cui accede al Trono, costituiscono il risultato di un negoziato tra le Autorità centrali e quelle delle due Regioni, devono quindi essere approvati dai loro rispettivi Parlamenti e da quello nazionale, ed infine sottoposti a referendum confermativo da parte della popolazione delle Regioni.
Se dunque alla Meloni piacerebbe un’altra guerra civile spagnola, essendo combattuta sulla pelle degli altri, occorre farle sapere che lo stesso risultato si determinerebbe in Italia qualora intendesse violare la norma della Costituzione in base alla quale la Repubblica “riconosce e promuove le autonomie locali”:
Il Partito “Grande Nord” (il Settentrione è grande, ma questa forza politica è ormai tanto piccola da risultare trascurabile), composto da fuoriusciti della Lega rimasti teoricamente fedeli all’autonomismo delle origini, ha deciso di non presentarsi alle elezioni politiche, e soprattutto di invitare i propri simpatizzanti a non votare.
Il che configura il reato di istigazione a disobbedire alle Leggi, ed attrae fatalmente le critiche dei competitori.
Soprattutto, però, favorisce il contubernio tra Salvini – traditore dell’indipendentismo – e la Meloni, che pone tanto la “Sorella d’Italia” quanto il “Capitano” (più che mai “di ventura”) nel solco del peggiore centralismo sabaudo e fascista.
Eppure, la pescivendola della Magliana dice di non essere “nostalgica”!
Come si può ottenere una rappresentanza parlamentare delle minoranze linguistiche non tutelate?
Logicamente, presentando liste di candidati decisi ad affermare i loro diritti.
Che però non potrebbero contare sul numero di firme richiesto dalla Legge italiana.
Questo ostacolo si può tuttavia superare invocando la norma dell’Unione Europea che esige la rappresentanza negli organi elettivi di tutte le minoranze.
Presenteremo dunque una lista occitana all’ufficio Elettorale, e procederemo a tutte le impugnazioni possibili in base al nostro ordinamento giuridico qualora essa non venisse accettata.
La Meloni deve sapere che al suo asserito identitarismo “italiano” – il quale nel caso specifico costituisce un arbitrio tanto dal punto di vista culturale quanto dal punto di vista politico – c’è chi oppone le proprie identità regionali.
Tutti i regimi autoritari le negano, ma il loro insorgere finisce prima o poi per travolgerli.

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Mario Castellano  12/8/2022
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