Dei cosiddetti “Padri Fondatori” dell’Unità Europea ...
Dei cosiddetti “Padri Fondatori” dell’Unità Europea si è sottolineato infinite volte come si proponessero di evitare un’altra guerra tra i Paesi del nostro Continente.
Tutti e tre – De Gasperi, Adenauer e Schumann – era originari delle terre di confine, che non soltanto soffrono maggiormente a causa degli eventi bellici, quando le frontiere si trasformano immediatamente in fronti di guerra, ma vedono anche compromessi nello scontro tra le Nazioni i rapporti economici, culturali e familiari intessuti nei secoli con i loro vicini.
Adenauer, la cui casa si affacciava sulla Francia, ripeteva spesso che si sarebbero evitate due guerre mondiali se la Germania fosse stata governata dai Renani, anziché dai Prussiani.
Quanto più infatti si è lontani dai Paesi stranieri, tanto più si è indifferenti nei riguardi di chi con essi si sente vincolato.
Come si poteva dunque evitare un’altra guerra, o quanto meno una nuova fase di tensione tra gli Stati europei?
In primo luogo, certamente, mettendo in comune le risorse che durante i conflitti avevano costituito l’oggetto del contendere: la prima Comunità Europea fu infatti quella detta “del Carbone e dell’Acciaio”: la cui estrazione e produzione è localizzata nell’area che comprende il Nord Est della Francia, il Belgio, il Lussemburgo e la parte più occidentale della Germania, cioè precisamente i territori contesi sanguinosamente per due volte nella prima metà del Ventesimo Secolo.
Se la guerra aveva delle cause economiche, non meno rilevanti - nella sua origine - erano però le ideologie nazionaliste e totalitarie.
Se l’Europa era nata, ad opera della vecchia generazione, come una entità economica, non meno rilevante risulta dunque quanto alla sua costruzione ha aggiunto la nostra.
I Federalisti come Spinelli e Petrilli sognavano che un atto rivoluzionario, compiuto dai rappresentanti dei vari Paesi imitando quello compiuto dai partecipanti agli “Stati Generali” nel 1789, trasformasse la Comunità Europea in un unico soggetto statuale.
L’eredità genetica di una Organizzazione Internazionale non si può infatti modificare nel tempo: essa – come avviene per gli esseri viventi – può divenire adulta, ma non è in grado di trasformarsi in qualcosa di diverso.
Tale condizione la rende però impotente nei riguardi di una deriva autoritaria che possa verificarsi negli Stati che la compongono.
Una simile tendenza non soltanto determina una limitazione dei diritti goduti dai cittadini di quella Nazione, ma può condurre le sue Autorità a concepire atteggiamenti ostili verso gli altri Paesi: anche quelli aderenti all’Unione.
Ecco dunque come si è giunti ad escogitare la novità più importante, sul piano giuridico, nella evoluzione della legislazione comunitaria, cioè l’affermazione del principio della superiorità delle norme europee sulle norme nazionali.
La nostra Costituzione già stabiliva due principi importanti.
Uno è quello in base al quale “l’ordinamento giuridico italiano si conforma con le norme del Diritto Internazionale generalmente riconosciute”, che però vale soltanto per i rapporti con gli altri Stati, e non per i rapporti giuridici interni.
L’altro consiste nella possibilità di accettare – su base di reciprocità – delle limitazioni alla sovranità nazionale.
Si è dunque stabilito che alcuni atti emanati dalle Istituzioni europee operassero direttamente nell’ambito del nostro ordinamento giuridico.
La Costituzione Italiana è stata però in seguito emendata includendovi la norma contenuta nell’articolo 117, che così stabilisce: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”.
Una norma di legge che disponesse in contrasto con l’ordinamento europeo risulterebbe per ciò stesso costituzionalmente illegittima.
Il nuovo Governo intende però proporre al Parlamento l’abrogazione di questo principio, ripristinando la superiorità della legislazione italiana rispetto alla legislazione europea.
Ciò permetterebbe – almeno in linea ipotetica – ogni riduzione delle libertà civili, purché introdotta modificando le relative norme della Costituzione italiana.
A ben vedere, fino ad ora i diritti dei cittadini erano doppiamente tutelati: tanto dalla nostra Legge Suprema quanto dalle norme europee.
Ciò li metteva al riparo da quanto avrebbe potuto disporre un regime autoritario, in grado – grazie alla sua maggioranza parlamentare – di modificare la Costituzione.
Se i propositi della Meloni si realizzassero, ci rimarrebbe soltanto la tutela costituita dall’ordinamento giuridico interno.
Un simile emendamento della Costituzione determinerebbe però una lesione degli obblighi assunti dall’Italia in sede internazionale, e dunque aprirebbe un contenzioso con gli altri Paesi componenti l’Unione.
La quale non può espellere uno Stato membro, ma può sospendere la collaborazione con esso.
L’Italia verrebbe quindi isolata da una sorta di cordone sanitario, ma soprattutto verrebbe meno quella conformità tra i diversi ordinamenti interni che ha evitato fino ad ora ogni diversità nella condizione giuridica, e di conseguenza ogni tensione con i nostri vicini.