“Quod volimus, libenter credimus”.
Per decenni, i monarchici italiani, leggendo sui settimanali di Edilio Rusconi le gesta – spesso poco edificanti – dei componenti la Famiglia Reale, si alimentarono delle illusioni propalate dall’astuto editore e Direttore per mantenere vive le loro speranze, ma soprattutto per vendere centinaia di migliaia di copie.
Ogni sei mesi veniva annunziato l’imminente ritorno in Italia dell’ex Re Umberto, o una ripetizione – vietata dalla Costituzione – del referendum istituzionale.
In una circostanza, si giunse ad annunziare che lo stemma sabaudo – quale caparra della Restaurazione – sarebbe stato rimesso nella bandiera nazionale.
Tre quarti di secolo dopo, la Repubblica – benché acciaccata – è ancora viva e vegeta.
I Russi “bianchi”, nel loro esilio di Parigi, dicevano di “vivere sulle valigie”, e c’era tra loro chi lo faceva veramente.
I nazionalisti cinesi, dal conto loro, disponevano di una intera isola in cui cullare i loro sogni di rivincita.
Più prosaicamente – e con maggiore profitto – il Dalai Lama si è dedicato ad insegnare il Buddismo a tanti occidentali, molti dei quali ben provvisti di denaro e disposti a ricompensare lautamente le sue lezioni: i profitti andavano alla costruzione di un “Tibet esterno”, che sopravvive nell’esilio.
L’esempio migliore viene dagli Israeliti, che per venti secoli ripeterono “L’anno prossimo a Gerusalemme”, finché riuscirono finalmente a ritornarci.
Gli antimeloniani appartengono però alla specie di chi vive di illusioni: nel loro ambiente, a pochi giorni dall’avvento al potere della pescivendola, si spaccia ogni sorta di fandonie, sia pure raccontate in buona fede.
Si dice che Mattarella rifiuterà di conferirle l’incarico, trasformandosi di colpo in un leone (quale il Presidente non è mai stato); si dice che la Meloni litigherà con Salvini (il quale invece è ben deciso a vendersi); si dice però soprattutto – questa è la balla più grossa – che la Chiesa si opporrà all’avvento di “Fratelli d’Italia”.
Chi fa simili affermazioni, non sa che cosa sia l’ambiente religioso cattolico.
In primo luogo, la Meloni mette sul piatto un adeguamento della norma civile al precetto religioso, specialmente per quanto riguarda i diritti degli omosessuali, ma soprattutto in materia di aborto.
La Legge con cui lo si è ammesso offre – senza bisogno di venire modificata – ampi margini interpretativi.
In Liguria, grazie ad una circolare emanata dalla Giunta Regionale di Sinistra e mai emendata da quelle di Destra, l’ammissibilità di questa pratica è stata trasformata arbitrariamente in prescrizione: nei Consultori pubblici l’interruzione della gravidanza viene infatti presentata alle donne che vi si rivolgono come l’unica opzione possibile.
Altrove, però, l’assenza di medici non obiettori nelle strutture sanitarie pubbliche l’ha resa praticamente impraticabile.
Salvo, naturalmente, per chi ha il denaro necessario per abortire nelle cliniche private, magari situate in Svizzera: dove pare si rechino le donne messe incinte dai potenti.
Qui entra in gioco l’altro “atout” di cui la Meloni dispone per accattivarsi i favori della Chiesa, rappresentato dal cosiddetto “Principio di Sussidiarietà”: in base al quale nella Lombardia di Formigoni si è già privatizzata la gran parte dell’Istruzione e della Sanità.
Basta infatti che l’Ente Pubblico dichiari non più gestibile – per difficoltà di bilancio – una delle sue strutture, e dunque la chiuda, perché intervenga un soggetto privato (e confessionale) a sostituirla.
A questo punto, al paziente, o al genitore del bambino in età scolare non basterà offrire ai gestori il proprio “vaucher”: costoro gli chiederanno immancabilmente di corrispondere loro la differenza con il valore di mercato della prestazione.
Il risultato è che i poveri moriranno, o rimarranno analfabeti, ed i ricchi finanzieranno dei soggetti religiosi: con tanti saluti alla “imparzialità” prescritta dalla Costituzione per l’Amministrazione Pubblica.
L’istruzione verrà infatti impartita secondo i canoni del Cattolicesimo tradizionalista.
Può la Chiesa limitarsi a dire “grazie”?
No, come non poté limitarsi a dire “grazie” davanti a tutti i benefici offerti da Mussolini con i Patti Lateranensi.
Un giorno, che noi non vedremo, gli Italiani scopriranno di essere troppo poveri per pagare le scuole e le cliniche gestite dalla “Società delle Opere”.
Quel giorno, la Chiesa dovrà necessariamente smarcarsi dal regime, che andrà in crisi.
Nel 1943, lo fece tanto grazie ai Cattolici che si impegnarono nella Resistenza quanto per merito di Monsignor Montini, che le offrì – e soprattutto offrì agli Alleati – il supporto delle Parrocchie.
Queste, però, sono le prospettive del lontano futuro: nell’immediato, la crosta del nuovo regime meloniano è destinata a chiudersi, malgrado le illusioni di chi ancora spera nel contrario.
I Democratici sono allo sbando, ed i “Pentastellati” non hanno mai avuto – neanche nei momenti di massima espansione – un apparato di militanti radicato sul territorio.
Rimane la possibilità di una insurrezione violenta, determinata dal malcontento sociale, ma la Meloni pare avere pensato anche – anzi soprattutto – a questa eventualità: il suo Partito è infatti l’unico a disporre di un apparato paramilitare.
Non conviene mai giocare la carta della guerra civile, soprattutto quando si è destinati a perderla.