Negli anni successivi al Conclio, la Azione Cattolica Italiana – che in precedenza aveva assunto dimensioni di massa, contando centinaia di migliaia di aderenti, diffusi capillarmente su tutto il territorio nazionale - in luogo di crescere ulteriormente per numero degli associati e per influenza sul tessuto sociale e sulla ispirazione ideale del Paese, perse progressivamente terreno su ambedue questi piani.
Parallelamente, un ampio settore del nostro Episcopato si diede a favorire la diffusione ed a propiziare la influenza dei cosiddetti Movimenti Ecclesiali.
I quali contavano i Vescovi loro aderenti o simpatizzanti come un Partito Politico enumera i suoi rappresentanti nella Assemblee elettive.
Le conseguenze di tale tendenza risultarono molteplici, e – a nostro modesto avviso – tutte quante negative.
Fin da quando studiavamo il Catechismo di San Pio X, ci venne insegnato che i Vescovi sono i Successori degli Apostoli.
Il cui compito consiste di custodire – in comunione con il Papa – il cosiddetto Depositum Fidei.
Si diede tuttavia il caso che tutti i vari Movimenti – in concorrenza tra loro, ma soprattutto in concorrenza proprio con la Gerarchia – se ne dichiarassero ciascuno il custode autentico ed esclusivo.
Sul piano disciplinare, questo comportava una incondizionata obbedienza degli adepti alle figure dei Fondatori e degli Ispiratori.
Non entriamo nel merito del problema – che pure qualcuno ha autorevolmente sollevato – se la loro rispettiva concezione del Cattolicesimo fosse o meno conforme con la Ortodossia.
Per dirla in termini non desunti dal linguaggio delle Scienze Religiose, il difetto stava nel manico: se il pensiero cristiano autentico era quello elaborato da certi personaggi – pur rispettabili, preparati e di santa vita – un eventuale errore da parte di costoro avrebbe coinvolto interi settori della Chiesa.
Questa contraddizione venne evitata riconoscendo espressamente che quanto essi facevano – e soprattutto quanto elaboravano ed esprimevano – era buono.
In molti casi, indubbiamente, era tale, ma la Chiesa gerarchica rinunziava a priori al suo compito – ed al suo dovere – di vigilanza.
Il sorgere di molteplici Chiese nella Chiesa – in un caso, quello della Opus Dei, il Movimento venne sottratto de jure alla sudditanza rispetto alla Gerarchia, costituendolo in Ordinariato Personale – condusse anche ad una dispersione delle risorse.
Di un Partito politico italiano, i cui dirigenti intascavano denaro, si disse che i Fati erano ricchi, ma il Convento era povero.
Nel caso della Chiesa, si potrebbe dire che i Conventi erano ricchi, ma l’Ordine Religioso era povero.
Questo avverrebbe qualora i Conventi non dovessero rendere conto al Superiore Generale, ma forse i Movimenti Ecclesiali rendevano conto alla Santa Sede?
Si obietta che neanche gli ordini Religiosi vi sono tenuti, ma essi sono eretti in Parsone Giuridiche di Diritto Canonico, mentre non posseggono tale status i vari Comunione e Liberazione, Focolarini, Catecumenali, Medjugoriani e via enumerando.
In una piccola Diocesi del Settentrione, un volonteroso che si è dedicato a censirli ne ha contati ben quarantadue.
Bisogna anche considerare che il fatto di considerarsi come gli unici autentici depositari della Fede Cattolica induce in molti casi ad un atteggiamento settario.
Quanto ha preservato almeno in parte la Chiesa dalla conseguente frammentazione – la quale si é comunque prodotta de facto, se non de jure - risulta essere la competenza attribuita ai Vescovi dalla norma canonica, oltre alla circostanza che essi vengono nominati dalla Santa Sede.
Se li eleggessero i fedeli – come avveniva nei primi secoli – assisteremmo a delle campagne elettorali combattute tra i vari Movimenti Ecclesiali.
I Milanesi scelsero Ambrogio, che non era neanche prete.
Qualora si fosse votato nel Ventesimo Secolo, avrebbe vinto Formigoni, essendo in grado di riempire la Città coi suoi manifesti.
Che cosa succedeva tuttavia quando l’Ordinario apparteneva ad un Movimento Ecclesiale?
Come minimo, venivano emarginati gli adepti di altri Movimenti: oltre a quanti – per così dire - erano Cattolici e basta.
Questo spiega il declinare delle sorti della Azione Cattolica.
Ora si da il caso che un setta – quella detta dei Gabbiani, i quali si erano attribuiti nel composito mondo neofascista lo stesso ruolo rivendicato in ambito cattolico dai vari Movimenti Ecclesiali, vale a dire quello dei duri e puri custodi della Ortodossia – assume il controllo dello Stato.
Fino a qui, la Santa Sede potrebbe cavarsela trasformando il Ponte Vittorio in un ponte levatoio, e farsi forte delle prerogative concordatarie per mettersi al riparo dalla tendenza totalitaria che spira sulla opposta sponda del Tevere.
Proprio questa tendenza induce però le nuove Autorità della Repubblica di fermarsi sul confine.
Che durante il Ventennio venne già varcato, con la pretesa da parte del Duce di monopolizzare la formazione ideologica die giovani, e con quella di condizionare le nomine dei Vescovi.
Si può dire che allora la Chiesa perse la propria indipendenza, riducendosi ad una organizzazione di massa del Regime, ma quanto meno mantenne le proprie prerogative in materia di definizione delle Verità della Fede.
Ora il nuovo tentativo di annetterla – di questo si tratta infatti in buona sostanza – risulta più insidioso.
La Meloni non si accinge ad operare mediante i Segretari Provinciali del suo Partito per collocare nelle varie Diocesi dei Vescovi affini alla sua ideologia, né prende costituire delle organizzazioni giovanili di massa dedite ad inculcare il suo Verbo a scapito di quello cristiano.
La Signora sta per fare però di peggio: i Cattolici confessionisti che ha inserito ai vertici dello Stato hanno assunto - ben prima di fare carriera - il compito di discriminare tra i correligionari chi risulta ortodosso e chi risulta eterodosso.
Noi cattolici liberali e cattolici democratici non corriamo il rischio di essere bruciati da una nuova Inquisizione - anche se non manca, in Italia e fuori, chi nutre questi timori - ma il pericolo consiste nella sostituzione della autorità civile a quella religiosa nel pronunziarsi in materia di Fede.
I capi dei vari Movimenti ecclesiali non ci sono mai riusciti, sia in quanto si neutralizzavano tra loro, sia in quanto cozzavano nello ostacolo costituito dalla norma canonica.
Che risulta però più difficile da opporre ad uno Stato tendenzialmente totalitario, il quale include il Cattolicesimo nella propria ideologia ufficiale, riservandosi in cambio il potere di stabilirne la giusta definizione.
Cirillo, accettando questa pretesa, ha finito per diventare il chierichetto di Putin, come lo ha definito spietatamente il Papa.
La Meloni vuole però fare di Bergoglio il proprio chierichetto.
Né le mancano i Cardinali disposti a fare da Maestri delle Cerimonie.