Il discorso pronunziato in Parlamento dalla Meloni ...
Il discorso tenuto dalla Meloni in Parlamento non ha espresso soltanto le linee guida della azione cui si accinge il suo Governo in materia di Autonomie Locali, ma soprattutto ha definito la sua ispirazione in politica estera.
La storia del secolo scorso si divide in due fasi: quella dominata dalle ideologie e quella successiva, in cui ha prevalso il ritorno dei popoli alle loro radici etniche, culturali e religiose.
Se vogliamo fissare una data convenzionale per dividere il primo dal secondo periodo, possiamo indicare approssimativamente la fine degli Anni Settanta, quando in ambito cristiano si produsse la scelta di un Papa intenzionato a promuovere la sollevazione dei popoli sottomessi al Comunismo: che avvenne nel nome della causa nazionale, ma in cui risultò determinante la ispirazione religiosa, non soltanto in ambito cattolico.
Parallelamente, nel mondo islamico, si affermò la Rivoluzione iraniana.
Questo avvenimento, a ben vedere, sorprese la Sinistra occidentale più ancora degli eventi della Europa Orientale: si poteva ammettere infatti, in base agli schemi mentali ormai consolidati, che una confessione religiosa guidasse un fenomeno classificato come controrivoluzionario, ma non che sollevasse i popoli contro la egemonia culturale, politica ed economica esercitata dallo Occidente.
Certamente, le grandi ideologie avevano contribuito al processo di liberazione dei popoli, che infatti in quel periodo risultava già molto avanzato, ma risulta indubbio come esse venissero anche usate come pretesto per contrastare la aspirazione alla autodeterminazione: lo prova il fatto che quello della Russia fu il dominio coloniale liquidato per ultimo.
Anche la tendenza identitaria risulta essere tuttavia – per così dire – double face: essa può motivare i popoli che cercano la loro liberazione, fornendo loro al contempo una ispirazione ed uno strumento ideologico, ma può anche fornire dei pretesti a chi si propone una politica aggressiva ed espansiva, diretta a negare ad altri il diritto alla autodeterminazione.
Un esempio clamoroso è rappresentato dalla Russia di Putin, il quale motiva la sua aggressione contro la Ucraina argomentando che essa non è mai esistita in quanto nazione: il che, però, non costituisce un argomento valido sul piano giuridico, altrimenti non si dovrebbe riconoscere il diritto della Svizzera ad esistere in quanto Stato indipendente.
La Meloni parte dal presupposto che da undici anni non esiste in Italia un Governo politico, sia nel senso che tutti gli Esecutivi hanno avuto una connotazione tecnica, sia nel senso che non hanno esercitato la rappresentanza del popolo.
Questa affermazione risulta difficile da smentire, salvo su di un punto: a questi Governi è certamente mancata una investitura espressa dalla volontà degli elettori, ma non è viceversa mancata una ispirazione.
Il fatto che lo spirito progressista impresso alla Repubblica fin dal momento della Liberazione sia sopravvissuto allo esaurimento delle culture politiche dalle quali era stato in origine espresso e radicato nel corpo del Paese rivela che esso coincideva fondamentalmente tanto con le convinzioni quanto con gli interessi del popolo italiano.
Risulta naturalmente altrettanto chiaro come la fine del ceto politico uscito dalla Resistenza privasse questo spirito di un supporto insostituibile, ma il quesito cui la Meloni non risponde è se la Presidente del Consiglio lo condivide o meno nella sostanza.
Chiaramente, la Meloni non lo condivide: non in quanto sia fascista – abbiamo scritto infinite volte che questa accusa non ha fondamento – bensì in quanto è seguace di una diversa ideologia, anche essa tuttavia totalitaria ed autoritaria.
Da ciò deriva che il suo identitarismo – nazionalista e religioso – non riflette soltanto una legittima aspirazione alla Indipendenza, bensì anche un atteggiamento espansivo.
Che può portarci a ripetere quanto avvenne con il Fascismo.
In quel periodo, la tendenza espansionista impressa da Mussolini al suo regime condusse – prima ancora di entrare nella guerra mondiale – due aggressioni: una consumata in Etiopia e la successiva in Spagna.
Rovesciando la successione cronologica, cominciamo dalla Spagna.
Il Generale Gambara non è ricordato in Italia, ma i Catalani lo conoscono bene come colui che guidò i legionari fascisti nella riconquista del loro Paese da parte di Franco.
Se Abascal conquisterà il prossimo anno il Governo di Madrid, si propone di ripetere – sia pure non più con mezzi militari – la soppressione della Generalità.
A questo punto, il dichiarato identitarismo della Meloni, pronta a correre in aiuto del suo camerata spagnolo, si trasformerà in contrasto alle aspirazioni di un altro popolo.
Per quanto riguarda il Continente Africano, la Meloni rivendica come esempio quanto compì - con la sua iniziativa politica ed economica - Enrico Mattei.
Il quale però, fedele alla ispirazione antifascista della sua gioventù, sostenne la aspirazione alla Indipendenza di quei popoli, in particolare nel caso della Algeria.
Lo fece certamente anche per accaparrarsi le future concessioni petrolifere, ma si trattava comunque di una azione progressiva.
Ora la Meloni vuole sbarcare sulla Quarta Sponda – come fu chiamata nel tempo della impresa di Libia - per contrastarvi la espansione musulmana.
Che indubbiamente si sta producendo, ma non si può ridurre alla penetrazione dello Stato Islamico, dal momento che viene propiziata in modi diversi da tutte le Potenze appartenenti a questa Religione.
Si tratta di un fenomeno che si inquadra comunque nel processo della liberazione dei popoli del Meridione del mondo, i quali vedono nelle religioni diverse da quella cristiana uno strumento della loro emancipazione culturale.
Non conviene a nessuno, e tanto meno al nostro Paese, intromettersi nei conflitti altrui: tanto meno in quelli di origine identitaria.
Se poi le iniziative che intende promuovere la Meloni non si inquadrano in una azione più ampia, svolta dallo insieme delle potenze occidentali, ma danno luogo ad una avventura esclusivamente italiana, il rischio risulta possibilmente ancora maggiore.
Constatiamo che tanto la parte politica alla quale appartiene il Presidente del Consiglio quanto il settore cattolico cui essa fa riferimento hanno ormai rovesciato un indirizzo della nostra politica estera consolidato fin dallo inizio della distensione, e fin dallo inizio del movimento ecumenico.
Da allora, a Roma si è sempre lavorato – su entrambe le sponde del Tevere – in favore della distensione, ed in favore del processo di liberazione dei popoli.
Ora il nuovo Governo si accinge a muoversi nella direzione esattamente contraria.
Rimane da vedere se troverà un riscontro sulla riva destra del fiume.