Il Fascismo era solito riferirsi alle glorie della Prima Guerra Mondiale ...
Il Fascismo era solito riferirsi alle glorie della Prima Guerra Mondiale, combattuta da tutti gli Italiani ma usata ciò malgrado come strumento propagandistico di parte, dovendo testimoniare le virtù militari su cui si fondava il Regime.
Quello costituito dalla Meloni non ha invece nessun precedente storico cui rifarsi, dal momento che le nostre Forze Armate non trovano uno straccio di nemico da ben settantasette anni.
Si è fatto quindi ricorso ad un fatto di armi inscenato – o meglio inventato – a posteriori, nel quale ha per giunta brillato il valore di due soli corpi, la Polizia di Stato (che è comunque civile) e la Benemerita.
Le quali – superata la loro storica rivalità ed unite le forze – hanno vinto la battaglia di Modena contro i Rave Party.
Vale a dire contro una accozzaglia di disperati, convenuti da ogni parte del Continente per ubriacarsi, drogarsi e copulare nel modo più disordinato.
Tali occupazioni risultano comunque in reciproca contraddizione, dal momento che le prestazioni sessuali vengono gravemente scapitate dalla massiccia assunzione di alcol e di stupefacenti.
Il nuovo Generale Diaz è il Prefetto Piatendosi (chissà quanto lo invidiano i Questori!), il quale ha stilato per la circostanza un documento degno del Bollettino della Vittoria, redatto dal Generale Armando Diaz.
I Rave Party provenienti da Oltralpe risalgono dunque in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.
Alcuni di loro, giunti dalla Francia, erano già stati in realtà fermati a Biella: chissà perché a Biella, e non al traforo del Monte Bianco, nel qual caso si sarebbe potuto dire che i confini della Patria sono sacri e inviolabili.
Evidentemente, la Polizia e i Carabinieri non volevano condividere la gloria della giornata con la Guardia di Finanza, verso la quale li accomuna una atavica diffidenza. al punto che viene da loro gergalmente definita la Caina.
Quanto alla cronaca del combattimento, il solo sforzo richiesto agli uomini della Celere e del Battaglione Mobile è consistito nel portare di peso dei disgraziati intontiti dal loro ripieno di droga e di alcol.
Dopo una così gloriosa giornata, si poneva il problema di evitare nel futuro altri tentativi di invasione.
Occorreva dunque edificare una nuova linea Maginot, o un nuovo Vallo Alpino (ambedue comunque travolti dai nazisti, nel 1940 e nel 1943).
Poiché però non vi è in cassa il becco di un quattrino, la Meloni ha escogitato un rimedio di ordine giuridico, chiamato – ca va sans dire – Decreto Rave Party, e non Decreto Modena: è come se la battaglia di Vittorio Veneto venisse ricordata con il nome del nemico.
Nella euforia del momento (del tutto comprensibile, dato che le nostre Forze Armate non prevalevano in alcun fatto di armi appunto dal 1918, cioè da ben centoquattro anni), la Presidente del Consiglio ha omesso evidentemente di sollecitare il parere del suo Ufficio Legale, ormai ridotto al livello umiliante di un ennesimo stipendificio romano.
Se il Decreto lo avesse scritto uno studente del primo anno, sarebbe risultato migliore.
In primo luogo, vi è il titolo altisonante: Reato di Invasione, che ricorda subliminalmente la resistenza sul Piave.
Se indubbiamente i Rave Party annoverano tra le loro fila molti stranieri, la presenza degli Italiani risulta comunque massiccia e qualificata.
I connazionali superstiti di questa esperienza venivano un tempo affidati dalle Questure alla setta dei Macrobiotici, ove scontavano la loro dipendenza dai superalcolici ingerendo soltanto il tè Bancha e nutrendosi di bietole e rape (la cui assonanza con il Rave suona come un contrappasso dantesco).
Due di essi riuscirono a scalare la vetta della consorteria, divenendo guardie del corpo del Segretario Generale: la loro familiarità con la violenza li aveva resi infatti particolarmente adatti al ruolo di picchiatori.
Vediamo comunque come il Decreto descrive la fattispecie astratta del reato.
Sarebbe meglio, in realtà, dire che non la descrive: questo atto legislativo è infatti precisamente finalizzato a lasciare il più possibile nel vago il confine tra quanto è lecito e quanto è illecito.
Con il risultato che il cittadino – nel dubbio – si astenga da ogni comportamento possibilmente sgradito al Potere.
La pena, tanto per cominciare, risulta severissima: da tre a sei anni di reclusione.
Rimane da domandarsi se dovrà essere scontata in un container: la Meloni ha detto che il fenomeno delle carceri affollate non si combatte con le amnistie, bensì costruendo nuovi Istituti di Pena.
Forse la Signora non sapeva che già esistono.
Commette il reato chi, in numero di almeno cinquanta persone, accede ad un luogo pubblico o privato (non costituisce dunque circostanza esimente il fatto che qualcuno decida di ospitare i convenuti in una sua proprietà) dando luogo ad un raduno che mette in pericolo lo ordine, la salute o la incolumità pubblica.
Perché non ricorrere alla norma che proibisce e sanziona le manifestazioni non autorizzate?
Elementare, Watson, come avrebbe detto Sherlock Holmes.
Perché si vogliono impedire tutti gli assembramenti, anche quelli più lontani dalle finalità sediziose.
Da ora in poi, infatti, sarà meglio rifiutare gli inviti a nozze (i pranzi riuniscono spesso ben più di cinquanta invitati), i funerali (per lo stesso motivo), e perfino il passeggiare.
Ci si può infatti trovare in più di cinquanta anche – anzi soprattutto - sul cosiddetto struscio.
Bisogna fare attenzione al fatto che la norma non fa alcun riferimento alle motivazioni, alle finalità, e soprattutto nemmeno al comportamento tenuto dai partecipanti al raduno.
Anche i fedeli riuniti per una funzione religiosa, infatti, invadono un luogo pubblico o privato: inutile, dunque, celebrare i riti presso le cappelle gentilizie.
La Autorità di Polizia Giudiziaria, che valuta con il criterio più discrezionale il sussistere di un turbamento o di un pericolo per lo Ordine Pubblico, potrà arrestare e denunziare tutti i partecipanti: i quali, essendo catturati in numero di almeno cinquanta, non troveranno posto nelle prigioni, dovendosi dunque ricorrere ai container, cioè ai campi di concentramento.
Tali strutture vengono usate appunto in tempo di guerra, quando non vi è posto sufficiente nelle normali galere.
La Autorità Giudiziaria potrà certamente in seguito assolvere gli imputati, escludendo la turbativa dello Ordine Pubblico, ma intanto i disgraziati avranno atteso la sentenza in stato di detenzione, e comunque il loro raduno sarà stato sciolto: anche nel caso di una riunione della San Vincenzo o di una processione.
La Santa Sede, come si vede, ne potrà scapitare.
Vale, al riguardo, un proverbio del nostro Paese di adozione: Il Diavolo paga male chi lo serve bene.

Post Scriptum. Con una norma simile, meglio non venire in Italia: un autobus che porta cinquanta stranieri può essere fermato al confine ed i malcapitati turisti (o pellegrini) dirottati in prigione.
I Cattolici di altri Paesi faranno dunque meglio a pregare a casa loro.

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Mario Castellano  09/11/2022
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