Per chi, come noi, è un convinto bergogliano, quanto avvenuto in Brasile costituisce una conferma della bontà della nostra scelta, ...
Per chi, come noi, è un convinto bergogliano, quanto avvenuto in Brasile costituisce una conferma della bontà della nostra scelta, e ci compensa della perplessità causata dalla assenza di ogni reazione della Santa Sede dinnanzi a quanto sta avvenendo in Italia.
Il Papa è stato il piú grande elettore di Lula da Silva, ricevuto in Vaticano – al prezzo di un incidente diplomatico con il Governo di Bolsonaro – quando il procedimento penale promosso contro il già Presidente, concluso in seguito con una piena assoluzione, non era ancora finito.
La scelta compiuta da Bergoglio risultava perfettamente coerente in primo luogo con quanto espresso dal Sinodo sulla Amazzonia.
Nel corso di tale grande assemblea, la Chiesa aveva espresso la propria condanna della spoliazione delle terre su cui vivono le popolazioni indo-americane di quella zona, la preoccupazione per il danno ambientale causato per tutto il mondo dalla deforestazione, e soprattutto la conferma di quanto il Magistero di Francesco aveva da tempo affermato circa la pari dignità della cultura indigena e della cultura afroamericana: le quali concorrono – insieme con quella europea – a definire la identità del Continente.
Nelle elezioni presidenziali del Brasile si confrontavano due Paesi diversi: quello dei neri e dei mulatti, prevalenti nel Nord, e quello dei bianchi, che dominano viceversa il Sud di questo grande Paese.
Una riconferma di Bolsonaro avrebbe significato non soltanto una implicita autorizzazione a continuare la spoliazione delle risorse amazzoniche, che il Presidente uscente praticava, facendone anzi un elemento decisivo del suo programma, ma anche il mantenimento della subordinazione della componente afroamericana della popolazione.
La emancipazione dei neri risultava dunque necessaria per completare quella di tutto il Paese – e di tutta la America Latina - dalla eredità del colonialismo e del neocolonialismo.
Laddove – come appunto avviene in Brasile – un Paese di questo Continente é popolato da genti di origine diversa, la giustizia sociale coincide sostanzialmente con il riscatto politico e sociale della componente indigena ed afroamericana.
La Chiesa doveva assecondare questo processo per non risultare incoerente con quanto solennemente e ripetutamente espresso dal proprio Magistero: sia del Papa, sia dei Vescovi latinoamericani. 
Ora che Lula ritorna al potere, a questo impegno dovrà accompagnarsi lo sforzo diretto a fare accettare dalla minoranza non soltanto un esito elettorale che essa tende a rifiutare, ma anche a far capire come il Brasile sia destinato a riprendere il suo ruolo – particolarmente prestigioso - di avanguardia del movimento di liberazione dei popoli già sottomessi al colonialismo.
Il modello economico che Lula vuole implementare – come ha già fatto durante i suoi anteriori mandati – coincide peraltro perfettamente con quello delineato dal Papa ed elaborato nei periodici convegni di studi indetti dalla Santa Sede, basato sullo sviluppo zero, cioè sulla preservazione delle risorse e sulla loro equa distribuzione.
A chi ripete la accusa rivolta al Papa di essere comunista, va ricordato come tanto il pensiero economico di orientamento liberale come quello di ispirazione marxista avessero in comune il dogma della espansione illimitata della produzione industriale: che risulta incompatibile con la constatazione dei limiti delle risorse naturali.
Le proteste, motivate da asseriti brogli elettorali, e tendenti addirittura a propiziare un colpo di Stato da parte delle Forze Armate, sono destinate a spegnersi: i militari latinoamericani non usciranno più dalle caserme, e le azioni corporative, che intendono ripetere lo sciopero degli autotrasportatori contro Allende, non tengono conto dei veri interessi della Nazione.
Il Brasile ha tutto da guadagnare da un progetto tendente alla ripartizione delle sue risorse.
Questo Paese é stato paragonato ad una sorta di ircocervo costituito da una Nigeria e da un Belgio: il numero die poveri risultava uguale a quello degli abitanti del Paese africano, ed il numero dei ricchi pari a quello dei cittadini della Nazione europea.
Una maggiore giustizia sociale, che innalzi il livello di vita della maggioranza disagiata dará beneficio a tutti, ampliando la domanda espressa dal mercato interno.
La Destra italiana, che aveva contratto con Bolsonaro un gemellaggio, patrocinato soprattutto dalla Lega nel nome del suprematismo razziale dei bianchi, dovrebbe considerare il grave ammonimento che le viene da oltre Atlantico: anche una democratura, come quella che Bolsonaro stava costruendo, può essere rovesciata da una rivoluzione democratica, purché al popolo venga offerta una reale alternativa.
Lungi dal prestare il proprio appoggio a qualche conato di guerra civile o ad ospitare improbabili aspiranti allo asilo politico (il nuovo Governo non può, né vuole perseguitare nessuno), il settore politico che sostiene Salvini e la Meloni dovrebbe prendere atto che non necessariamente le tendenze identitarie risultano propizie per i calcoli della reazione.
Fuori dal contesto occidentale, la ricerca delle proprie radici culturali e spirituali anima anzi il grande processo di emancipazione dei popoli oppressi.
Per quanto riguarda la cosiddetta Sinistra (?) imperiese, ci sono due argomenti di meditazione.
Il primo riguarda il fatto che questo settore ha solidarizzato con Milosevic, arrestato giustamente, e non con Lula, vittima viceversa di una detenzione arbitraria.
Il secondo concerne viceversa la politica ecologica del nuovo Presidente: in Amazzonia non si possono più tagliare gli alberi, né esportare gli animali selvatici.
Tale decisione causerà certamente molta contrarietà dalle parti di via San Giovanni.

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Mario Castellano  10/11/2022
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