I notiziari radiofonici hanno annunziato che Matteo Messina Denaro teneva in casa una biografia di Putin.
La notizia è stata data senza commento, ma risulta chiaro quale messaggio subliminale si intende trasmettere: il nemico interno e quello esterno compongono una sorta di tenaglia, che assedia – come dice la Meloni – la Nazione.
Combattendo in favore degli Ucraini si contrasta dunque la Mafia, e per converso avversando la Mafia si aiutano gli Ucraini.
Se il presunto Capo dei Capi fosse stato arrestato dopo gli attentati di Parigi, si sarebbe ritrovata nelle sue cose una copia del Corano: anche i nemici, evidentemente, passano di moda.
Fino agli Anni Sessanta, ogni volta che venivano trovate delle armi, erano regolarmente avvolte in vecchie copie della Unità: il Comunismo era identificato allora con la violenza politica.
Il potere ha sempre bisogno di un nemico per compattare dietro di sé i cittadini benpensanti, ma molto spesso compie degli errori quando si tratta di identificare chi lo incarna.
Il Generale Mori, uomo non certo sospettabile di alcuna simpatia con la Mafia, ha dichiarato che Messina Denaro non aveva la stoffa per assurgere alla carica di Capo dei Capi, a lui attribuita tanto dallo Stato quanto dai mezzi di comunicazione.
Questo alto Ufficiale ha addirittura escluso che esista ancora la cosiddetta Cupola.
Ciò non significa che la delinquenza organizzata abbia cessato di esistere: essa, però, non presenta più una struttura piramidale, bensì un assetto reticolare.
Da questa nuova situazione derivano diverse conseguenze.
In primo luogo, non serve più negoziare con la Mafia, dato che i vecchi padrini – i cui consolidati rapporti con lo Stato li avevano resi organici al regime – rappresentano ormai soltanto sé stessi: tale situazione ha probabilmente indotto Messina Denaro a patteggiare una uscita di scena per lui decorosa; molto meno decorosa per lo Stato, che ha dovuto implicitamente confessare la propria impotenza.
In secondo luogo, il venir meno della cosiddetta cupola, cioè di un vertice capace di nominare dei plenipotenziari, incaricati di trattare, e poi di garantire il rispetto dei patti, fa emergere una nuova delinquenza organizzata.
La quale non si riconosce negli accordi stabiliti fin dal momento della occupazione americana della Sicilia, quando la Mafia divenne un supporto del nuovo potere, ritagliandosi una propria sfera di influenza.
Quale nuovo soggetto potrà sostituirla?
Per capirlo, occorre decifrare alcuni fatti – tra loro apparentemente slegati – che si sono verificati nei mesi scorsi.
Durante il periodo estivo, sulla Riviera Romagnola si sono moltiplicati gli scontri tra bande di giovani – apparentemente ancora espressione di un generico ribellismo sociale e generazionale – ed i Carabinieri.
In seguito, si sono ripetuti gli attacchi armati – senza un motivo evidente – diretti contro i Militi della Benemerita.
In un caso, anziché fare uso delle armi da fuoco, gli antagonisti hanno aizzato contro di loro dei cani feroci: uno degli animali è stato abbattuto, ma solo dopo che gli animali avevano debitamente azzannato i Carabinieri.
Nella periferia di Roma, area ormai ab immemorabili considerata off limits per tutte le forze di Polizia, si susseguono gli incendi dolosi, iniziati in estate con i depositi della Nettezza Urbana ed ora estesi agli autoveicoli incautamente lasciati incustoditi.
Il fatto più eclatante è però costituito dalla carcerazione di un gruppo musicale rap, dedito ad eseguire canzoni i cui testi configurano apertamente una apologia di reato, se non una istigazione a delinquere.
Per quale motivo si è fatto ricorso ad un tale sfoggio di repressione?
La risposta si può trovare nelle motivazioni alla base del cosiddetto Decreto Rave Party, ossia nella volontà di impedire la radicalizzazione di manifestazioni per ora confinate nella sfera metapolitica.
Delle quali si teme evidentemente la trasformazione in aperto confronto con il Potere.
Il pubblico dei concerti rap riunisce un concentrato della potenziale ribellione.
Esso esprime infatti in primo luogo la emarginazione sociale, aggravata dalla ghettizzazione nelle periferie.
Vi confluisce in secondo luogo la rabbia degli immigrati: molti dei giovani che vi si danno convegno sono infatti figli di magrebini.
La cui fede islamica aggiunge un altro elemento alla miscela esplosiva in preparazione: i Musulmani rifiutano infatti per principio ogni compromesso con un potere statuale incarnato dagli infedeli.
La collocazione della rivolta nelle periferie, non soltanto geografiche (ancora una volta, il Magistero del Papa si rivela preveggente!), conduce – non sappiamo attraverso quali passaggi ed in quali tempi – ad una nuova applicazione del cuius regio, ejus religio.
La composizione etnica e religiosa della Europa Occidentale (non soltanto del nostro Paese), unita con la separazione fisica tra le diverse comunità, spinge in direzione di una frammentazione territoriale.
Davanti a tale tendenza, la politica attuata dalla Meloni ricorda il classico caso di chi sega il ramo su cui sta seduto: la Presidente del Consiglio diminuisce le prestazioni sanitarie e sociali erogate dallo Stato, motivando certamente i cosiddetti tutelati, ma nel contempo esasperando gli esclusi: il conflitto identitario e quello sociale vengono in tal modo a coincidere, moltiplicando i loro effetti destabilizzanti.
Anche la scuola è sacrificata: se in questa sede non risultava più possibile compiere alcuna opera di assimilazione dei diversi, quanto meno ci si poteva conoscere.
Ora, però, il sistema educativo pubblico viene privatizzato, naturalmente in favore degli Istituti retti dalla Società delle Opere: dove naturalmente il Musulmano viene identificato come nemico.
Risulta dunque logico che si ritagli il proprio il territorio, e che lo difenda.
Nei palazzi romani del potere, non giunge di tutto questo neanche la più lontana eco.
Da viale Mazzini si accinge a partire un corpo di spedizione destinato a Sanremo, località situata in partibus infidelium, condotto da Amadeus.
Il quale ricorda anche nel nome i condottieri, appunto romani.
Noi barbari ci accingiamo a sopportare questa ennesima occupazione: per fortuna sarà limitata ad una sola settimana.

Post Scriptum.
Abbiamo finalmente appreso che il nostro amico dirigente degli Indipendentisti meridionali, il quale si riferisce infatti al Regno delle Due Sicilie, è riparato in un imprecisato Paese straniero, seguendo le orme di altri illustri esuli politici.
Questa notizia si può interpretare in vari modi: forse le maglie della repressione si sono strette, inducendolo a cercare scampo altrove; è però anche possibile che costui abbia trovato in qualche soggetto estero una sponda per il suo Movimento.
Lo sapremo presto, dato che certamente si sentirà ancora parlare di questo personaggio.

Send Comments mail@yourwebsite.com Saturday, April 25, 2020

Mario Castellano  25/01/2023
Copyright ilblogdimario.com
All Rights Reserved