Il Nipotissimo Letta, intento a completare la sua solerte opera di distruzione – affidatagli dal Conte Zio - di quanto rimaneva della Sinistra italiana, ha detto che il Partito Democratico ha vinto le Elezioni Regionali.
Tale asserzione ricorda quanto affermano gli autori delle cosiddette truffe alla americana, volgarmente denominate pacchi in quanto costoro sbolognano un involucro, contenente molta carta ed un pezzo di rame, facendo credere ai malcapitati che si tratti di oro.
Vorremmo sapere se dalle Alpi al Lilibeo vi è ancora qualcuno – a parte i superstiti impiegati delle Federazioni del Partito Democratico – che creda a simili fandonie.
Per quanto non valga forse la pena di insaevire in mortuos – come scrisse il Parini quando decise di interrompere la stesura del Giorno, essendo arrivati i rivoluzionari francesi a porre fine al mondo fatuo e decadente della aristocrazia – formuliamo alcune brevi annotazioni.
Zingaretti, un odontotecnico avviato alle scuole professionali - esattamente come Veltroni, inviato a Cinecittà per apprendervi il mestiere di montatore cinematografico dopo aver preso un tre di Greco in uno dei più esclusivi licei di Roma – assicurava la vittoria al suo successore designato.
Il quale – a detta del fratello del (mediocre) attore di sceneggiati televisivi – poteva contare sul sostegno die Pentastellati.
Il Presidente uscente aveva infatti associato al Governo del Lazio la Taverna, acerrima nemica della Raggi, ma accomunata (ahimè) con la cosiddetta Sindaca nella più cocente sconfitta.
Mentre però la Raggi aveva potuto contare sul sostegno della fazione pentastellata a lei avversa, la Taverna si è trovata a fronteggiare il voto contrario di Conte e della stessa ex inquilina del Campidoglio.
La quale non dimentica i favori ricevuti dal Camerata Previti, propiziatore delle sue fortune tanto professionali quanto politiche, mentre non si dimostra altrettanto riconoscente nei confronti di Gualtieri.
Il Successore le ha conferito un lucroso incarico di sottogoverno – la Signora di Donna Olimpia tenta (speriamo inutilmente) di portare a Roma una futuribile Esposizione Universale) – ed ha altresì stabilizzato presso il proprio Ufficio Stampa la falange di raccomandati assunti per chiamata diretta nelle ultime ore trascorse in Campidoglio dalla stessa Raggi.
Il risultato del comunque parziale appoggio pentastellato alla Sinistra è consistito nel far vincere la Destra con la maggioranza assoluta.
Se questa, secondo Letta, è una vittoria, immaginiamoci che cosa sarebbe stata una sconfitta.
A Milano, le cose non sono andate meglio: la Moratti, malgrado la trasfusione praticatale da Calenda e da Renzi (personaggi rispettivamente di radice romanesca e fiorentina, del tutto alieni agli ambienti ambrosiani), si è dovuta accontentare del terzo posto.
La Signora si dedicherà dunque da ora in poi alla vinificazione in Lomellina, abbandonando – come già fece Bernardino Visconti, lo Innominato del Manzoni - la Città che le è stata matrigna.
Ci auguriamo che la Signora, seguendo lo esempio del personaggio dei Promessi Sposi, abbia almeno lasciato una imbasciata di impertinenze per il Governatore: il quale ha riversato su di lei tutta la propria bile, giungendo ad affermare (sic) che andava a Sinistra.
Ora la Meloni può contare sul plebiscitario appoggio di quella parte di Italiani (in realtà sempre più pochi) che vanno ancora a votare, composta di pensionati e di dipendenti pubblici.
La maggioranza si è accorta del trucco, e non ci casca più.
Come si orientano tutti costoro?
Alcuni pensano al proprio particulare, come diceva il Guicciardini: e ne hanno ben donde, dal momento che risulta sempre più difficile procurarsi il pane quotidiano.
Altri, invece, la eterna minoranza che fa la storia (il che comunque comporta lavorare sui tempi lunghi), si rifugiano nella cosiddetta metapolitica.
Ciò significa limitarsi (ed è già molto) ad una decifrazione critica della situazione; oppure fare cultura, nel senso più ampio del termine, per mantenere la propria identità, arruolandosi nelle fila dei resilienti.
Ci ha visitato un nuovo amico di Torino, il quale si dedica da tempo con profitto, operando con i più moderni mezzi elettronici, a coordinare tutte le voci critiche - italiane e straniere - ed ha così riunito centinaia di migliaia di cosiddetti followers.
Ben volentieri gli abbiamo garantito il nostro modesto apporto, essendo importante conoscersi - e riconoscersi – tra di noi.
La Meloni ha ormai instaurato la sua democratura, comprensiva di elezioni che risultano farlocche: non in quanto caratterizzate da brogli, bensì perché contraddistinte da una piena acquiescenza della opposizione.
La quale, se esistesse, dovrebbe soltanto farlo sapere.
Quanto meno, indicendo una riunione, che il Decreto Rave Party denomina – con il suo linguaggio da mattinale della Questura – raduno: tale termine sostituisce il desueto assembramento.
Ci si guarda bene, invece, di farlo, ed anche al Nazareno si presta attenzione al numero degli impiegati presenti.
O meglio delle impiegate, tutte Signore belle ed eleganti, delle quali i soliti maligni insinuano trattarsi di amanti dei dirigenti.
Mantenendole, per giunta, al di sotto delle cinquanta unità, si evita di incorrere nelle ire della Questura: i cui Agenti sono comunque piazzati sul portone.
Per non parlare del fatto che si risparmia sugli stipendi.
Palazzo Chigi e via della Scrofa, intanto, rigurgitano di Camerati, come a suo tempo Palazzo Venezia.
Dove il Duce riceveva nel Salone detto del Mappamondo.
La Meloni siede invece nel Salone detto delle Galere, il cui nome suona sinistramente alle orecchie degli oppositori.
POST SCRIPTUM
In un anteriore articolo, abbiamo collocato erroneamente a Novara il più recente Rave Party, che invece si è svolto a Modena.
Ce ne scusiamo coi nostri lettori.