Illustre Signor Generale,
Nei giorni scorsi, alcuni comuni conoscenti mi hanno informato del Suo desiderio di incontrarmi per uno scambio di vedute sulla situazione della nostra Città in vista del voto amministrativo.
Ho subito dichiarato la mia piena disponibilità, ritenendomi onorato per il fatto stesso di conoscere un uomo che ha servito con merito il nostro Paese.
La occasione mi sarebbe stata grata anche per ricordare la cordiale ed efficace collaborazione con alcuni altri Ufficiali della Benemerita, dei quali conservo un grato ricordo e che suppongo siano già ascesi al Suo stesso Alto Grado.
Poiché però non ho più saputo nulla circa il luogo e la data del nostro auspicato incontro, Le comunico in parte almeno quanto avrei avuto piacere di esprimere di persona.
In primo luogo, credo di avere dimostrato, con la mia disponibilità, come io abbia ormai essudato ogni risentimento originato dalle vicende familiari: che - come quelle di tutti i nostri connazionali – si sono intrecciate con le vicende nazionali.
Per me, Illustre Signor Generale, il passato è storia, e non passione.
Spero che ciò valga anche per Lei.
Mi auguro dunque che Ella abbia apprezzato questo atteggiamento, ed auspico che voglia corrispondervi con un gesto equivalente.
Mi corre comunque il dovere di ricordarLe come certi possibili motivi di risentimento – che, ripeto, ho superato da lungo tempo – siano stati inopinatamente riattizzati dal comportamento di un esponente della Sua parte politica: il quale – pochi meso or sono – mi ha mandato un provocatore.
Su tale circostanza, ho immediatamente avvertito la Autorità competente.
Tale gesto risulta particolarmente grave in quanto io, nel corso della mia milizia politica, ho sempre scrupolosamente rispettato la Legge.
Di ciò Ella può trovare conferma in quanto diligentemente e doverosamente annotato dalla Benemerita.
Vengo comunque ad esporLe ciò che avrei avuto piacere di esporLe, senza perciò perdere la speranza di ribadirlo e di dettagliarlo personalmente, essendo anche ben lieto di rispondere ad ogni Sua possibile domanda.
In occasione delle Elezioni Comunali di Diano Marina, il Suo Collega e pari grado che si proponeva quale candidato a Sindaco mi chiese – anche in quel caso per il tramite di comuni conoscenti – un incontro, cui mi recai ben volentieri.
Il Generale non volle però prendere in considerazione il mio consiglio, per cui mi domando quale fosse il motivo della sua richiesta: se non quello – mi si perdoni la malizia - consistente nel verificare se io la avrei accettata.
Gli dissi comunque semplicemente questo: egli aveva servito esemplarmente lo Stato, mentre il suo rivale era sostenuto da un settore della Massoneria cosiddetta deviata che aveva tramato contro la integrità territoriale della Repubblica.
Non so se usando tale argomento il Generale avrebbe vinto, ma esso sarebbe servito comunque per chiarire i termini della scelta davanti alla quale si trovavano i cittadini.
Prima di esporLe i miei modesti suggerimenti, ribadisco quanto ho già scritto in merito alla Sua candidatura: essa significa – a mio modesto avviso - che nello apparato dello Stato vi è chi vuole imprimere alla gestione del Comune di Imperia un orientamento diverso.
Per cui, anche nel caso che Ella dovesse perdere, i cittadini sono avvertiti: a Roma vi è chi non gradisce il modo in cui Imperia viene amministrata.
Stando così le cose, mi domando però per quale motivo sia stato trasferito altrove il giovane e valido Ufficiale che ha condotto recentemente una indagine di Polizia Giudiziaria riguardante personalità politiche locali.
Evidentemente, anche nello stesso ambito dello apparato dello Stato esistono tendenze contrastanti.
Vengo comunque agli argomenti che a mio modesto avviso Ella potrebbe usare, non certo in modo scorretto o ricattatorio, ma semplicemente per chiarire le differenze con la parte avversa.
Il primo riguarda i rapporti intercorsi tra la dirigenza ex democristiana e quella ex comunista: la cui persistenza può portare almeno una parte dei Democratici a preferire – nello eventuale secondo turno – il Suo rivale.
Il secondo attiene alla indicazione di voto già pervenuta da parte della già ricordata Massoneria deviata: tale orientamento ha determinato una divisione nel Partito da cui Ella è sostenuto.
Chi ha il compito di comandare – come ben sanno quanti hanno conosciuto le situazioni conflittuali che entrambi abbiamo vissuto – deve sempre decidere da solo, ma prima deve sapere ascoltare tutti.
Spero che Ella mi ascolti, tanto più in quanto la proposta di un incontro è venuta da Lei.
Da parte mia, non ho particolari sollecitudini da esprimere, se non il desiderio di dare alla Città il piccolo contributo della mia esperienza.
Le auguro buon lavoro e La ossequio.
Mario Castellano
Il Generale, dopo avere comunicato il suo desiderio di conferire con noi, ci ha inopinatamente ripensato. Probabilmente, egli intendeva soltanto esplorare la nostra disponibilità ad uno scambio di vedute. Mentre la confermiamo, sia pure esprimendo il comprensibile rammarico, formuliamo una prima osservazione: questo stimato e prestigioso Alto Ufficiale dimostra di considerare Imperia alla stregua di una meta turistica. Risulta peraltro analogo lo atteggiamento della Signora Schlein verso il nostro Paese. Per cui il Generale deve avere italicamente cogitato: Chi me la fa fare? Se comunque qualcuno riuscirà a far cambiare opinione ad entrambi, avrà certamente ben meritato dalla Patria. In questo momento, occorrono uomini (e donne) che si dimostrino capaci di un idem sentire con la gente, in grado cioè di cogliere la sua identità. Per questo, i turisti non servono: ci vogliono piuttosto delle persone in grado di parlare alla cosiddetta pancia della Nazione; ovvero di una delle sue Cento Città. La pancia, intesa in questo senso, non ha però nulla a che vedere con i piatti tipici. Sono i visitatori occasionali che si limitano ad apprezzare la gastronomia. In sedici anni trascorsi nel Paese di adozione, non abbiamo mai trovato un momento per visitare la sua meta turistica più famosa, cioè le trecentosessantacinque Isolette di Granada. A chi ce ne domandava la ragione, rispondevamo: Majora premunt! Bisognava, infatti, tentare di costruire qualche cosa che assomigliasse ad una Amministrazione Pubblica, e per questo compito non sarebbe stata sufficiente una generazione. Il Generale si mostra nei manifesti giganti. Su cui, date appunto le loro dimensioni, il Bassotto non appare. Il Sindaco – Presidente preferisce astutamente collocarsi nello immaginario collettivo come una sorta di ectoplasma, come un Deus ex machina capace di trasformare miracolosamente il paesaggio. Qualche specialista in comunicazione (chissà quanto costoso!) deve avergli spiegato che il Potere (quello con la iniziale maiuscola) risulta tanto più forte quanto meno è visibile. Gaspar Rodriguez Francia, detto non a caso El Supremo, primo Caudillo del Paraguay, obbligava i sudditi a voltarsi di schiena quando passava il corteo presidenziale. La cui apparizione per le strade delle Capitali della America Latina supera per fasto e per clamore la quotidiana ascesa e discesa di quello che reca il Sindaco – Presidente dai Gorleri a Oneglia, e da Oneglia ai Gorleri. La figura del Capo non è comunque – in entrambi i casi – visibile: grazie allo impiego dei vetri affumicati e delle auto – civetta, non si sa mai dove si trovi – ammesso che abbia ancora consistenza materiale – la sua persona. La cui sacralità – come quella del Santissimo – si manifesta proprio attraverso la invisibilità. In tal modo si prescinde dalla maestà stessa del corpo. Ci fu un Re di Francia chiamato – a causa della sua corpulenza – Carlo il Grosso. Costui intendeva far capire ai sudditi come il suo potere fosse tale da assicurare anche una abbondante nutrizione. I capi mafiosi sono detti anche Uomini di Pancia. Remo Gaspari, Signore dello Abruzzo, dopo ogni cena con i seguaci, li sfidava alla prova ella bilancia: che vinceva regolarmente. Ciò comportava però da parte sua – essendo molto basso di statura – uno sforzo particolare. Il Presidente della Provincia di Chieti, tale Pennetta, pur essendo dotato di una corporatura imponente, arrivava Eterno Secondo. Il Bassotto – trattandosi di soggetto dispeptico – non può compere su questo terreno, né tanto meno su quello della prestanza fisica. Ciò lo induce a celarsi. Il Generale, invece, fa vedere quanto è bello, campeggiando su di uno sfondo azzurro, tipicamente mediterraneo. I colori chiari sono rassicuranti, mentre quelli cupi infondono timore. Fin qui, i suoi consiglieri - chi ha insinuato che i Carabinieri non sono intelligenti? - si rivelano alla altezza del compito. Come avrebbe però detto lo infallibile Ispettore die Caroselli, il suo piano era ben congegnato, ma ha commesso un errore. Anzi, addirittura due. In primo luogo, il Generale ostenta un vestito di alta sartoria, il che equivale a dire ai cittadini, come il Marchese del Grillo: Io sono io, e voi siete delle merde. Sarebbe stato dunque preferibile un abbigliamento più modesto. Meglio ancora, la Alta Uniforme, che non soltanto conferisce prestigio, ma infonde un senso di sicurezza. Il messaggio subliminale doveva essere questo: Io vigilo sul benessere (ammesso che esista) di Imperia. Lo slogan prescelto è invece azzeccato: la Città deve essere PER tutti, e non Di tutti. In apparenza, si tratta di una differenza di sfumature, ma fu proprio quella che permise a Mitterand di prevalere su Giscard, i Francesi essendo notoriamente muniti di Esprit de Finesse. Bisogna vedere se lo hanno anche gli Imperiesi: i quali sono afflitti dal dominio di una setta. Per eliminarla – non potendosi impiegare le manette – occorrono comunque metodi sbrigativi e polizieschi. Più consoni, tuttavia, ai vecchi Marescialli – ricordiamo i leggendari Olivati e Perrone – che ai Generali. Se però chi ne fa uso viene trasferito (Promoveatur ut amoveatur), la prospettiva di liberarci dalla setta si allontana.